Le Dépeupleur Extrait pdf : Samuel Beckett – Beckett & C.

Lo spopolatore

le dépeupleur – Editions de Minuit

Le Dépeupleur – Rackcdn.com

Titolo originale: Le dépleupleur | Data di composizione: 19651970 | Prima edizione: Les Editions de Minuit, Parigi, 1970 | Edizioni italiane: Einaudi, 1972Einaudi, 1989Einaudi, 2010
Ipotesi per la mappa del cilindro. Le proporzioni sono quelle indicate da Beckett. Delle circa venti nicchie se ne sono raffigurate cinque. La nicchia centrale e quella alla sua sinistra si immaginano collegate da una galleria.

Non fu facile per Beckett giungere alla stesura definitiva di Le dépleupleur, una delle sue prose più riuscite. La primissima versione risale all’autunno del 1965. Nel maggio del 1966 il testo fu ripreso. Era il periodo in cui Beckett cominciò a soffrire di seri disturbi alla vista e scriveva in uno stato di ansia costante, non sapendo fino a quando i suoi occhi avrebbero retto per poter lavorare ancora. Nel 1967 due pagine di questa prosa apparvero con il titolo Dans le Cylindre sulla rivista Livres de France. Finalmente, nel 1970, si arrivò all’edizione pubblicabile.
Il testo rappresenta senza dubbio uno dei vertici della produzione in prosa di Samuel Beckett. Vi si trovano molte caratteristiche comuni ad altre sue opere narrative (il gusto geometrico della descrizione, l’attenzione ai dettagli di temperatura e luce, la presenza di personaggi allo stato terminale della loro esistenza, di nuovo i rimandi danteschi, di nuovo Belacqua) eppure tutti gli elementi qui concorrono alla costruzione di uno spazio narrativo più ambizioso. Se, infatti, l’impianto del testo ricorda quello di altre prose brevi come Immaginazione morta immaginate, Quello che è strano via o Bing, ci troviamo tuttavia di fronte a uno scenario molto più ampio e popolato da numerosi personaggi estremamente movimentati.

“Cosa c’è di più bello del quinconce? Da qualunque parte lo si guardi presenta linee rette” (Quintiliano, “Institutio Oratoria”, VIII, 3). Il quinconce (unità di misura corrispondente a 5/12 di unità) può essere rappresentato graficamente con elementi disposti su file parallele e sfasati di mezzo passo. Le nicchie lungo la parete del cilindro sono disposte in questo modo.

