PREGHIERA DELL’ALPINO – Padre nostro di PPP + Clemente Rebora e Tibullo

PREGHIERA DELL’ALPINO

Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni

balza delle Alpi ove la Provvidenza

ci ha posto a baluardo fedele delle nostr

e contrade, noi, purificati dal dovere

pericolosamente compiuto, eleviamo l’animo a Te, o Signore, che proteggi

le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli

e fratelli lontani, e ci aiuti a essere degni

delle gloria dei nostri avi.

Dio onnipotente, che governi tutti gli el

ementi, salva noi, armati come siamo

di fede e di amore.

Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici de

lla tormenta, dall’ impeto della valanga,

fa che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose, sulle diritte pareti,

oltre i crepacci insidiosi, rendi forti

le nostre armi contro chiunque minacci

la nostra Patria, la nostra bandiera,

la nostra millenaria civiltà cristiana.

E Tu, Madre di Dio, candida più della neve, Tu che hai conosciuto e raccolto

ogni sofferenza ed ogni sacrificio di tutti gli

Alpini caduti, Tu che conosci e raccogli ogni

anelito ed ogni speranza di tutti gli Alpini

vivi ed in armi, Tu benedici e proteggi

i nostri Battaglioni ed i nostri Gruppi.

Così sia.

Padre nostro che sei nei cieli
(da Affabulazione)

Padre nostro che sei nei Cieli,
io non sono mai stato ridicolo in tutta la vita.
Ho sempre avuto negli occhi un velo d’ironia.
Padre nostro che sei nei Cieli:
ecco un tuo figlio che, in terra, è padre…
È a terra, non si difende più…
Se tu lo interroghi, egli è pronto a risponderti.
È loquace. Come quelli che hanno appena avuto
una disgrazia e sono abituati alle disgrazie.
Anzi, ha bisogno, lui, di parlare:
tanto che ti parla anche se tu non lo interroghi.
Quanta inutile buona educazione!
Non sono mai stato maleducato una volta nella mia vita.
Avevo il tratto staccato dalle cose, e sapevo tacere.
Per difendermi, dopo l’ironia, avevo il silenzio.

Padre nostro che sei nei Cieli:
sono diventato padre, e il grigio degli alberi
sfioriti, e ormai senza frutti,
il grigio delle eclissi, per mano tua mi ha sempre difeso.

Mi ha difeso dallo scandalo, dal dare in pasto
agli altri il mio potere perduto.
Infatti, Dio, io non ho mai dato l’ombra di uno scandalo.
Ero protetto dal mio possedere e dall’esperienza
del possedere, che mi rendeva, appunto,
ironico, silenzioso e infine inattaccabile come mio padre.
Ora tu mi hai lasciato.
Ah, ah, lo so ben io cosa ho sognato
Quel maledetto pomeriggio! Ho sognato Te.
Ecco perché è cambiata la mia vita.

E allora, poiché Ti ho,
che me ne faccio della paura del ridicolo?
I miei occhi sono divenuti due buffi e nudi
lampioni del mio deserto e della mia miseria.

Padre nostro che sei nei Cieli!
Che me ne faccio della mia buona educazione?
Chiacchiererò con Te come una vecchia, o un povero
operaio che viene dalla campagna, reso quasi nudo
dalla coscienza dei quattro soldi che guadagna
e che dà subito alla moglie – restando, lui, squattrinato,
come un ragazzo, malgrado le sue tempie grigie
e i calzoni larghi e grigi delle persone anziane…
chiacchiererò con la mancanza di pudore
della gente inferiore, che Ti è tanto cara.
Sei contento? Ti confido il mio dolore;
e sto qui a aspettare la tua risposta
come un miserabile e buon gatto aspetta
gli avanzi, sotto il tavolo: Ti guardo, Ti guardo fisso,
come un bambino imbambolato e senza dignità.

La buona reputazione, ah, ah!
Padre nostro che sei nei Cieli,
cosa me ne faccio della buona reputazione, e del destino
– che sembrava tutt’uno col mio corpo e il mio tratto –
di non fare per nessuna ragione al mondo parlare di me?
Che me ne faccio di questa persona
cosi ben difesa contro gli imprevisti?

Pier Paolo Pasolini

Tibullo : Te bellare decet terra, Messalla, marique, ut domus …

Quis fuit, horrendos primus qui protulit enses? | controappunt

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