TURKISH STREAM e aerei che cascano,Emirato del Caucaso ,volley : collage ; vecchi post pipeline…

Azioni Russia e Turchia: gli impatti della crisi geopolitica

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In diversi post precedent abbiamo evidenziato come l’economia turca, l’andamento della borsa e della lira turca, sono fortemente dipendenti dalla politica. Proprio all’indomani della vittoria elettorale di Erdogan avevano analizzato i possibili scenari. Con l’abbattimento dell’aereo russo da parte dei caccia turchi, le nostre ipotesi circa le connessioni politica – economia, vengono assolutamente valorizzate. Al di là degli impatti politici e geopolitici, andiamo a vedere quali potrebbero essere le azioni/compagnie maggiormente impattate dalle tensioni tra Russia e Turchia. Innanzitutto occorre sottolineare come nel 2014 il primo paese ad esportare in Turchia è stata proprio la Russia, con un fatturato di 25 miliardi di dollari, superando in classifica la Cina rispetto alle precedenti rilevazioni. Il 12% dei turisti che nel 2014 hanno visitato il paese turco, sono stati russi.

Azioni Gazprom

Sono passate da 152 a 145 rubli nel giorno del fattaccio. La Turchia è un importantissimo cliente per la compagnia russa. La Turchia approvvigiona la metà del suo fabbisogno di gas proprio dalla Russia. Nei piani della Gasprom c’ era la costruzione di una pipeline che attraverso la Turchia avrebbe dovuto bypassare l’Ucraina per poi servire i clienti europei. I piani potrebbero cambiare…

Azioni Rosneft

Sono passate da 274 a 269 rubli. Le forniture russe di petrolio attraverso lo stretto dei Dardanelli potrebbero avere dei problemi.

Azioni Turkish Airlines

Turkish Airlines, la prima compagnia al mondo per numero di Paesi raggiunti, vede le sue azioni passare da 8,53 a 7,84 lire turche. Nel 2015, aumentando i voli del 16% verso la Russia, è diventato il primo operatore straniero nel paese russo, approfittando dei tagli operati dalle altre compagnie internazionali. E i piani di espansione in Russia erano ancora più ambiziosi: aumentare i numeri di voli verso Mosca, ed aggiungere ulteriori destinazioni. Il crollo delle azioni Turkish Airlines, è emblematico del peso della Russia nel portafoglio della compagnia aerea.

Tra le altre azioni ad essere particolarmente colpite troviamo la Magnitorsk, società russa produttrice di acciaio, possiede un impianto di produzione di grandi proporzioni proprio in Turchia. Poi abbiamo la Sberbank che possiede la Denizbank (banca turca acquisita da Dexia), abbiamo Yandex, il motore di ricerca russo che ha una quota di mercato del 5% nei motori di ricerca in Turchia.Monitoreremo con attenzione l’evoluzione della situazione.

http://www.italiasalva.it/2015/11/azioni-russia-e-turchia-gli-impatti-della-crisi-geopolitica.html

Russia-Turchia, a inizio 2016 l’accordo sul gasdotto Turkish Stream

Secondo il ministro dell’Energia russo Novak, per siglare l’intesa intergovernativa sulla pipeline bisognerà attendere le elezioni in Turchia – previste per il prossimo primo novembre – e la formazione di un nuovo governo

Sochi, 11:43 – 03 ottobre 2015 (AGV NEWS)

L’accordo intergovernativo fra Russia e Turchia sul gasdotto Turkish Stream non potrà essere siglato prima della fine di dicembre, dopo che in Turchia si saranno tenute le elezioni parlamentari. Lo ha detto oggi il ministro dell’Energia russo, Alexander Novak. In Turchia – ha spiegato Novak – “non e stato ancora formato il nuovo governo, quindi la firma dell’accordo intergovernativo relativo al Turkish Stream ci sarà non prima di dicembre 2015 o gennaio 2016, dopo le elezioni”. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato elezioni parlamentari anticipate per il prossimo primo novembre in seguito al fallimento delle trattative tra l’Akp, la formazione di Erdogan, e gli altri partiti per costituire un governo di coalizione. Alle elezioni parlamentari del 7 giugno scorso, infatti, l’Akp, pur avendo ottenuto il maggior numero dei voti, ha perso la maggioranza assoluta per la prima volta dal 2002. Venerdì Novak ha annunciato l’imminente arrivo di una delegazione russa in Turchia per discutere le ultime specifiche tecniche dell’accordo sul Turkish Stream che, sulla base del progetto, sarà in grado di trasportare 63 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia alla Turchia, passando sotto il Mar Nero per proseguire verso un hub sul confine turco-greco, da dove potrebbe essere esteso verso l’Europa meridionale.

