l’Italia verso il 2014 : Auguri rossi!

Giornale, Numero 550 del 30 dicembre 2013

Ancora operai morti sul lavoro

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Giornale, Numero 550 del 30 dicembre 2013

Crisi, l’Italia è diventata un “cimitero” di fabbriche

 

Redazione di operai Contro,

Il quadro, nelle sue linee generali, è abbastanza chiaro: oltre 150 tavoli di crisi nazionali che però sono solo la punta dell’iceberg di una crisi dirompente.

La cassa integrazione sfiora le 990 milioni di ore nei primi undici mesi del 2013 e questo significa che almeno 520mila persone sono relegate a casa a zero ore e con stipendi da circa 800 euro (i lavoratori coinvolti, però, considerando le riduzioni parziali sono più di 1 milione).

Un salasso che la Cgil ha stimato in 3,8 miliardi l’anno.

Quei 500mila vanno aggiunti ai 3 milioni in cerca di occupazione registrati dall’Istata ottobre 2013. La situazione delle tante crisi aziendali, inoltre, crea una saldatura, non cercata, tra la condizione di precarietà di chi svolge solo lavori saltuari (i lavoratori a tempo determinato sono 2,3 milioni) e quella di chi garantito una volta da un lavoro a tempo indeterminato ora è minacciato dal licenziamento incombente.

Secondo la Cisl, i lavoratori a forte rischio occupazionale sono quasi 150 mila. E tendono a crescere. Questa precarietà è dimostrata da quanto avvenuto alla Firem di Modena, la scorsa estate, quando la famiglia Pedroni pensò bene di trasferirsi in Polonia e di portare via, notte tempo, macchinari e liquidazioni nel pieno delle ferie sperando di non farsi scoprire. Solo la pronta reazione dei lavoratori impedì il peggio.

Il rischio della chiusura aleggia sopra il mega-impianto di Piombino, dove la Lucchini sembra non avere speranze. Qualche sollievo è giunto nel frattempo alle Acciaierie ternane prontamente riequilibrato, a negativo, dalla crisi generalizzata dellaFiat, da quella dell’Ilva, dalla deindustrializzazione sarda, da quanto accade a Telecom, all’Alitaliae in altre aziende di primo piano. Anche una vertenza importante come l’Indesit, chiusasi con un accordo, propone una prospettiva di cassa integrazione per i prossimi anni e rimanda tutto al 2018. Senza contare le chiusure simbolo di Irisbus e Termini Imerese nel gruppo Fiat.

Siamo nel vivo della crisi più acuta che si ricordi dal 1929

I politici dei padroni continuano a rubare e a massacrare operai, lavoratori e pensionati

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Giornale, Numero 551 del 31 dicembre 2013

Opel verso la chiusura di due fabbriche in Europa.

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Giornale, Numero 550 del 30 dicembre 2013

Istat, nel 2013: l’assunzione ormai è un miraggio, la povertà una realtà

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Neonata morta a santo Stefano – Parla Gianluca Corigliano, 27enne, padre della piccola

“Aurora stava bene, nessuno ce la restituirà più”

di Stefania Moretti

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Viterbo – ”Chiediamo solo giustizia. Anche se nessuno ci restituirà la nostra bambina”.

Gianluca Corigliano parla col cuore spezzato. Fino a una settimana fa era pronto a ricevere il suo regalo di Natale più bello: la sua prima figlia Aurora. Ma né lui, né la moglie Nunzia Rito potranno più stringerla tra le braccia, perché la loro bimba non c’è più.

Aurora è morta la notte di santo Stefano. Tre giorni dopo essere venuta al mondo. Una piccola vita vissuta tra le quattro mura prima di Belcolle e poi del Gemelli. Senza conoscere neanche la luce del sole. 

Una morte che toglie il fiato. Alla giovanissima madre Nunzia, 26enne, che l’ha portata in grembo per trentotto settimane. E al padre Gianluca, di appena un anno più grande, che ha seguito la moglie passo passo in quella gravidanza serena.

Fino all’ultimo, nessuna traccia di rischi né ombre nere sulla salute della piccola.

“Aurora stava bene – dice Gianluca -. Ci hanno sempre detto che era una bambina sana, che non aveva problemi. Non ci spieghiamo come sia potuta nascere con le gravi insufficienze cardiache di cui ci hanno parlato”.

La moglie Nunzia arriva all’ospedale Belcolle di Viterbo alle 2 del mattino del 23 dicembre. Il travaglio comincia alle 17,30 del pomeriggio successivo. Dopo più di quattro ore, Aurora comincia a soffrire. E’ Gianluca ad accorgersi che i battiti della bimba scendono. Aurora nasce con l’aiuto di una ventosa, ma non piange. I genitori chiedono subito spiegazioni ai medici, che non sanno che dire. 

