Gli infiniti scherzi matematici di David Foster Wallace ; ma è difficile leggerlo?

Gli infiniti scherzi matematici di David Foster Wallace

On September 12, 2014
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In occasione del convegno  “Infinite Wallace / Wallace infini”, che si tiene in questi giorni a Parigi, il sito Images des Mathématiques ha chiesto a Roberto Natalini, che tra le altre cose è co-coordinatore, con Andrea Firrincieli, del sito Archivio DFW Italia, di scrivere un breve articolo sulle connessioni tra David Foster Wallace e la matematica. Pubblichiamo di seguito il testo in italiano (il testo in francese, nella traduzione di Maurice Darmon, lo potete trovare qui). 

Roma, 12 settembre 2014

Le derivate sono solo trigonometria con un po’ di immaginazione
(David Foster Wallace, Infinite Jest)

David Foster Wallace è considerato uno dei migliori scrittori americani degli ultimi trent’anni, eppure di lui in Francia si parla ancora molto poco. Certo, è difficile apprezzarlo non avendo letto il suo principale romanzo, Infinite Jest, pubblicato negli USA nel 1996, che TIME ha inserito nella lista dei 100 migliori romanzi in lingua inglese degli ultimi 80 anni e che solo l’anno prossimo dovrebbe essere tradotto in francese dalle éditions de l’Olivier (in Italia è stato tradotto nel 2000, in Germania nel 2009). Un romanzo sicuramente difficile da tradurre (1079 pagine, con ben 388 note finali), ma forse non altrettanto difficile da leggere, visto che in tutti i paesi in cui è stato pubblicato è stato accolto da un grande successo di critica e di pubblico. Tuttavia qualcosa anche in Francia sta cambiando, e proprio in previsione di questa imminente (e più volte annunciata) traduzione, si è aperto ieri, 11 settembre, a Parigi un grande convegno internazionale su questo autore “Infinite Wallace / Wallace infini”. Prima di andare avanti, i lettori di Images des Mathématiques vorranno però cercare di trovare risposta a due domande che a questo punto si staranno facendo strada: a) perché ce ne stiamo occupando su questo sito b) perché questo articolo non è apparso ieri. Alla prima rispondo subito, mentre la risposta alla seconda si capirà verso la fine dell’articolo.

Wallace ha dedicato un lungo saggio, “Everything & More” (W. W. Norton & Company, 2003)i all’infinito secondo Cantor, un saggio in cui si interessa tra l’altro alla soluzione matematica dei paradossi di Zenone sul movimento: voglio attraversare una strada, ma dopo aver percorso metà del tragitto, per arrivare dall’altra parte devo ancora arrivare alla metà del tragitto rimanente, ossia aggiungere un quarto, e poi alla metà della metà, ossia un ottavo, e poi metà della metà della metà, etc… Ossia devo attraversare un numero infinito di sottointervalli di ampiezza ogni volta dimezzata rispetto al precedente, che è una cosa che per Zenone era impossibile, perché pensava che non potessimo compiere un numero infinito di azioni in tempo finito. I matematici del XIX secolo risolsero questo paradosso, chiarendo da una parte la natura profonda dei numeri reali, e al tempo stesso definendo, con Cauchy e Weierstrass, in modo rigoroso e definitivo, la nozione di convergenza di una serie, in questo caso la serie geometrica. L’analisi di Wallace si sofferma sull’esistenza di due idee diverse di infinito: quello circolare e paradossale di Zenone, legato all’Ápeiron (=indeterminato) dei greci, che si avvita sui suoi stessi paradossi senza arrivare ad una conclusione; e l’infinito matematico cantoriano, che permette di usare senza problemi e in modo costruttivo l’idea di infinito.

