Johannes Brahms Akademische Festouvertüre op. 80

Akademische Festouvertüre (Ouverture per una festa accademica), op. 80

in do minore per orchestra

Musica: Johannes Brahms (1833-1897)

  1. Allegro (do minore)
  2. Maestoso (do maggiore)
  3. Animato (mi minore)
  4. Maestoso (do maggiore)

Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, piatti, grancassa, archi
Composizione: 1880
Prima esecuzione: Breslavia, Saal des Konzerthausen, 4 gennaio 1881
Edizione: Simrock, Berlino, 1881


Guida all’ascolto 1 (nota 1)

L’Ouverture accademica nacque da una matrice occasionale. L’ 11 marzo 1879 Brahms fu insignito della laurea honoris causa da parte dell’Università di Breslavia. Il prestigioso titolo gli era stato conferito in filosofia, a dimostrazione di quale credito Brahms godesse nel mondo culturale tedesco; ma egli rimaneva pur sempre un compositore: così, il suo ringraziamento, secondo una tradizione che aveva precedenti illustri fin dai tempi di Haydn, assunse i termini di un omaggio musicale, per quanto sui generis: una Ouverture per grande orchestra basata su un pot-pourri di canzoni studentesche. Composta in brevissimo tempo nell’estate 1880, essa venne ad allietare con non poca sorpresa dei convenuti la lieta cerimonia, avvenuta il 4 gennaio 1881, per essere poi pubblicata dall’editore Simrock con la più solenne titolazione di “accademica”: titolo che all’autore parve subito spropositato rispetto alle sue intenzioni.

L’Ouverture “festiva”, tanto diversa dalla gemella contemporanea nota come “tragica”, composta forse proprio per bilanciare e rettificare un momento di serena estroversione così poco brahmsiano, non può certo dirsi “accademica” nella accezione più severa del termine. Brahms stesso non nascose di considerare questo lavoro come un puro divertimento che poco aveva a che fare con i suoi maggiori impegni sinfonici, a quel tempo già rappresentati dalle due prime Sinfonie; ciononostante non lesinò i mezzi, utilizzando lo stesso organico delle Sinfonie, con in più triangolo, piatti e grancassa per riprodurre un chiassoso effetto bandistico da musica goliardica, peraltro non immemore degli esempi cari alla tradizione della cosiddetta “musica turca”. Certamente non immaginava che questa composizione metà seria metà scherzosa avrebbe avuto tanta fortuna, fino a imporsi un giorno come una specie di bandiera del nazionalismo tedesco: cosa che non è, non foss’altro per la garbata autoironia, di superiore distacco, che la caratterizza.

Il brano è articolato in forma rapsodica, senza alcun riferimento alla forma-sonata, come un seguito di temi tratti da famose canzoni studentesche (famose, s’intende, in area tedesca). Esse sono in tutto quattro, e vengono fedelmente distribuite ognuna per episodio; vale la pena di presentarle, anche perché l’ascoltatore italiano, che non ne ha coscienza immediata, possa riconoscerle e distinguere le quattro sezioni in cui i motivi si innestano senza soluzione di continuità:

A Wir hatten gebauet ein stattliches Haus (Abbiamo costruito una grande casa)

B Der Landesvater (Il sovrano)

C Das Fuctislied (La canzone della matricola)

D Gaudearnus igitur (Rallegriamoci, dunque)

I primi tre temi, pur accomunati dal marcato slancio dell’inizio in levare, suggeriscono profili assai diversi: si passa dalla dolcezza di A (in forma di corale, con un intervallo di sesta pronto a dilatarsi), alla energia di B (che si muove inizialmente sui gradi fondamentali delle scala per poi ampliarsi cromaticamente), alla ruvida, quasi complice dinamicità di C (intervallo di quarta collegato a note ribattute, dapprima affidate ai fagotti, quindi agli oboi); quanto a D, la sua baldanza di sapore popolare suggella con un tratto euforico lo scenario timbrico e dinamico, in un crescendo di intensità che traduce l’animarsi della festa in un tripudio di sonorità.

La sommessa marcia esibita nelle prime battute della Ouverture, vero e proprio tessuto connettivo dell’intera partitura, accompagna l’esposizione e l’elaborazione dei temi sino alla trionfale sezione conclusiva a piena orchestra, nella quale si aggiunge la batteria a ravvivare tanto energicamente quanto affettuosamente il quadro di una già coloratissima apoteosi.

