Ugo Foscolo i vinti Dei Sepolcri, Chiarini : io e Ugo foscolo

E me che i tempi ed il desio d’onore
Fan per diversa gente ir fuggitivo,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
Del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando230

Il tempo con sue fredde ale vi spazza
Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
Di lor canto i deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Tròade inseminata235
Eterno splende a’ peregrini un loco
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
Onde fur Troja e Assàraco e i cinquanta
Talami e il regno della Giulia gente.240
Però che quando Elettra udì la Parca
Che lei dalle vitali aure del giorno
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
Mandò il voto supremo: E se diceva,
A te fur care le mie chiome e il viso245
E le dolci vigilie, e non mi assente
Premio miglior la volontà de’ fati,
La morta amica almen guarda dal cielo
Onde d’Elettra tua resti la fama.
Così orando moriva. E ne gemea250
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando
Piovea dai crini ambrosia su la Ninfa
E fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio: e dorme il giusto
Cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne255
Sciogliean le chiome, indarno, ahi! deprecando
Da’ lor mariti l’imminente fato;

Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
Le fea parlar di Troja il dì mortale,
Venne; e all’ombre cantò carme amoroso,260
E guidava i nepoti, e l’amoroso
Apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo,
Ove al Tidide e di Laerte al figlio
Pascerete i cavalli, a voi permetta265
Ritorno il cielo, invan la patria vostra
Cercherete! le mura, opra di Febo,
Sotto le lor reliquie fumeranno;
Ma i Penati di Troja avranno stanza
In queste tombe; chè de’ Numi è dono270
Servar nelle miserie altero nome.
E voi palme e cipressi che le nuore
Piantan di Priamo, e crescerete ahi! presto
Di vedovili lagrime innaffiati.
Proteggete i miei padri: e chi la scure275
Asterrà pio dalle devote frondi
Men si dorrà di consanguinei lutti
E santamente toccherà l’altare,
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete
Mendico un cieco errar sotto le vostre280
Antichissime ombre, e brancolando
Penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
E interrogarle. Gemeranno gli antri
Secreti, e tutta narrerà la tomba

Ilio raso due volte e due risorto285
Splendidamente su le mute vie
Per far più bello l’ultimo trofeo
Ai fatati Pelìdi. Il sacro vate,
Placando quelle afflitte alme col canto,
I prenci argivi eternerà per quante290
Abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.

Dei sepolcri

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Signore, Signori,

Fatemi grazia, cioè lasciate ch’io faccia grazia a voi, del preambolo, ed entri senz’altro in materia.

Ugo Foscolo canta nel Carme alle Grazie:

Sacra città è Zacinto. Eran suoi templi,

Era ne’ colli suoi l’ombra de’ boschi

Sacri al tripudio di Diana e al coro;

Nè ancor Nettuno al reo Laomedonte

Muniva Ilio di torri inclite in guerra.

Bella è Zacinto! A lei versan tesori

L’angliche navi, a lei dall’alto manda

I più vitali rai l’eterno sole;

Limpide nubi a lei Giove concede,

E selve ampie d’ulivi, e liberali

I colli di Lieo. Rosea salute

Spirano l’aure, dal felice arancio

Tutte odorate, e dai fiorenti cedri.

Chi scrisse questi versi era nato poeta, avea nelle vene il sangue della greca poesia. L’isola natale che così sonante gli rifioriva nel verso eraglisi trasmutata dal vero in questa splendida visione, per la lettura degli antichi poeti. Il paganesimo, che nella maggior parte degli scrittori contemporanei d’Ugo si componeva di reminiscenze di scuola e di precetti accademici, era in lui un sentimento così vivo e profondo, che egli allorchè, parlando dei suoi colli materni, diceva: «Ivi fanciullo – La Deità di Venere adorai», diceva una cosa essenzialmente vera; tanto vera, che gli effetti di quella soverchia adorazione lo tormentarono per tutta la vita.

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