Aleppo – Italia: foto ; Leopardi : PALINODIA AL MARCHESE G CAPPONI , Zibaldone 105 -108- 109

Errai, candido Gino; assai gran tempo,
e di gran lunga errai. Misera e vana
stimai la vita, e sovra l’altre insulsa
la stagion ch’or si volge. Intolleranda
5parve, e fu, la mia lingua alla beata
prole mortal, se dir si dee mortale
l’uomo, o si può. Fra Meraviglia e sdegno,
dall’Eden odorato in cui soggiorna,
rise l’alta progenie, e me negletto
10disse, o mal venturoso, e di piaceri
o incapace o inesperto, il proprio fato
creder comune, e del mio mal consorte
l’umana specie. Alfin per entro il fumo
de’ sigari onorato, al romorio
15de’ crepitanti pasticcini, al grido
militar, di gelati e di bevande
ordinator, fra le percosse tazze
e i branditi cucchiai, viva rifulse
agli occhi miei la giornaliera luce

20delle gazzette. Riconobbi e vidi
la pubblica letizia, e le dolcezze
del destino mortal. Vidi l’eccelso
stato e il valor delle terrene cose,
e tutto fiori il corso umano, e vidi
25come nulla quaggiú dispiace e dura.
Né men conobbi ancor gli studi e l’opre
stupende, e il senno, e le virtudi, e l’alto
saver del secol mio. Né vidi meno
da Marrocco al Catai, dall’Orse al Nilo,
30e da Boston a Goa, correr dell’alma
felicitá su l’orme a gara ansando
regni, imperi e ducati; e giá tenerla
o per le chiome fluttuanti, o certo
per l’estremo del boa.1 Cosí vedendo,
35e meditando sovra i larghi fogli
profondamente, del mio grave, antico
errore, e di me stesso, ebbi vergogna

….

Ghiande non ciberà certo la terra                       55

Però, se fame non la sforza: il duro

Ferro non deporrà. Ben molte volte

Argento ed or disprezzerà, contenta

A polizze di cambio. E già dal caro

Sangue de’ suoi non asterrà la mano                  60

La generosa stirpe: anzi coverte

Fien di stragi l’Europa e l’altra riva

Dell’atlantico mar, fresca nutrice

Di pura civiltà, sempre che spinga

Contrarie in campo le fraterne schiere               65

Di pepe o di cannella o d’altro aroma

Fatal cagione, o di melate canne,

O cagion qual si sia ch’ad auro torni.

Valor vero e virtù, modestia e fede

E di giustizia amor, sempre in qualunque         70

Pubblico stato, alieni in tutto e lungi

Da’ comuni negozi, ovvero in tutto

Sfortunati saranno, afflitti e vinti;

Perchè diè lor natura, in ogni tempo

Starsene in fondo. Ardir protervo e frode,          75

Con mediocrità, regneran sempre,

A galleggiar sortiti. Imperio e forze,

Quanto più vogli o cumulate o sparse,

Abuserà chiunque avralle, e sotto

Qualunque nome. Questa legge in pria             80

Scrisser natura e il fato in adamante;

E co’ fulmini suoi Volta nè Davy

Lei non cancellerà, non Anglia tutta

Con le macchine sue, nè con un Gange

Di politici scritti il secol novo.                              85

Sempre il buono in tristezza, il vile in festa

Sempre e il ribaldo: incontro all’alme eccelse

In arme tutti congiurati i mondi

Fieno in perpetuo: al vero onor seguaci

Calunnia, odio e livor: cibo de’ forti                    90

Il debole, cultor de’ ricchi e servo

Il digiuno mendico, in ogni forma

Di comun reggimento, o presso o lungi

Sien l’eclittica o i poli, eternamente

Sarà, se al gener nostro il proprio albergo         95

E la face del dì non vengon meno.

PALINODIA AL MARCHESE GINO CAPPONI.