Il luogo immaginato da Beckett è un cilindro di 50 metri di circonferenza e di 16 metri di altezza internamente rivestito di un materiale simile a gomma dura. Lungo la metà superiore della parete circolare si aprono approssimativamente venti nicchie in cui cercano di rifugiarsi i circa duecento esseri (Beckett raramente si riferisce ad essi come “uomini” o “esseri umani”) che popolano il luogo. Alcune nicchie sono collegate tra loro da gallerie. Gli esseri sono di entrambi i sessi e di tutte le età. Gli unici oggetti che hanno a disposizione sono delle vecchie scale a pioli che gli esseri usano per cercare di raggiungere le nicchie. Spesso staccano i pioli dalle scale e li usano per colpirsi.
Il narratore conduce con gelida accuratezza e con la consueta amara ironia l’analisi della vita all’interno di questo enorme formicaio. In più punti, durante la lettura, si ha come l’impressione di ascoltare il commento fuori campo di un documentario. Stesso approccio scientifico, stessa asetticità nel presentare anche gli aspetti più crudi. Il taglio televisivo più che cinematografico di questo testo viene sottolineato anche da Knowlson il quale elenca inoltre un grande numero di fonti di ispirazione, dall’Anatomia di Robert Burton al Garden of Cyrus di Thomas Browne, dal Rasselas di Johnson ai modelli platonici e neoplatonici.
Al di là di queste presunte ascendenze erudite, è difficile resistere alla tentazione di associare alcune immagini di disperazione e disumanità alle immagini altrettanto disperate e disumane (e tragicamente vere) dei campi di concentramento. Così come è difficile non scorgere metafore della condizione umana in passi come questo: “La stessa scala alzata verticale al centro del suolo farebbe guadagnare agli stessi corpi circa mezzo metro permettendo loro di esplorare con comodo la zona favolosa che si dice essere inaccessibile am che in effetti non lo è per niente. Perché un simile uso della scala è concepibile. Basterebbe che una decina di volontari decisi unissero i loro sforzi per tenerla in equilibrio eventualmente coll’aiuto di altre scale fungenti da puntelli. Un attimo di fraternità. Ma se si escludono le vampate di violenza non conoscono la fraternità più di quanto la conoscano le farfalle. E ciò non tanto perché difettino di cuore o di intelligenza quanto perché sono tutti prigionieri del loro ideale“.
Il critico Alvarez, come spesso accade, non giudica troppo benevolmente questa prosa. “Sembra il rapporto di una Commissione ministeriale incaricata di fare un’inchiesta sulle condizioni esistenti nel Purgatorio“, afferma e definisce Lo spopolatore una prosa prolissa e lontana dalla purezza degli ultimi altri lavori. Aggiunge però una notazione interessante: l’intero testo è scritto con una punteggiatura regolare ma mancano completamente le virgole a beneficio dell’immediatezza delle proposizioni. Anzieu, dal canto suo, offre due interpretazioni psicoanalitiche: il cilindro è il magazzino dell’immaginazione con il suo fermento di idee ancora attive e di idee morenti, di idee che lottano e di idee che si rassegnano. Oppure il cilindro è metafora del ventre materno e del clima educativo che al tempo stesso modella e limita il pensiero.
Nel 1976, dopo aver ottenuto l’approvazione di Beckett, il gruppo newyorkese di avanguardia teatrale Mabou Mines realizzò una particolare messa in scena di questo testo: il pubblico veniva fatto sedere in uno spazio cilindrico da cui poteva osservare un cilindro in miniatura che replicava perfettamente quello descritto nella prosa, comprese le scale e le nicchie. L’attore David Warrilow recitava il testo e muoveva le varie statuine all’interno del cilindro

http://www.samuelbeckett.it/?page_id=433




Carmelo Bene Samuel Beckett – Nostra Signora dei Turchi ; Carmelo …

Finale di partita : Samuel Beckett – Beckett directs Beckett – Endgame ..

Beckett e Keaton:Attenzione si scivola … | controappuntoblog.org

La Trilogia di Beckett – Karen Mills: The Beckett Trilogy ; Waiting for Godot

Luciano Berio « Sinfonia » (1968) | controappuntoblog.org

“Le regole del gioco permettono infinite partite”. Gastone Novelli e il …

Tutti quelli che cadono

Titolo originale: All That Fall | Data di composizione: luglio – settembre 1956 | Prima trasmissione: BBC, 13 febbraio 1957 | Prima edizione: Faber & Faber, Londra, 1956 | Edizioni italiane: Einaudi/Gallimard, 1994Einaudi, 2002Einaudi, 2005
L’inaugurazione dell’ippodromo di Leopardstown a sud di Dublino, cui si fa indirettamente riferimento in “Tutti quelli che cadono”. Questo e altri particolari geografici hanno portato gli studiosi a concludere che la vicenda si svolga proprio nella località in cui è nato Beckett.