Russia and Turkey will sign an intergovernmental agreement on the Turkish Stream gas pipeline not earlier than in December, Russian Energy Minister Alexander Novak said Saturday. “The Turkish government has not yet been formed, the signing of the intergovernmental agreement on the Turkish Stream [will take place] after the [general] elections, not earlier than in December-January [2016],” Novak told journalists. Turkish President Recep Tayyip Erdogan called a snap general election on November 1, after parties that had won the majority of seats in the June election failed to form a coalition. On Friday, Novak said a Russian delegation will soon arrive in Turkey to discuss the technical aspects of the final agreement on the Turkish Stream. The Turkish Stream is a proposed gas pipeline with an annual capacity of 63 billion cubic meters, running from Russia to Turkey beneath the Black Sea. The pipeline is expected to continue to a hub on the Turkish-Greek border, from where it could be extended to southern Europe.

http://www.ilvelino.it/it/article/2015/10/03/russia-turchia-a-inizio-2016-laccordo-sul-gasdotto-turkish-stream/fa430cfa-1db2-4fb5-9dc8-1292cd51523b/

ARMENIA: Pronto accordo con la Russia per la difesa aerea nel Caucaso

Emanuele Cassano 2 giorni fa

Si registrano nuovi passi in avanti nelle relazioni tra Armenia e Russia: in seguito all’entrata di Yerevan nell’Unione Economica Euroasiatica, i due paesi hanno deciso di firmare un accordo che porterà alla creazione di un sistema di difesa aerea regionale congiunta nella regione del Caucaso. La decisione è stata presa dal presidente russo Putin, che ha incaricato il ministro della Difesa Sergei Shoigu e quello degli Esteri Sergei Lavrov di firmare l’accordo con i corrispettivi colleghi armeni Seyran Ohanyan ed Edward Nalbandian.

L’accordo per la creazione di un sistema regionale comune di difesa aerea assicurerà lo scambio di informazioni tra Armenia e Russia sullo spazio aereo di tutta la regione del Caucaso, e aiuterà lo sviluppo dei sistemi missilistici di difesa aerea e dei sistemi radar armeni. Dal 1995 la difesa aerea dello spazio post-sovietico è gestita dal Sistema Unificato di Difesa Aerea dei Paesi CSI (Объединённая система ПВО СНГ), organizzazione di cui attualmente fanno de facto parte Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. L’obiettivo di questa organizzazione è garantire la difesa dei confini dello spazio aereo dei suoi stati membri e la neutralizzazione comune di un eventuale attacco aerospaziale.

Yerevan sempre più vicina a Mosca…

L’accordo sulla difesa aerea congiunta andrà a rafforzare ulteriormente i solidi legami tra l’Armenia e la Russia, principale alleato regionale del paese caucasico. Come già ricordato, lo scorso 10 ottobre 2014 l’Armenia ha firmato l’accordo di adesione all’Unione Economica Euroasiatica, di cui il paese è attualmente membro insieme a Russia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan. L’entrata dell’Armenia all’interno dell’Unione è stata fortemente sostenuta da Putin, che nel settembre del 2013 convinse Sargsyan a scegliere l’integrazione euroasiatica piuttosto che continuare il percorso di avvicinamento verso l’Unione Europea, con la quale Yerevan avrebbe dovuto firmare un accordo di associazione.

Dopo anni di ambigua politica estera, l’Armenia ha scelto così di legarsi a quello che attualmente rappresenta il suo alleato più stretto e affidabile; l’unico in grado al momento di evitare a Yerevan il totale isolamento politico derivato dalla vicinanza di paesi ostili come la Turchia e l’Azerbaigian. Nonostante la scelta di seguire Mosca, l’Armenia sembra però non aver chiuso definitivamente le porte all’Unione Europea, tanto che negli ultimi mesi sembrano essere ripresi i negoziati tra le due parti per l’attuazione di una serie di accordi che possano rimpiazzare in parte l’accordo di associazione sfumato due anni fa.

… ma anche sempre più dipendente

Schiacciata tra due paesi ostili, e con l’instabile regione del Nagorno-Karabakh nel giardino di casa, l’Armenia ha cercato negli ultimi anni di stringere sempre di più i propri rapporti con la Russia, in cerca di protezione militare e aiuti economici. Da parte sua però anche Mosca ha interesse a sostenere Yerevan: la Russia è consapevole del fatto che l’Armenia dipende fortemente da questa alleanza, senza la quale il paese caucasico si ritroverebbe a dover affrontare da solo i suoi gravi problemi; per questo Mosca sa di trovarsi nella posizione di dettare le regole.

