LEGGI PER ME La malora e LA PAGA DEL SABATO by Beppe Fenoglio

La malora – WordPress.com

 

BEPPE FENOGLIO: LA MALORA – Rai Scuola

La malora (Einaudi tascabili. Scrittori) eBook: Beppe Fenoglio

La malora Beppe Fenoglio

Nel 1852 uscì un libro del russo Ivan Sergeevič Turgenev, Memorie di un cacciatore, che rese l’autore amico di Flaubert e di Tolstoj un nome importante nel panorama della letteratura mondiale. Tra le cose che si dicono di quella pubblicazione ce n’è una in particolare che colpisce: lo zar Alessandro, tre giorni dopo averla letta, decretò l’emancipazione dei servi della gleba. Quella voce potrebbe aver esercitato il suo diritto di immaginare che un libro potesse cambiare qualcosa nel mondo della miseria nera. Di fatto la decretazione non servì a nulla, ma la voce fece il giro del mondo. Centodue anni dopo Carlo Lizzani incassava il Prix International alla settima edizione del Festival di Cannes con il film Cronache di poveri amanti sceneggiato dal romanzo di Vasco Pratolini: il presidente della giuria, Jean Cocteau, raccontò che una delegazione italiana gli chiese di non far vincere il film perché avrebbe favorito l’avanzata dei comunisti in Italia. In quegli anni, tra il 1951 e il 1954, fu istituita la “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla” e allo scadere dei lavori, sulla langa bassa tra Benevello e Trezzo o forse sul tratto di langa tra Sant’Antonio e Cigliè, Beppe Fenoglio chiuse il romanzo breve o racconto lungo La malora.

A questo punto ci si dovrebbe fermare per parlarne a voce, o fermare il tempo che ha bucherellato le assi della cascina su un punto morto della collina, e dimenticare ciò che sappiamo del Neorealismo e delle correnti letterarie italiane e delle beghe tra partiti che si risolvono sempre in grandi abbuffate, per andare a fondo con una storia che ci riguarda e che forse neanche a dirla per ore uno riuscirebbe a dirla come deve. La malora. Una storia che inizia con una pagina riscritta per giorni, una pagina che Beppe Fenoglio descrisse parlando con Italo Calvino: «La mia pagina sa di lucerna».

L’incipit racconta la pioggia sulle langhe e l’immagine del padre della voce narrante che prende “la sua prima acqua sottoterra”. La voce del bracciante, Agostino, disgraziato, servo di servi, figlio di contadini annegati nella terra, perlustra la sua parte di storia tragica, l’attrazione per i gorghi e la fatalità di quelle vite finite con le unghie nere di fame e con la pancia sempre troppo vuota.

In un impasto di lingua che è parlato regionale, asciuttezza presa a cinghiate e minuscole licenze dell’autore nascosto nella memoria del narratore, Fenoglio parla la storia di una malora che sfiora il realismo, la tradizione orale e la sperimentazione.

I fatti narrati non hanno esattezza cronologica e l’ambientazione temporale è quasi nulla, eccetto particolari di monete e di costumi, e proprio in questa luce che sa di piedi sporchi come in un Caravaggio essenziale emerge la libertà creatrice di Fenoglio, la sua aspirazione a farsi bracciante con la parola che scava nella quotidianità straordinaria e seccante delle vite incrociate con lo sguardo.

Un’immedesimazione che franò su tutta una letteratura di genere provocando strappi e critiche e allarmi, che generò un intervento critico di Vittorini nel risvolto di copertina (che non piacque a Fenoglio), che aprì le porte ad attacchi e a difese in favore di una voce non svuotata dall’accademismo di maniera, che contribuì a far conoscere uno scrittore che non riscopriva il paesaggio per mitizzarlo, ma per descriverlo, per raccontarlo da autodidatta, con le corde di un testimone che non si è mai allontanato da quelle vite, che le ha viste separarsi nei campi e camminare sui pavimenti di paglia.

L’asprezza e il cinismo fatale dei protagonisti di questo racconto lungo vengono narrati con la potenza del passato remoto, che non è e non era d’uso al Nord, e che sposta questo piccolo inferno di cadute e ricadute lontano da una contemporaneità più facile. Questo elemento e tutte le pagine lavorate con la solidità della zappa dicono che La malora è un gioiello di lingua e storia e che Fenoglio ha cercato un esempio di letteratura che non poteva essere accolto se non con fischi e critiche. Ciò che resta di quel coro è scritto in qualche nota a margine, mentre la crudezza dei tonfi subiti da Agostino, dell’impotenza di non poter scegliere mai la strada più asciutta e rapida sono e restano un capolavoro e un esempio.

Se è vero che siamo dotati del necessario appena, un prontuario, diciamo, per sbrigare descrizioni di offese ricevute e di ferite strane, è anche vero che pochi hanno la lingua svelta per contenerle quasi tutte. E allora uno dei pochi modi che abbiamo per sentirla, questa lingua, è entrare nella malora che morde per fame e uccide a certe ore del giorno, senza chiedere permesso, sfasciando sempre tutto, rimestando in quella grana di pelli chiuse l’una dentro l’altra. La malora che ce la manda il cielo o il fulmine. L’inutile malora. Devasta e spezza e ricomincia. Neanche a riassumerla uno riesce a dirla come deve.

Infine si può e si deve dire che Beppe Fenoglio è stato uno scrittore senza scrupoli, che si è spezzato le dita e la salute sull’idea di una letteratura che fosse invenzione nella zoppia, che rispettava la parola e la innalzava: «Partigiano, come poeta, è parola assoluta».