Sergio Sablich

Guida all’ascolto 2 (nota 2)

Se la quasi totalità dei lavori sinfonici di Johannes Brahms ha avuto origine senza alcuno stimolo “esterno”, ma per una spontanea esigenza del compositore, l’Ouverture accademica, costituisce certamente una eccezione rispetto a questa regola. All’origine della composizione si pone infatti un evento di qualche rilievo nella biografia dell’autore, così scevra da eclatanti rivolgimenti. L’11 marzo 1879 l’Università di Breslavia insignì Brahms del titolo di dottore “honoris causa” in filosofia. Un simile riconoscimento, offerto dall’Università di Cambridge tre anni prima, era stato respinto dal compositore, a causa della indisponibilità a recarsi di persona in Inghilterra per prendere parte alla relativa cerimonia.

La laurea di Breslavia giungeva dunque come tardivo atto riparatorio di una università tedesca; e tuttavia è ovvio che Brahms si sentisse estremamente lusingato dalla circostanza; era fra l’altro assai legato alla cittadina universitaria, presso la quale aveva soggiornato per alcuni mesi nel 1853 insieme all’amico Joachim, approfittando degli stimoli culturali offerti dal luogo, subito prima di presentarsi a Schumann.

È ovvio che l’accettazione del titolo vincolasse Brahms a un rapporto di gratitudine verso l’Università di Breslavia. La cartolina postale che il compositore inviò a Bernhard Scholz, direttore della musica presso l’ateneo, non poteva essere sufficiente a sdebitarsi; e infatti Scholz non tardò a rivolgersi nuovamente all’autore per chiedergli, in segno di ringraziamento, di scrivere una partitura nuova di zecca, che avesse un carattere in qualche modo “universitario” e celebrativo. Dopo qualche incertezza Brahms aderì alla richiesta, progettando appunto «una gaia Akademische Festouverture, con “gaudeamus” e altre amenità».

È ovvio che, al di là dello spunto esterno, Brahms avesse anche un sincero interesse a cimentarsi nuovamente con l’orchestra sinfonica. Non a caso parallelamente alla Ouverture accademica si applicò alla stesura di un’altra ouverture, definita Tragica; in sostanza diede vita a due opere gemelle, secondo quel particolare metodo di lavoro che consisteva nel “reinvestire” immediatamente nella seconda opera l’esperienza acquisita in quella precedente. Le due ouvertures costituiscono dunque una sorta di spartiacque fra la prima (1877/78) e la seconda (1884/86) coppia di Sinfonie, un’esercitazione nella scrittura orchestrale in vista degli ultimi, magistrali, lavori sinfonici.

Qltre che dalla denominazione, le due opere sono accomunate anche dalle vicende della pubblicazione e della esecuzione; edite infatti la Accademica come op. 80 e la Tragica come op. 81, furono eseguite insieme, sotto la direzione dello stesso autore, nel gennaio del 1880 presso l’Università di Breslavia, in occasione del conferimento della onorificenza (ma in realtà la Tragica era stata presentata già prima a Vienna sotto la guida di Hans Richter). Assai diverse si configurano invece nel contenuto; mentre la Tragica è completamente improntata allo spirito che le ha conferito il proprio nome, la Accademica, quale omaggio agli universitari di Breslavia, contiene umoristiche citazioni di canti goliardici – che non mancarono di scandalizzare i soliti censori.

Del tutto peculiare è l’organizzazione formale della pagina. Anziché impegnarsi in un movimento in forma sonata, Brahms preferisce dar vita a un brano la cui logica consiste soprattutto nell’allineare diversi canti tradizionali goliardici; dunque piuttosto che la tecnica elaborativa, consueta per il compositore, troviamo un avvicendamento paratattico dei diversi temi. Ciascuno di questi ha poi un carattere ben distinto; e dunque possiamo cogliere come in questo avvicendamento dei temi Brahms si richiami al carattere consacrato dei movimenti di una sinfonia classica; come dire che la ouverture goliardica può anche essere letta come una sinfonia in miniatura, sintesi giocosa delle ambizioni della forma maggiore.

Una complessa introduzione con un tema ritmato e altre idee secondarie lascia spazio al “corale” degli ottoni che si basa sul tema «Wir hatten gebauet ein stattliches Haus». Dopo una sezione transitoria si passa a una maestosa melodia, Der Landesvater, che ha funzione di pausa lirica. Carattere di scherzo ha invece il terzo episodio dove appare il Fuchslied, il canto imposto alle matricole, e si tratta forse dell’episodio più complesso. Infine, dal serratissimo gioco contrappuntistico che riporta alla luce vari temi già uditi (ma non si può parlare di una vera e propria ripresa) emerge luminoso il grande e celebre Gaudeamus igitur, che chiude con intonazione trionfale l’energia rigogliosa della celebre ouverture.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 18 maggio 1997
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 10 marzo 1996
http://www.flaminioonline.it/Guide/Brahms/Brahms-Akademische80.html

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