In cambio dell’aiuto militare necessario per far fronte al riarmo azero, la Russia ha chiesto all’Armenia di mantenere attiva sul proprio territorio la 102ª Base Militare di Gyumri, finita già al centro di diverse polemiche lo scorso gennaio in seguito all’uccisione di un’intera famiglia abitante nei pressi della base per mano di un soldato russo; così come la 3624ª Base Aerea situata presso l’aeroporto di Erebuni. In cambio dei vari finanziamenti la Russia ha preteso invece di avere l’esclusiva in diversi settori economici, su tutti quello dell’approvvigionamento energetico, creando per questo diversi problemi all’Armenia. Ad esempio, la scorsa estate l’ennesimo aumento della bolletta dell’elettricità – settore monopolizzato dalla compagnia russa Inter RAO – fece scoppiare la protesta conosciuta come “Electric Yerevan”.

L’Armenia dipende fortemente dalla Russia anche per quanto riguarda l’approvvigionamento di gas e petrolio, con Mosca che ha sempre reclamato il diritto esclusivo a utilizzare le infrastrutture energetiche presenti nel paese, ostacolando tutti i precedenti tentativi di Yerevan di differenziare il proprio approvvigionamento energetico cercando di sviluppare nuovi accordi commerciali con l’Iran. Attualmente un gasdotto collega Yerevan a Teheran, anche se il gas che arriva dall’Iran è solo un quarto di quello che arriva da Mosca; inoltre lo scorso giugno il gasdotto è stato rilevato dalla società russa Gazprom, spegnendo di fatto le ambizioni di indipendenza energetica dell’Armenia.

http://www.eastjournal.net/archives/67890

RUSSIA: L’Emirato del Caucaso, all’origine del jihadismo caucasico

Emanuele Cassano 22 ore fa

In seguito alle due guerre russo-cecene (prima e seconda), che insanguinarono il Caucaso per tutti gli anni ’90, i russi ripresero il controllo della Cecenia, ponendo definitivamente fine all’esistenza della Repubblica di Ichkeria, entità statale creata nel 1991 dai separatisti, e spezzando i sogni d’indipendenza del popolo ceceno. Espulsi da Grozny, i ribelli ceceni si rifugiarono nelle montagne, da dove continuarono a organizzare attacchi contro il governo di Mosca. Quando però la riconquista della Cecenia apparve ormai irrealizzabile, il conflitto prese una piega diversa, estendendosi a tutto il Caucaso russo e assumendo inoltre un carattere religioso. L’obiettivo quindi non fu più la semplice liberazione della Cecenia dal controllo russo, ma diventò la creazione uno stato islamico esteso a tutto il Caucaso settentrionale, che prese il nome di Emirato del Caucaso.

Cosa è l’Emirato del Caucaso

L’Emirato del Caucaso è un’entità statale autoproclamata. La sua costituzione venne annunciata nel 2007 da Dokku Umarov, ex presidente della disciolta Repubblica Cecena di Ichkeria, che assunse il ruolo di primo emiro del Caucaso. La proclamazione dell’Emirato del Caucaso nacque come conseguenza della salita al potere di Ramzan Kadyrov (un ex-ribelle) in Cecenia, il quale attuò da subito una dura repressione nei confronti dei separatisti. Il pugno di ferro adottato da Kadyrov, il quale poté godere del pieno sostegno di Putin, costrinse la maggior parte dei guerriglieri ceceni ad abbandonare le loro montagne, rifugiandosi nelle limitrofe repubbliche di Inguscezia e Daghestan. Con la Cecenia divenuta ormai blindata, Umarov decise così di estendere il conflitto a tutto il Caucaso settentrionale, dandogli inoltre un nuovo risvolto religioso, richiamando alla jihad tutti i musulmani del Caucaso per liberare la regione dal giogo russo e dare vita ad un nuovo stato islamico.

L’Emirato del Caucaso non è quindi un vero e proprio erede della Repubblica di Ichkeria, così come i separatisti ceceni degli anni ‘90 non sono da confondere con gli attuali ribelli islamisti che combattono per l’Emirato. La stessa proclamazione dell’Emirato del Caucaso venne fortemente condannata da Akhmed Zakayev, primo ministro del governo della Repubblica di Ichkeria in esilio, che invitò tutti i combattenti ceceni a giurare fedeltà al governo in esilio e a non appoggiare l’iniziativa di Umarov.

I territori rivendicati

Secondo quanto proposto dal sedicente governo, l’Emirato del Caucaso sarebbe formato da 6 diverse province, chiamate wilāyah. Esse sono il Wilāyat Noxçiyçö (Cecenia), il Wilāyat Ġalġayçö (Inguscezia e Ossezia del Nord), il Wilāyat Cherkessia (Adighezia e parte meridionale del Territorio di Krasnodar), il Wilāyat Daghestan, il Wilāyat Unito di Kabarda, Balkaria e Karachay (Kabardino-Balkaria e Karachay-Circassia) e il Wilāyat dei Nogai delle steppe (parte settentrionale del Territorio di Krasnodar e Territorio di Stavropol’). Una settima provincia proposta fu il Wilāyat Iriston (Ossezia del Nord), abolito però nel 2009 e incorporato nel Wilāyat Ġalġayçö.