[La malora, Beppe Fenoglio, Giulio Einaudi editore. Prima edizione “I gettoni” 1954]

Marco Lupo

http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/46-la-biblioteca-essenziale/562-beppe-fenoglio-qla-maloraq-marco-lupo

LA PAGA DEL SABATO di BEPPE FENOGLIO

 (PDF) ‘Rilettura de La paga del sabato: Fenoglio, cinema e storia’ in …

Io non mi trovo in questa vita perché ho fatto la guerra. Ricordatene sempre che io ho fatto la guerra, e la guerra mi ha cambiato, mi ha rotto l’abitudine a questa vita qui. Io lo capivo fin d’allora che non mi sarei poi ritrovato in questa vita qui.” Così Ettore, ventiduenne ex partigiano di Langa alla madre che lo rimprovera di non cercarsi un lavoro regolare. Il disadattamento di Ettore, il protagonista de La paga del sabato, è simile a quello dei suoi amici  e compagni di Resistenza Bianco e Palmo, e di tanti altri in quei primi anni di dopoguerra. (E anche di oggi: quanti reduci americani, e non solo, son stati moralmente distrutti dalle guerre in cui han combattuto!)  Chi è stato alla macchia, chi ha passato notti all’addiaccio, chi ha teso e subìto imboscate, chi ha ucciso e chi l’ha scampata nel gioco del destino non riesce a rientrare nei ranghi, a chiudersi “fra quattro mura per le otto migliori ore del giorno, tutti i giorni, e in queste otto ore nei caffè e negli sferisteri e sui mercati succedevano memorabili incontri d’uomini, donne forestiere scendevano dai treni, d’estate il fiume e d’inverno la collina nevosa”. E proverà sempre “il barbaro sentimento che quelli erano stati tempi felici.” Così Ettore si imbarca in affari loschi, furti ed estorsioni a vecchi ex fascisti o contrabbando con la Francia; finché l’amore per Vanda, che aspetta da lui un figlio, lo spinge a mettere una pietra sopra il passato. Coi soldi mal guadagnati si costruisce un lavoro onesto, ma…

La paga del sabato è come un film in bianco e nero degli anni Cinquanta, ma l’etichetta di “neorealismo” gli va stretta. Gli eroi  di Fenoglio (positivi o negativi non importa: c’è pietas per il vecchio fascista basedowiano che muore di paura e nessuno, come nella vita, è mai del tutto cattivo o del tutto buono) non sono condizionati dall’ambiente né trovano riscatto in una sperata liberazione sociale. Quello che importa all’autore sono i rapporti fra gli uomini, la concretezza terragna dell’esistenza quotidiana, il pudore dei sentimenti espressi  più che a parole nei gesti, nei moti del corpo. Poche frasi asciutte e scabre, come la psicologia dei personaggi, sono sufficienti a incidere nell’ immaginazione del lettore figure e momenti indimenticabili: il rapporto di Ettore con la madre, a esempio, con le parole ruvide e violente  che mascherano la verità degli affetti profondi; o il legame con Vanda, civetta e solida, intelligente e istintiva nell’ amore per il suo uomo difficile: “era piena di dolcezza di tristezza e di voglia di sprecarsi”: quanta femminilità, quanta giovinezza, quanta sensualità in questa sola, brevissima frase!  Fenoglio  è così, come la sua terra, la collina di Langa, coi suoi bianchi crinali a contatto col cielo e con le forre fitte di bosco e di rovi. C’è qualcosa di arcaico, di omerico o di biblico, nei caratteri dei suoi personaggi, nell’ asprezza della lingua, spesso modulata su cadenze dialettali che sanno di concisione e gravità, come un peso che scenda lentamente, nell’essenzialità semplice delle scelte morali, nella grandiosa elementarità dei sentimenti: “[Ettore] si domandava quello che poteva esserci nel sangue di Vanda del sangue di suo padre, tutto ciò che stava dentro e dietro la donna che sarebbe stata sua moglie e che gli avrebbe dato i suoi figli impastandoli e irrorandoli con quel misterioso e ripugnante sangue di molti.”

Fenoglio (Alba 1922- Torino 1963) è uno dei più grandi scrittori del secondo Novecento italiano, ma forse meno letto di altri. Tutti i suoi scritti gravitano intorno al tema della lotta partigiana e della durezza del vivere; La paga del sabato, scritto alla fine degli anni ’40 e pubblicato solo nel 1969, dopo una serie di vicende editoriali che coinvolsero Calvino, Vittorini e la Ginzburg, è il suo primo romanzo. Ma, come Minerva che nasce tutta armata dalla testa di Giove, già all’altezza delle sue opere più note: i racconti de I ventitre giorni della città di Alba (dove in un primo tempo furono pubblicati due spezzoni de La paga del sabato), La malora, Una questione privataIl partigiano Johnny.

In due parole: un romanzo breve, duro come un hard boiled, tenero come un film di Truffaut.

Scheda di GIANANDREA PICCIOLI

http://scaffalesegreto.hoepli.it/la-paga-del-sabato-di-beppe-fenoglio

LE-book – Beppe Fenoglio – L’Affare Dell’Anima e Altri racconti – La paga del sabato Sceneggiato TV

Beppe Fenoglio – Una questione privata …

Beppe Fenoglio Il partigiano Johnny ,La creatività lessicale …

Questa voce è stata pubblicata in cultura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.