31 Dicembre 1988: Nonna Mao

31 Dicembre 1988: Nonna Mao

Cesarina Carletti era figlia di operai, di famiglia antifascista. Il padre, anarchico, era stato ucciso di botte il 29 maggio 1940 dai fascisti della casa Littoria. Intraprese gli studi classici ma, superato il primo anno di liceo, le fecero capire che per il diploma era necessaria la tessera di “giovane fascista”; a quel punto mollò gli studi.

Cesarina fu una partigiana nelle valli di Lanzo, militò nelle formazioni di Giustizia e Libertà. Il 10 dicembre 1943, fu ferita in combattimento contro fascisti e nazisti  a Mezzenile: “… siccome io avevo un odio terribile perché avevano ammazzato mio padre, ho fatto una sventagliata con il mitra e mi sono tirata su di scatto e… m’han colpita“.

Cesarina venne arrestata e torturata per cinque giorni nella “casa littoria”. Poi venne trasferita nella caserma di via Asti, dove continuarono le torture e i durissimi interrogatori. I fascisti la consegnarono poi ai tedeschi. Per tre giorni venne torturata nel quartiere generale tedesco, poi trascorse sette mesi alle “Nuove”. Cesarina non parlò e venne condannato a morte. La condanna fu poi tramutata nella deportazione in un lager tedesco: Ravensbruck.

Nel ’48, dopo l’attentato a Togliatti, stette tre giorni e tre notti col mitra, vestita da partigiana, ad aspettare il famoso campanello. “Il terzo giorno – dice – il capo ha perdonato, non si fa più nulla”. Entrò poi in rotta di collisione con i dirigenti del partito, da cui era considerata troppo estremista.

Si allontanò così dal Pci e venne in contatto con Lotta Continua e Potere Operaio, e con loro andò alle manifestazioni, come quella di Corso Traiano: “...qui finalmente è arrivata la rivoluzione, perché una cosa come Corso Traiano… io non la vedrò mai più, una cosa così bella, mai più…”, ricordò.

A 63 anni venne arrestata nell’ambito di un’inchiesta sulle Br, per essere stata trovata in possesso di alcuni volantini e per aver ospitato un brigatista. Due giorni dopo l’arresto, venne liberata. In quel periodo si guadagnava da vivere dietro ad un banco a Porta Palazzo ed era conosciuta da tutti come Nonna Mao. Al collo teneva sempre una collanina dorata alla quale aveva appeso una piccola falce e martello.

Nonna Mao morì a Torino il 31 dicembre 1988

http://www.infoaut.org/index.php/blog/storia-di-classe/item/3617-31-dicembre-1988-nonna-mao

ricordo di una compagna di deportazione

Avevamo una compagna, Carletti Cesarina, detta Nonna Mao, che aveva due valigie grosse, piene zeppe. I Tedeschi avevano detto alla sua mamma di procurarle tanta roba di lana perché dove andava faceva freddo ed effettivamente era una zona fredda, perché il mese di luglio, quando alle sette del mattino si andava all’appello, si batteva i denti, un po’ per la paura ma anche per il freddo, tanto è vero che la chiamano la piccola Siberia. Allora lungo questo percorso lei chiede ai due tedeschi che l’aiutassero a portare le valigie. Figuriamoci! Loro sapevano cosa c’era in quella villette e non lo facevano anche per loro. Allora lei si è arrabbiata e dice se non mi aiutate io le metto qui e non mi muovo più. Ha messo quelle due valigie in mezzo alla strada, ci si è seduta sopra e noi a cercare di convincerla, dai ti aiutiamo noi, perché andavamo incontro all’incognito e non sapevamo cosa poteva succederci. Lei nient’affatto! sono loro che mi devono aiutare. Ad un certo punto da una di queste villette si apre una finestra e viene fuori una che si mette a sbraitare in tedesco. Quello che diceva per noi era tabù, non capivamo, ma appena finito, la nostra compagna, la Carletti, tutto quello che le è venuto in mente, tutto quello che si può dire di brutto a una persona, lei gliel’ha detto. Allora le abbiamo strappato quelle valigie, l’abbiamo tirata fino a che l’abbiamo fatta partire e siamo arrivati lì. Loro hanno consegnato i documenti e poi se ne sono andati, ci hanno fatto entrare nel piazzale, e a un certo punto vediamo una carabiniera in divisa, con la bustina in una mano e il frustino nell’altra, entra tutta marzialmente e non si sbaglia, va a beccare la Carletti. Era riconoscibile perché aveva dei bei capelli neri ed era pettinata con quell’onda alla Rita Hayworth. Non si è sbagliata, è andata l’ha presa e l’ha tirata fuori, lei quelle che non ha voluto gliele ha ricambiate, poi l’hanno portata dentro, e lì dice che l’hanno di nuovo picchiata e le hanno tagliato i capelli. Quando è uscita fuori siamo rimaste stupefatte a vederla, la testa sotto i capelli neri ancora più bianca, quella testa tutta bianca, poi lei aveva i zigomi grossi, era una bella donna però con quella testa pelata! Ed io ho avuto, non so perché mi è venuto, gliel’ho detto e non me l’ha mai perdonato, quando era arrabbiata me lo rinfacciava sempre, lei si chiamava Cesarina ma noi la chiamavamo Cesi per fare in fretta, le ho detto: Cesi, sembri il Duce. Non gliel’avessi mai detto.

http://www.testimonianzedailager.rai.it/testimoni/test_30.asp

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