L’estate del 1956 segna il primo impegno dell’autore in campo radiofonico.
La rete radiofonica inglese BBC era alla ricerca di autori di spicco cui affidare la programmazione di prosa e – tra questi – si era rivolta anche a Samuel Beckett divenuto recentemente celebre grazie ad Aspettando Godot. Beckett colse subito l’occasione per scrivere una storia irlandese piuttosto macabra sfruttando le potenzialità che il nuovo mezzo gli metteva a disposizione e in particolare i rumori. C’è un grande uso di rumori di fondo in Tutti quelli che cadono, versi di animali, cigolii, clangori meccanici e atmosferici. L’idea – piuttosto insolita per l’epoca – fu quella di ricreare in studio i rumori necessari anziché ricorrere a quelli già presenti in archivio e registrati dal vivo. Sembra che il Radiophonic Workshop della BBC nacque proprio in seguito a questa sperimentazione.
Al di là di questo substrato rumoristico, la vicenda di Tutti quelli che cadono (il titolo è ripreso dal Salmo 145) è di impianto convenzionale: la signora Rooney va, come tutti i giorni, alla stazione del piccolo centro irlandese in cui vive (tutto lascia presagire che si tratti proprio di Foxrock, la periferia di Dublino in cui nacque Beckett) per andare a prendere il marito, pendolare, di ritorno dall’ufficio. Ma il treno porta ritardo. Quando finalmente arriva, il signor Rooney (il quale è cieco) afferma di non aver capito il motivo del ritardo del treno su cui stava viaggiando. Ma sul finale, mentre l’anziana coppia di coniugi rincasa sotto un temporale, un ragazzo incontrato lungo la strada rivela che il ritardo del treno è stato causato da un terribile incidente. Un bambino che si trovava sul treno è infatti accidentalmente caduto dal finestrino ed è rimasto schiacciato dai vagoni. Sebbene nulla confermi i sospetti in tal senso, chi ascolta il radiodramma resta con l’idea che la tragedia sia stata in realtà causata arbitrariamente dal signor Rooney per pura cattiveria o per noia.
Alessandro Forlani (in Halley, 2006) sottolinea l’angoscioso climax creato “con tecnica affine a quella dello scrittore o sceneggiatore professionista di racconti del brivido. (…) La verità sul ritardo del treno, della morte di un bambino, cala all’improvviso sulle patetiche senili lagnanze dei coniugi Rooney. Né al pubblico è concesso “respiro”, poiché il racconto finisce qui“.
Knowlson individua in Tutti quelli che cadono uno dei momenti di maggiore “antagonismo” tra Beckett e Dio: i coniugi Rooney che sghignazzano cinicamente dopo aver recitato il passo del salmo che dà il titolo all’opera (“Il Signore sostiene quelli che vacillano / e rialza chiunque è caduto“) rappresentano, secondo il biografo, il simbolo della rabbia di Beckett per la morte del fratello Frank avvenuta due anni prima. Frank, a differenza di Samuel, era un uomo di religione cristiana e di grande fede. Ma durante gli ultimi mesi di vita, Beckett “aveva visto quanto poco aiuto la sua fede sembrava offrirgli e aveva sentito acutamente la sua impotenza e la sua pena“.
Tre ciechi in tre opere” nota acutamente Mayoux in uno studio su Beckett (pubblicato in Bulzoni, 1997). Ed effettivamente il signor Rooney è il terzo personaggio cieco dopo Pozzo di Aspettando Godot e Hamm di Finale di Partita (tutti scritti negli stessi anni). Mi permetto di correggere Mayoux e di dire “quattro ciechi in quattro opere” contando anche il personaggio del violinista in Teatro I, anch’esso scritto nel 1956. E, aggiungerei che Rooney è l’ennesimo cieco che ama declamare storie, che chiede insistentemente l’attenzione del pubblico, che adora sentira la propria voce senza preoccuparsi dell’indifferenza degli ascoltatori (rispettivamente: Vladimiro ed Estragone, Clov e la signora Rooney).
Non si fermano qui i paralleli con le altre opere di Beckett: mentre la signora Rooney raggiunge la piccola stazioncina incontra un gran numero di persone e a tutti chiede notizie dei loro familiari o amici. Ogni volta però ottiene risposte terribili. Ne viene fuori l’immagine desolante e grottesca di una popolazione malata e colpita da chissà quali disgrazie. Un po’ come la disastrata famiglia Lynch che viene descritta in Watt. Ancora: a un certo punto il signor Rooney propone a sua moglie di darsi reciprocamente le spalle e chiarisce “come i dannati di Dante“. Si riferisce ai fraudolenti del XX canto dell’Inferno, gli stessi presi a modello diversi anni dopo per i personaggi di Immaginazione morta immaginate. Infine: il ragazzo che alla fine rincorre i coniugi Rooney fa subito venire in mente il messaggero di Aspettando Godot e lo spettro che compare sul finale del Trio degli spiriti: tutti e tre sono giovani, tutti e tre portano tristi notizie.

http://www.samuelbeckett.it/?page_id=495

Questa voce è stata pubblicata in cultura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.