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Wallace è insomma uno scrittore per cui la matematica è importante. Avendo studiato logica modale all’università, nel saggio/racconto fintamente autobiografico, “Derivative Sport in Tornado Alleyii”, Wallace dichiara: “Quando lasciai il mio distretto squadrato in mezzo alla campagna dell’Illinois per andare a frequentare l’università dove si era laureato mio padre fra i vivaci rilievi delle Berkshires nel Massachusetts occidentale, sviluppai un’improvvisa fissazione per la matematica”. E una decina di anni prima del saggio su Cantor, Wallace aveva già affrontato, da narratore, l’idea di infinito, proprio nel suo capolavoro Infinite Jestiii (=lo scherzo infinito), che in questa sede rinunciamo a riassumere in modo credibileiv, in cui incontriamo delle situazioni narrative che corrispondono ai due infiniti di cui si è parlato sopra. Da una parte abbiamo la ripetizione infinita, a loop, il ripresentarsi continuo di gabbie in cui l’apparente porta di uscita conduce solo ad altre gabbie, il muoversi in modo circolare lungo curve chiuse: la dipendenza dalla droga e dall’alcool (i continui cicli di disintossicazione e di ricaduta), il sesso come esperienza vuota e straniante (uno dei personaggi maschili ha l’abitudine dopo il coito, che a lui non provoca nessun piacere, di tracciare compulsivamente con il dito il simbolo dell’infinito sul fianco nudo della ragazza con cui è appena stato), la ripetizione ossessiva della pratica sportiva nell’accademia di tennis, l’intrattenimento pervasivo e mai soddisfacente (il film che dà il titolo al romanzo, vedi nota iv, viene visto dalle vittime in un susseguirsi di cicli ricorsivi), la circolarità del sistema di produzione energetica onanita (sic!), basato sull’idea finzionale di “fusione anulare”, ossia un sistema che “produce rifiuti che alimentano un processo i cui rifiuti alimentano la fusione stessa”. E osserviamo che l’idea di questa fusione era venuta molti anni prima al giovane James O. Incandenza, osservando un pomello ruotare intorno all’asse formato dal suo perno, in una doppia rotazione formante una cicloide sferica. L’idea dei doppi cerchi rotanti viene poi ripresa nel progetto degli edifici dell’accademia di tennis da lui fondata, disegnati a creare la forma di una cardioide.

Wallace sembra però suggerire che questa circolarità autoreferenziale, che ingabbia la quasi totalità dei personaggi del romanzo, potrebbe avere una via di fuga, un rovesciamento radicale che corrisponde in qualche modo all’idea cantoriana di infinito, un infinito su cui costruire un’espansione verso l’esterno. Wallace cerca con il suo romanzo di superare, e farci superare, l’isolamento solipsistico che ci imprigiona. In uno dei passaggi del romanzo, uno dei capi istruttori dell’accademia di tennis, riflette a un certo punto sulla struttura del gioco: “ogni palla colpita bene ammette n possibili risposte, n2 risposte possibili a queste risposte, (…) come un continuo cantoriano di infinità di possibili mosse e risposte, cantoriano e bello perché stratificato, contenuto, questa infinità bigenerata di infinità di scelta ed esecuzione, matematicamente incontrollata, ma umanamente contenuta, delimitata dal talento e dall’immaginazione di se stessi e dell’avversario, ripiegata su se stessa dalle frontiere date dall’abilità e dall’immaginazione che alla fine fanno perdere uno dei giocatori, e impediscono a entrambi di vincere, che creano, alla fine, un gioco, queste frontiere del sé.”

È in questo universo espansivo, fatto di parabole e di iperboli, in un’opera che secondo il suo autore aveva la forma frattale, delimitata, ma infinita, di un triangolo di Sierpinski, che si trova forse la speranza di una fuga. Trasposto in una riflessione sulla scrittura, l’avversario siamo noi, i lettori, che reagiamo e interagiamo con il testo che ci viene proposto, che è calcolato dall’autore proprio per rispondere alle nostre reazioni. Da questa dialettica infinita, ma convergente, come può esserlo una serie, dalle frontiere tra autore e lettore, nasce il gioco, ossia il romanzo vissuto, che accade in ognuno di noi, in cui è possibile invertire le nostre posizioni, far entrare in contatto la nostra mente con quella dell’autore.

infinitejest_flowchartUn’infografica di alcune connessioni tra i personaggi del libro.