ALEPPO

105 ….Le genti per la città dai loro letti nelle lor case in mezzo al silenzio della notte si risvegliavano e udivano con ispavento per le strade il suo orribil pianto ec.

Stile francese — Stile di conversazione.

Stile ordinario de’ nostri pittori — Stile arcadico, o frugoniano.

Come potrà essere che la materia senta e si dolga e si disperi della sua propria nullità? E questo certo e profondo sentimento (massime nelle anime grandi) della vanità e insufficienza di tutte le cose che si misurano coi sensi, sentimento non di solo raziocinio, ma vero e per modo di dire sensibilissimo sentimento e dolorosissimo, come non dovrà [107] essere una prova materiale, che quella sostanza che lo concepisce e lo sperimenta, è di un’altra natura? Perchè il sentire la nullità di tutte le cose sensibili e materiali suppone essenzialmente una facoltà di sentire e comprendere oggetti di natura diversa e contraria, ora questa facoltà come potrà essere nella materia? E si noti ch’io qui non parlo di cosa che si concepisca colla ragione, perchè infatti la ragione è la facoltà più materiale che sussista in noi, e le sue operazioni materialissime e matematiche si potrebbero attribuire in qualche modo anche alla materia, ma parlo di un sentimento ingenito e proprio dell’animo nostro che ci fa sentire la nullità delle cose indipendentemente dalla ragione, e perciò presumo che questa prova faccia più forza, manifestando in parte la natura di esso animo. La natura non è materiale come la ragione.

Il riso dell’uomo sensitivo e oppresso da fiera calamità è segno di disperazione già matura. Vedi p. 188.

Mi diedi tutto alla gioia barbara e fremebonda della disperazione.

[108] Vedi come la debolezza sia cosa amabilissima a questo mondo. Se tu vedi un fanciullo che ti viene incontro con un passo traballante e con una cert’aria d’impotenza, tu ti senti intenerire da questa vista, e innamorare di quel fanciullo. Se tu vedi una bella donna inferma e fievole, o se ti abbatti ad esser testimonio a qualche sforzo inutile di qualunque donna, per la debolezza fisica del suo sesso, tu ti sentirai commuovere, e sarai capace di prostrarti innanzi a quella debolezza e riconoscerla per signora di te e della tua forza, e sottomettere e sacrificare tutto te stesso all’amore e alla difesa sua. Cagione di questo effetto è la compassione, la quale io dico che è l’unica qualità e passione umana che non abbia nessunissima mescolanza di amor proprio. L’unica, perchè lo stesso sacrifizio di se all’eroismo alla patria alla virtù alla persona amata, e così qualunque altra azione la più eroica e più disinteressata (e qualunque altro affetto il più puro) si fa sempre perchè la mente nostra trova più soddisfacente quel sacrifizio che qualunque guadagno in quella occasione. Ed ogni qualunque operazione dell’animo nostro ha sempre la sua certa e inevitabile origine nell’egoismo, per quanto questo sia purificato, e quella ne sembri lontana. Ma la compassione che nasce nell’animo nostro alla vista di uno che soffre è un miracolo della natura che in quel punto ci fa provare un sentimento affatto indipendente dal nostro vantaggio o piacere, e tutto relativo agli altri, senza nessuna mescolanza di noi medesimi. E perciò appunto gli uomini compassionevoli sono sì rari, e la pietà è posta, massimamente in questi tempi, fra le qualità le più riguardevoli e distintive dell’uomo sensibile e virtuoso. [109] Se già la compassione non avesse qualche fondamento nel timore di provar noi medesimi un male simile a quello che vediamo. (Perchè l’amor proprio è sottilissimo, e s’insinua da per tutto, e si trova nascosto ne’ luoghi i più reconditi del nostro cuore, e che paiono più impenetrabili a questa passione). Ma tu vedrai, considerando bene, che c’è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e intieramente rivolta al misero.

Giacomo Leopardi :Zibaldone   pagine 101-252

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