Quanto dista Kiev da Bruxelles
13 maggio 2014
L’Ucraina perde o rischia di perdere altri pezzi, ma l’Unione europea non può rinunciare all’approccio graduale nei confronti delle sanzioni. Ieri, in seguito all’esito del referendum separatista all’Est e alla richiesta di Donetsk di entrare a far parte della Federazione russa, Bruxelles ha risposto con un ulteriore passo avanti e la minaccia di nuove misure. Il rischio è che la distanza tra quanto sta accadendo sul terreno e quanto viene deciso a fatica dalla diplomazia in Europa diventi incolmabile.
Anzi, probabilmente già lo è. È vero che Bruxelles ieri per la prima volta ha inserito nella “lista nera” due società coinvolte nella secessione in Crimea e non solo allungato quella relativa alla cosiddette persone fisiche. Ed è anche vero che ha promesso di passare alla fase tre, quella che prevede sanzioni economico-commerciali, nel caso Mosca non mantenesse un atteggiamento neutrale nei confronti dell’esito del voto di Kiev, dove il 25 maggio si svolgeranno le presidenziali. Il problema è che si tratta sempre di reazioni, di risposte. L’iniziativa resta saldamente nelle mani di Vladimir Putin, che può permettersi il lusso di apparire conciliante in questa fase e non troppo desideroso di accogliere nella Federazione nuove porzioni, russofone e russofile, di Ucraina. La conferma indiretta delle incertezze e delle contraddizioni che alimentano l’Europa sulla vicenda delle sanzioni viene dalla Francia, che alla fine non ha avuto animo di rimettere in discussione il contratto da 1,2 miliardi con Mosca per la consegna di due portaelicotteri Mistral.
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