Finora ho cercato di rimandare il momento in cui lo avrei detto: David Foster Wallace si è tolto la vita sei anni fa, a soli 46 anni, il 12 settembre del 2008, e questo è il motivo per parlarne proprio oggi. Soffriva fin da giovane di depressione, e la “Cosa Brutta”, come la chiamava lui, ad un certo punto ha avuto la meglio. Certamente la sua passione per la matematica non è, non può essere, un motivo sufficiente per leggere le sue opere. Le leggiamo piuttosto per i suoi punti di vista spesso curiosamente alieni, i suoi reportage avvincenti su soggetti di per sé non necessariamente interessanti (una crociera di lusso, una fiera nel Midwest, la televisione e la narrativa contemporanea, il tennis -tra cui un famoso articolo su Federer come esperienza religiosa-, il festival del cinema porno, l’uso della grammatica inglese, Kafka, le elezioni americane del 2000), e soprattutto per romanzi e racconti di una bellezza sorprendente, per le idee, il linguaggio e l’immaginazione che possiamo trovarvi. Stupisce quel senso di intimità che coglie la maggior parte dei suoi lettori, un’intimità che si è tramutata in uno straordinario lutto collettivo al momento della sua morte. Leggendo Wallace sentiamo una voce nella nostra testa che parla, come se fosse un secondo ‘io’ più intelligente e linguisticamente onnisciente, che con noi costruisce un dialogo intenso e pieno di significato. E forse è proprio in quel momento che il gioco cantoriano di scambi e risposte di Wallace trova veramente il suo senso più profondo. David Foster Wallace (1062-2008) R.I.P.

di Roberto Natalini

Riferimenti bibliografici

  1. Stephen Burn. David Foster Wallace’s Infinite Jest: A Reader’s Guide, Second Edition. New York, London: Continuum, 2012.

  2. D. T. Max, Every Love Story is a Ghost Story: A Life of David Foster Wallace. New York: Viking, 2012.

  3. Roberto Natalini, “David Foster Wallace and the Mathematics of Infinity”, in “A Companion to David Foster Wallace Studies” Marshall Boswell and Stephen Burn eds., Palgrave Macmillan, 2013 (American Literature Readings in the Twenty-First Century).

Note

Tout et plus encore”, tradotto in francese da Thomas Chaumont, éd. Ollendorff & Desseins (2011)

ii Apparso in francese con il titolo “Revers et dérivées à Tornado Alley” nella raccolta: “Un truc soi-disant super auquel on ne me reprendra pas”, traduit par Julie et Jean-René Étienne, éd. Au Diable Vauvert (2005)

iii Titolo ispirato all’Amleto: “Alas, poor Yorick! I knew him, Horatio: a fellow of infinite jest, of most excellent fancy: he hath borne me on his back a thousand times; and now, how abhorred in my imagination it is!” W. Shakespeare, Hamlet, Act 5, Scene 1.

iv Ma per i più curiosi diciamo solo che c’è un’accademia di tennis fondata da un certo James O. Incandenza, in seguito divenuto cineasta di valore, poi morto in circostanze inquietanti. C’è un gruppo di ex-tossicodipendenti in una casa di riabilitazione vicina all’accademia. E c’è un mondo del futuro prossimo (che curiosamente coincide con i nostri anni) in cui Stati Uniti, Messico e Canada sono riuniti nell’Organizzazione delle Nazioni dell’America del Nord (ONAN, sic!), una società dominata dal piacere fine a se stesso e dalla dipendenza. A questo stato di cose si ribellano i terroristi separatisti del Quebec. La loro arma dovrebbe essere un film dello stesso Incandenza, intitolato proprio “Infinite Jest”, così avvincente da risultare fatale ai suoi spettatori che lo guardano compulsivamente fino a morirne, e che è andato perduto alla morte del suo autore. Lo so, così ancora non si capisce come si vada avanti per 1079 pagine.

http://maddmaths.simai.eu/uncategorized/gli-infiniti-scherzi-matematici-di-david-foster-wallace/

Leggere Infinite Jest non è troppo difficile, se sai come farlo

Vi sentite in dovere di leggere Infinite Jest perché la gente generalmente reputata intelligente dice di saperlo a memoria e siete stufi marci di tutte queste vanterie?
Volete leggere Infinite Jest perché vi piace David Foster Wallace ma non ce la vedete dentro?
Eravate lì lì per leggere Infinite Jest ma poi un vostro carissimo amico vi ha detto che si è arenato a pagina 30 e vi siete scoraggiati?
Siete personcine tenaci e piene di buone intenzioni, ma la prospettiva di affrontare 1280 pagine in questo momento della vostra vita vi atterrisce e sgomenta?
Animo!
Leggere Infinite Jest non è troppo difficile, se qualcuno decide di incoraggiarvi un po’. Non dico che diventi una passeggiatona liscia liscia, ma non sarà nemmeno l’incubo quadridimensionale che potrebbero avervi raccontato. Le note hanno delle note! L’ho iniziato sei volte e volevo morire con la testa nel microonde! Per carità, in quel tempo lì leggo altre venti cose! Figurati, non si capirà nemmeno come finisce!