La suddivisione proposta dai vertici dell’Emirato risulta però essere in alcuni casi poco attinente all’attuale contesto geopolitico: se regioni come il Daghestan, la Cecenia e l’Inguscezia sono abitate quasi esclusivamente da caucasici o comunque da popoli di religione musulmana, altri territori rivendicati dall’Emirato in quanto storicamente popolati da etnie locali sono stati invece completamente russificati, come ad esempio il Wilāyat dei Nogai delle steppe, che include un territorio abitato quasi esclusivamente da russi, dove i nogai rappresenterebbero solo lo 0,4% della popolazione; stesso discorso vale per il Wilāyat Cherkessia, se si esclude il territorio dell’Adighezia. Può far discutere anche la proposta di sciogliere il Wilāyat Iriston, abitato dagli osseti, popolo a maggioranza ortodossa, e incorporarlo nel Wilāyat Ġalġayçö, abitato invece dagli ingusci, storici nemici degli osseti.

Mosca sotto attacco

In seguito alla sua proclamazione, l’Emirato del Caucaso continuò l’aspra lotta contro Mosca portata avanti negli anni precedenti dai separatisti ceceni. Come ai tempi di Shamil Basaev, organizzatore di numerose azioni terroristiche tra cui l’attacco al teatro Dubrovka e la strage di Beslan; anche sotto il comando di Umarov i ribelli islamisti iniziarono a mettere in atto una serie di attacchi ad effetto indirizzati contro obiettivi civili per spaventare Mosca.

Il primo dei grandi attacchi terroristici rivendicati dall’Emirato del Caucaso fu nel novembre 2009 l’attentato al treno Nevsky Express, deragliato in seguito a un’esplosione lungo la linea ferroviaria ad alta velocità Mosca-San Pietroburgo, causando la morte di 27 persone; seguì poi nel marzo 2010 l’attentato alla metropolitana di Mosca, che causò 41 vittime; e infine l’attentato all’aeroporto di Domodedovo del gennaio 2011, che fece registrare altri 37 morti. In questi anni l’Emirato colpì però anche nel Caucaso, mettendo in atto numerose altre stragi soprattutto nel Daghestan e in Inguscezia, dove i frequenti attacchi terroristici causarono grandi tensioni che portarono il governo di Mosca a ipotizzare un nuovo intervento armato nella regione.

Il recente declino

Nonostante i primi attacchi eclatanti, nel tempo il potere dell’Emirato si esaurì progressivamente, a causa della dura lotta al terrorismo promossa da Putin e Kadyrov. Nel 2013 l’Emirato dovette subire una dura perdita: il leader Umarov perse la vita in circostanze misteriose, probabilmente in seguito ad un avvelenamento, lasciando il movimento senza una valida guida. Negli ultimi due anni alla guida dell’Emirato si alternarono i daghestani Aliaskhab Kebekov e Magomed Suleimanov, i quali però non riuscirono ad avere l’autorità necessaria per tenere unito il movimento, che continuò a perdere consensi.

Proprio negli ultimi due anni molti militanti abbandonarono l’Emirato e giurarono fedeltà allo Stato Islamico, arruolandosi per combattere in Siria e per questo definiti “traditori” dai leader dello stesso Emirato. Attualmente, seppur indebolito e senza una guida, l’Emirato del Caucaso continua a cercare di affermare la propria autorità nella regione, anche se la recente ascesa dello Stato Islamico sembra averlo messo definitivamente in secondo piano.

http://www.eastjournal.net/archives/66030

RUSSIA, Champions League: squadre di volley non vogliono andare in Turchia

26.11.2015 09:19 di Redazione ITA Sport Press Twitter: @ItaSportPress
RUSSIA, Champions League: squadre di volley non vogliono andare in Turchia

La Federvolley russa ha chiesto alla Cev di riconsiderare luogo e data delle due gare di Champions League, in programma la prossima settimana, che dovrebbero vedere il Belgorie Belgorad e la Dinamo Mosca di scena in Turchia, rispettivamente contro l’Arkas Spor Izmir e lo Ziraat Bakasi Ankar. La Federazione di Mosca, alla luce delle tensioni fra i due Paesi dopo che ieri la Turchia ha abbattuto un caccia russo al confine con la Siria, vorrebbe che le due partite si disputassero in campo neutro.

http://www.itasportpress.it/russia/russia-champions-league-squadre-di-volley-non-vogliono-andare-in-turchia-205323

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