a cura di
Annamaria Anselmo e Giuseppe Gembillo
1.
La parola vuota
La parola complessità è sempre più diffusa e per questo la complessità sembra sempre più riconosciuta. Questo riconoscimento
della complessità ci fa non chiarire, ma eludere i problemi che essa pone: dire “è complesso” è confessare la difficoltà di descrivere, di spiegare, è esprimere la propria confusione davanti a un oggetto che comporta troppi tratti diversi, troppe molteplicità e indistinzioni interne. I sinonimi di complesso sono, secondo il dizionario, «arduo, difficile, spinoso, confuso, ingarbugliato, contorto,aggrovigliato, intrecciato, indecifrabile, inestricabile, oscuro, fati-coso». La parola complessità esprime contemporaneamente la situazione contorta della cosa designata e l’imbarazzo di chi parla, la sua incertezza nel determinare, chiarire, definire e, infine, la sua impossibilità di farlo. La parola complessità, nel suo uso banale, significa tutt’al più «non è semplice, non è chiaro, non è bianco né nero, non bisogna fermarsi alle apparenze, ci sono dubbi, non si sa bene». La parola complessità, in conclusione, è una parola la cui troppa pienezza ne fa una parola vuota. Più essa viene utilizzata, più il suo vuoto aumenta.
C’è quindi una sfida della complessità. Essa si ritrova in ogni conoscenza, quotidiana, politica, filosofica e, in maniera ormai acuta, nella conoscenza scientifica. Essa si espande, come vedremo, anche sull’azione e sull’etica
2.
La dissoluzione della complessità
L’incapacità di riconoscere, trattare e pensare la complessità è un
risultato del nostro sistema educativo. Questo ci insegna a convalidare ogni percezione, ogni descrizione, ogni spiegazione in basealla chiarezza e alla distinzione. Ci inculca un modo di conoscenza emerso dall’organizzazione delle scienze e delle tecniche nel XIX secolo, che si è esteso all’insieme delle attività sociali politiche e umane. In tutti i campi, esso astrae, cioè estrae un oggetto dal suo contesto e dal suo insieme, rifiutandone i legami e le intercomunicazioni con il suo ambiente, l’inserisce in un compartimento che è quello della disciplina le cui frontiere spezzano arbitrariamente la sistemicità (la relazione di una parte con il tutto) e la multidimensionalità dei fenomeni; esso conduce all’astrazione matematica che opera di per se stessa una scissione con il concreto, privilegiando tutto ciò che è calcolabile e formalizzabile. Disgiunge e compartimenta i saperi, rendendo sempre più difficile la loro contestualizzazione. Ci induce a ridurre la conoscenza degli insiemi complessi agli elementi che li costituiscono e, come afferma Piaget, «a considerare come semplice ciò che appare tale attraverso la dissociazione del complesso». Ci insegna che dietro l’apparente complessità dei fenomeni si nascondono le semplici leggi della natura, e che si tratta di strutture anonime che operano attraverso la singolarità concreta degli esseri umani e della loro società. Anche il concetto fondamentale di determinismo fa dell’incertezza non una delle caratteristiche del nostro modo di rapportarci all’universo, ma lo stato provvisorio d’ignoranza di un Ordine nascosto. Nello stesso tempo esso giustifica l’applicazione della sua logica meccanica ai problemi viventi, umani, sociali Così, isolando e/o frammentando i suoi oggetti, questo modo di conoscenza cancella non solo il loro contesto, ma anche la loro singolarità, la loro località, la loro temporalità, il loro essere e la loro esistenza. Esso tende a spolpare il mondo. Riducendo la conoscenza degli insiemi alla somma dei loro elementi, indebolisce la nostra capacità di accorpare le conoscenze; più generalmente, atrofizza la nostra attitudine a collegare (le informazioni, i dati, i saperi, le idee) a solo vantaggio della nostra attitudine a separare. Ora, una conoscenza può essere pertinente solo se situa il suo oggetto nel suo contesto e possibilmente nel sistema globale di cui fa parte, se crea una navetta che senza sosta separi e colleghi, analizzi e sintetizzi, astragga e reinserisca nel concreto.
la sfida della complessità le défi de la complexité – Casa …
La sfida della complessità Copertina flessibile – 1 gen 2007
di G. Bocchi (a cura di), M. Ceruti (a cura di)
La sfida della complessità nasce dall’irruzione dell’incertezza nelle nostre conoscenze, dallo sgretolarsi dei miti che per secoli hanno regolato il cammino della scienza moderna. Ma d’altra parte la fine della certezza, della completezza, dell’esaustività e dell’onniscienza non segnala soltanto la fine di un ordine, ma rende ineludibile una trasformazione delle domande e delle risposte su cui è basato il nostro sapere. Chiamati a raccolta da Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti a metà degli anni ottanta, scienziati e pensatori come Ilya Prigogine e Francisco Varela, Stephen Jay Gould e Heinz von Foerster presentano e confrontano i loro itinerari nella “nuova scienza”, in un’opera che ha mantenuto intatta la sua freschezza ed esemplarità.
http://www.amazon.it/La-sfida-della-complessit%C3%A0-Bocchi/dp/8842420727
La sfida della complessità – Google Books