Obiezioni rispettabilissime. Ma siamo lettori, mica pavidi opossum, e si può fare.

In questo post – che ha il preciso intento di innalzare di una tacca il livello di meraviglia media contenuta nell’universo -, troverete alcuni utili mattoncini base per affrontare Infinite Jest con la serena caparbietà di una gigantesca nave rompighiaccio. Senza frottole e infiocchettamenti, ma con la sincera e autentica fierezza del lettore che ce l’ha fatta, tra innumerevoli OOOH e AAAH di gioia e divertimento. Perché se ci sono riuscita io, che ho lo span di attenzione di una locusta, non vedo perché non ci si possa riuscire in un po’ più di gente. Che così poi ne parliamo… o andiamo in riabilitazione tutti insieme.
Pronti?
Pronti.

L’Infinite-Guida è fatta così:
– Un confortante preambolo d’esperienza personale
– Spezzettiamo l’universo: mini-geografia di Infinite Jest
E le persone, come la prendono? Mini-sociologia di Infinite Jest
– Ma alla fin fine, di che parla?
– Facciamo amicizia: chi c’è dentro a Infinite Jest
Tutto chiaro. Ma PERCHE’ dovrei leggere una roba del genere?

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Un confortante preambolo d’esperienza personale

Ho letto Infinite Jest in un mesetto e mezzo. Ho cominciato in spiaggia (fase riposante della vita) e ho finito l’altra sera sul divano di casa (prolungata fase di spossatezza da lavoro che ricomincia). L’ho iniziato all’improvviso: dovevo andare in vacanza e l’ho buttato in valigia, gridando qualcosa tipo COWABUNGA. Ne avevo ben due edizioni, in attesa sulla polverosa lavatrice-libreria, e continuavo a passare di lì senza decidermi. Ma no, adesso sono troppo stanca. Ma no, non è ancora il momento giusto. Non ho tempo, non ho tempo. La verità è che non credo ci sia un momento giusto. È un’impresa che vi conviene intraprendere con una certa incosciente impulsività, e con grande fiducia. Il libro non vi renderà le cose troppo difficili, è bello da subito. E non ho detto chiaro e pieno di mappe TUSEIQUI con le freccione rosse, ho detto bello. Lasciatevi portare a spasso, anche se non sapete dove finirete.

Mi raccomando. Infinite Jest pesa un chilo e passa. Sinceratevi di poterlo trasportare.

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Spezzettiamo l’universo: mini-geografia di Infinite Jest

Il mondo di Infinite Jest è, in buona sostanza, molto simile al nostro, solo peggiore. Tutto è familiare, ma deformato da una serie di catastrofi puntualmente accadute. Dall’inquinamento alle relazioni umane, tutto quello che poteva andare male è andato male. Il risultato è una specie di parodia triste e super geniale di quello che conosciamo.
Ma facciamo un po’ di cornice geopolitica.
Gli USA hanno “inglobato” il Canada e il Messico, dando vita a una bizzarra confederazione che si chiama ONAN (un nome, un perché), guidata da un presidente fanatico dell’igiene che, in tempi non sospetti, cantava a Las Vegas in mezzo alle paillettes. Per non offendere nessuno, sulla bandiera dell’ONAN campeggia l’aquila degli Stati Uniti con in testa un sombrero, una foglia d’acero in una zampa e una scopa nell’altra. La scopa ha senso, non temete. La crociata pro-pulizia assoluta del presidente Gentle, infatti, insieme allo sviluppo di un dannosissimo processo di produzione dell’energia (diciamo che l’idea di usare i rifiuti come combustibile ad alta efficienza va a farsi benedire e i rifiuti, sempre più tossici, aumentano invece di diminuire), finisce per devastare un’ampia zona di confine tra Canada e USA. La Concavità – così si chiama questo non-luogo – diventa una distesa fosforescente e inabitabile. La gente è costretta a fare fagotto e a scappare a gambe levate da questa spaventosa Concavità, che si trasforma in una gigantesca discarica. Per dire, nelle città ci sono delle CATAPULTE che sparano la spazzatura fin lassù. I costi ingentissimi per far funzionare tutta la baracca (e per traslocare quantità incredibili di persone dalla Concavità a zone meno letali, posti dove i fiumi sono blu cobalto ma ancora si tira il fiato) vengono coperti dall’amministrazione Onanita con un astuto stratagemma: gli anni non sono più anni coi numeri, ma diventano anni sponsorizzati. Un’azienda compra un determinato anno e lo battezza col suo nome o con il nome di un suo prodotto. Per farvi capire, ecco il calendario di Infinite Jest:

Non è fantastico?
L’anno più denso di avvenimenti, per la nostra storia, è quello del Pannolone per Adulti Depend, ma tenetevelo comunque lì, il calendario, che vi fa del bene quando vi sentite un po’ persi.
E non venitemi a dire che non siete già molto impressionati.

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E le persone, come la prendono? Mini-sociologia di Infinite Jest

Tornando alle storie geopolitiche di prima, è vero che c’è l’ONAN, ma non è che i canadesi siano proprio felicissimi della situazione, con tutta quella spazzatura che gli arriva in casa e annichilisce boschi e prospere fattorie di patate. I più arrabbiati e bellicosi sono gli abitanti del Quebec. E fra gli abitanti del Quebec, i più rancorosi e incazzati e vendicativi sono gli AFR – Assassins des Fateuils Rollents -, una cellula terroristica composta esclusivamente da assassini sulla sedia a rotelle che non solo combatte per l’indipendenza del Quebec (dall’ONAN e pure dal nativo Canada) ma ha anche una gran voglia di fare del male agli USA. Gli AFR sono così letali che l’espressione “udire un cigolio” (insomma, le ruote cigolano) è entrata nel linguaggio comune per indicare una morte imminente e cruenta.
Se invece vogliamo dare un occhio a tutti quanti gli altri, Infinite Jest è pieno zeppo di gente che beve, si droga, ruba borsette, picchia bambini, perde la dignità, guarda cartucce senza mai schiodarsi da casa e tenta con grande caparbietà di non deludere qualcuno. C’è solitudine e c’è un silenzioso andare alla deriva – prevalentemente dentro la propria testa e lontano dagli altri. Si può fare tutto, si può scegliere tutto quello che si vuole e si può disporre di una libertà sconfinata – all’apparenza – ma alla fine si cerca di scappare fortissimo. E le occasioni offerte dal mondo sono, anche qui, innumerevoli: vi farete una cultura sul funzionamento di ogni genere di stupefacente. Vi farete una cultura sull’offerta sterminata delle cartucce d’intrattenimento (l’era post-tv è intricata e avvincente). Cercherete di capire che cosa si può arrivare a sacrificare, in nome di queste felicità artificiali e solitarie, di questi bisogni onnipresenti che capottano il senso di quello che si fa. Che cos’è davvero il divertimento? E’ qualcosa che possiamo controllare? Come dare un senso alla propria vita, quando nulla di quello che ci circonda sembra avere un contenuto e un cuore?
Sono domande, gente.

Andrà tutto bene. Ve la caverete anche con le note con le dimostrazioni matematiche.

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Ma alla fin fine, di che parla?

Infinite Jest è fatto a capitolozzi, più o meno omogenei. Il libro funziona a macchina del tempo, come un puzzle cronologico che ci spiega da dove arriva quello che sta succedendo ai personaggi e ai loro pensieri. Conosceremo genitori, nonni, dottori, vicine di casa matte, e sarà sempre per il nostro bene. E parecchio succede anche nelle note, quindi leggetele, se non volete scoprire dopo 200 pagine che qualcuno a voi molto caro, magari, è vivo invece che stecchito come sospettavate o se vi preme capire come faccia un innocuo giovane canadese in camicia a quadri a finire su una sedia a rotelle assassina.
Comunque.
Direi che ci sono tre tramone, due corrispondono ad altrettanti luoghi e l’ultima è il filo conduttore di tutto quanto. Che faccio, uso l’elenco puntato?

  • l’Enfield Tennis Academy (ETA) di Boston > l’ETA è un’accademia per giovani tennisti di eccezionale talento. E all’ETA abitano/giocano/lavorano/si aggirano i superstiti della famiglia Incandenza, che l’ETA l’hanno anche fondata. Senza di loro, non ci sarebbe Infinite Jest, e i nostri pallonetti sarebbero molto peggiori. Il libro segue, mese per mese, quello che succede all’accademia, che a me – poi magari sbaglio – è sembrata un piccolo laboratorio, una specie di simulazione controllata, di quello che capita nel resto dell’universo di Infinite Jest.
  • la Ennet House di Boston > la Ennet è una casa di accoglienza per tossicodipendenti. Visto che tutti hanno problemi di Sostanze – così si chiamano, le Sostanze – e svariati gradi di dipendenza da qualcosa, i centri di recupero e le riunioni degli Alcolisti Anonimi sono qualcosa di normale e diffusissimo. I residenti della Ennet vi regaleranno un mosaico di storie incredibili, orrende e tragiche, storie che portano alle estreme conseguenze tutte le riflessioni sul “che diavolo vogliamo ancora? Perché non è mai abbastanza?” del mondo di Infinite Jest. Alla Ennet imparerete a conoscere meglio tutti quanti, anche quelli che non ci abitano.
  • l’Intrattenimento > è una cartuccia letale. E’ un film così ipnoticamente rasserenante e felice che se lo guardi non puoi più smettere. E’ l’ultimo desiderio che si avvera, per l’eternità. Chi lo guarda non riesce più staccarsi, chi lo vede dimentica di mangiare, dormire, andare in bagno e parlare. E’ così bello che uccide e spiaccica il cervello.
    Ad un certo punto, l’Intrattenimento comincia a circolare. C’è chi cerca di controllarne la letale meraviglia, c’è chi vuole usarlo come un’arma, c’è chi non ne sa niente ma lo vorrebbe vedere, c’è chi ci ha recitato ma non l’ha mai visto (e ha già i suoi bei problemi) e c’è chi, tipo voi che leggerete Infinite Jest, ci finirà davanti.

Fatevi un favore, mangiatevi un bel piatto di tortelli. Che con l’insalata vi mancano le energie. Questo libro richiede un sano e sostanzioso apporto calorico.

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Facciamo amicizia: chi c’è dentro a Infinite Jest

Tutti i personaggi servono a qualcosa. Nessuno sprizza felicità e nessuno sembra fiero del proprio passato. C’è chi è lì per raccontare una nevrosi, c’è chi – per puro egoismo e incontrollabile irrazionalità – funge da motore involontario per eventi giganteschi, c’è chi si porta sulle spalle aspettative irraggiungibili, senza volere niente per davvero. Partendo dal fatto che incontrerete solo figure di una complessità terrificante – direi che c’è gente vera che è meno complicata e interessante di questi umani inesistenti di Infinite Jest -, i personaggi più importanti sono anche quelli più “utili”, quelli che fanno succedere le cose e che vorreste tenere con voi. Avrete la certezza della sorte di moltissimi di loro ma, proprio quando si tratterà di capire che cosa succede ai più cari, ci sarà di che lambiccarsi.
Facciamo un minimo di presentazioni?
Il nucleo di strabiliante follia di Infinite Jest è la famiglia Incandenza.
Il papà, Lui In Persona, era un genio alcolizzato e un uomo inconoscibile, alto due metri e passa. Pioniere dell’ottica e astruso regista – quasi sempre – incompreso, Lui In Persona ha fondato l’ETA e ha creato l’Intrattenimento – insieme a una montagna di altre opere filmiche che potrete leggere con soddisfazione immensa in una nota più che esaustiva. Da vivo non lo incontrerete mai.
La madre, Avril – detta la Mami – è una donna altissima e stranamente magnetica di origini canadesi. Perseguitata da ogni fobia al mondo, la Mami è così ossessionata dall’ordine da riuscire a riordinare anche le sue fobie più paralizzanti. E’ cortese ed empatica fino all’esasperazione ma mai davvero capace di un autentico gesto di amore assoluto.
I figli di Lui In Persona e della Mami sono tre – anzi, due e mezzo… ma più per vere origini che per morfologia. Il maggiore è Orin, ex promessa del tennis che, in maniera del tutto accidentale, diventa il più grande punter di tutti i tempi. I punter sono quei giocatori di football che calciano la palla e basta. Orin ha un rapporto quantomeno ambiguo con la verità (e una ripugnante strategia per rimorchiare le donne, sua personale Dipendenza), ma per molte cose dovrete contare sulla sua parola.
Hal Incandenza è il secondo miglior giocatore under 18 dell’ETA – e tipo il sesto dell’ONAN -, ha una memoria fotografico/enciclopedica e un’intelligenza labirintica che non gli servono a niente. Quello che impara e quello che ottiene giocando a tennis non gli procurano alcuna vera gioia. Hal è il nostro “protagonista”, credo, un personaggio che si svuota pagina dopo pagina. Lui ve lo confermerà, che è fatto di niente, ma voi e tutti quelli che gli stanno attorno – pronti cogliere ogni sua prodezza – faticherete ad accettarlo. Perché Hal non vi vuole deludere e, nel farvi felici, fingerà di non capire che cosa vuole davvero. Sempre che ci sia, qualcosa da desiderare.
Mario, l’Incandenza di mezzo, è deforme e minuscolo. La sua passione è fare riprese con una camera speciale, vuole bene a tutti – ricambiato – ed è incapace di mentire. Innocente, sempre felice, è il figlio che ha passato più tempo con Lui In Persona, senza poterci capire niente ma portandogli un casino di borse piene di attrezzatura da cinema.
Altre due creature (tra le mille) che vale la pena conoscere sono Don Gately e Joelle.
Don Gately è un ex tossico grosso come un armadio a muro. La sua storia vi aprirà le porte degli AA di Boston e della Ennet House, dove lavora come sorvegliante, dopo aver completato il suo percorso di riabilitazione da residente. Diventerà un po’ il vostro eroe e la vostra speranza per un futuro migliore. Vi farà fare fatica e vi farà preoccupare.
Joelle, La Ragazza Più Bella di Tutti i Tempi, è un enigma. Joelle sarà uno dei motivi che vi farà girare pagina. E’ ancora bellissima? Perché va in giro con un velo sulla faccia? Perché lei e Orin si sono lasciati? E’ colpa sua, se l’Intrattenimento è così letale?

***

Tutto chiaro. Ma PERCHE’ dovrei leggere una roba del genere?

Per lo stupore.
Io non riesco ancora a credere che una persona vera abbia scritto questo libro. Gli incastri, l’immaginazione, il controllo, l’intelligenza nel trasformare la realtà in qualcosa di assurdo, ma plausibile. L’idea dell’Intrattenimento, la tristezza. Se mai nella vita siete stati tristi, capirete che cosa vi è successo per davvero. Se non vi è capitato, imparerete a rispettare le ombre.
Leggetelo per lo stupore. E perché non c’è niente di simile.
Leggetelo perché sarà il primo libro che vi farà stancare sul serio, e non perché è lungo, ma perché è un mistero che somiglia molto a quello che ancora non capite del mondo e di quello che dovreste farci voi, al mondo.
Non è facile. E non è sempre piacevole. Alla sesta pagina di una nota, vi verrà da gridare un legittimo “che palle!”, ma vi accorgerete che la frustrazione non dipende dal font corpo 4 della nota, ma dall’allegro desiderio di poter leggere più pezzi contemporaneamente.
Che nervoso.
Non so se si è capito.
Non so se vi ho INFUSO sufficiente curiosità.
Non so se ci sono riuscita, a tirarvi addosso qualche polpetta di Infinite-Meraviglia.
Comunque vada, però, e tenetemi informata sulle vostre decisioni e su come procede la lettura, insomma, comunque vada usate due segnalibri, che se no è un casino. E buona villeggiatura. E state alla larga dai neonati carnivori alti come palazzi che infestano la Concavità! E se avete problemi di scarafaggi, fatevi dare qualche buon consiglio da Orin, che almeno su quello è affidabile. E se qualcuno ha voglia di sfidare due gemelle siamesi in doppio, me lo faccia sapere, che porto a incordare la racchetta.

http://www.tegamini.it/2013/10/02/leggere-infinite-jest-non-e-troppo-difficile-se-sai-come-farlo/




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