Intanto, comincia la corsa contro il tempo per salvare la piccola. Rianimazione. Iniezioni di adrenalina. Trasferimento in terapia intensiva. Il cuore di Aurora torna a battere regolarmente. Ma la neonata è ancora in pericolo: non respira da sola e Belcolle non è attrezzato per curarla. Da qui, la corsa al Gemelli la notte della vigilia di Natale. I medici dicono che Aurora deve superare le 72 ore successive. Ma la bimba non ce la fa: muore il 26 dicembre verso le 23.

I due giovanissimi genitori, calabresi, ma da anni residenti a Soriano, sporgono denuncia tramite i loro avvocati Stefano e Floriana Clementi. Nel registro degli indagati della procura finiscono i sei sanitari, quattro medici e due ostetriche, che hanno assistito Nunzia. Omicidio colposo, l’ipotesi di reato.

Ieri l’autopsia. Oggi l’ultimo giorno dell’anno. Domani l’inizio di quello nuovo. Senza Aurora. 

“So bene che nessuno mi ridarà la mia bambina – dichiara Gianluca -. Ma abbiamo il diritto di sapere. Non vogliamo un colpevole a tutti i costi, ma se dovesse risultare che qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi. Chiediamo solo giustizia, perché non succeda più a nessuno quello che è successo a noi”.

http://www.tusciaweb.eu/2013/12/aurora-stava-bene-nessuno-ce-la-restituira-piu/

Ipercoop, per salvare il posto i lavoratori rinunceranno ai diritti

Siglato in regione l’accordo per salvaguardare il lavoro dei dipendenti dell’Ipercoop Campania.
Il piano industriale prevede il ridimensionamento dell’Ipercoop di Afragola, ma il punto più importante riguarda il contratto di lavoro. Saranno ridiscussi buona parte dei contratti full-time che passeranno a part-time, i livelli di inquadramento saranno ridotti e sarà richiesta una rinuncia a tutti i dipendenti di Ipercoop Tirreno di importanti istituti contrattuali. Tutte condizioni che insieme all’attivazione della Cassa integrazione straordinaria dovrebbero assicurare il posto a tutti i dipendenti.
«Un grande risultato – commentano da Unicoop – raggiunto grazie all’importante mediazione dell’assessore regionale Severino Nappi. Un punto a cui non si sarebbe potuti arrivare senza la volontà di Coop Adriatica di assumersi sulle spalle il peso di una sfida tanto impegnativa».
«Vi si arriva – si spiega nella nota – dopo un percorso lungo e faticoso e dopo mesi di incessante lavoro, e in cui Unicoop Tirreno, che ha dovuto perseguire l’obiettivo del contenimento delle perdite, ha sempre tenuta salda la volontà di trovare una soluzione per salvaguardare i livelli occupazionali in un contesto, come quello della Gdo campana, caratterizzato dal sovraffollamento di insegne commerciali e da una crisi dei consumi che non dà nessun incoraggiante segno di ripresa».
«L’accordo di ieri – sottolinea ancora Unicoop Tirreno – ha al momento un valore politico e vede appunto l’entrata in scena di Coop Adriatica (la Cooperativa di consumo con sede a Bologna) e la costituzione di una Newco con Ipercoop Tirreno nella quale confluirà immediatamente l’Ipercoop di Afragola tramite affitto di ramo d’azienda».
«Un passo in avanti importante ma non definitivo. I tempi infatti sono strettissimi: 7 gennaio 2014. L’accordo prevede la stipulazione di un accordo redatto in sede sindacale con accettazione individuale delle nuove condizioni. E’ solo alla conclusione positiva di questo percorso che la costituzione della Newco e la salvaguardia dei posti di lavoro potrà dirsi raggiunta».
«Una buona notizia. Un risultato che premia il lavoro messo in campo dalle istituzioni, con il fondamentale sostegno delle forze sindacali, per tutelare i lavoratori e le loro famiglie» è stato il commento del Governatore della Campania Stefano Caldoro.

(venerdì 27 dicembre 2013 alle 17.56)

http://www.ilciriaco.it/lavoro/news/?news=37915

Quel dolore dignitoso, la lezione delle famiglie Maiello e Argenio

Ci sono perdite che inevitabilmente nel periodo del Natale scavano mente e cuore più degli altri giorni. E’ quel periodo in cui tutte le gioie passate, i ricordi, le abitudini ritornano prepotentemente alla luce, giorno e notte. Per chi ha perso un marito, un figlio, un padre, sono i giorni peggiori. Il Natale, al netto di shopping e buonismo scontato, è la festa della famiglia per antonomasia, chi attorno ad una tavola ricca chi intorno ad una cena ‘leggera’, ci si riunisce tutti perché l’importante è ritrovarsi nei sorrisi di chi si ama e lasciare fuori dalla porta problemi e nevrosi della quotidianità. Sono tante le famiglie irpine per le quali questo non è stato un bel Natale, tra tutte due in particolare hanno dato una lezione di dignità senza precedenti a tutta la comunità. Parliamo della famiglia Maiello e della famiglia Argenio.
Per loro il dramma nel dramma, hanno perso rispettivamente Luigi e Franco morti di lavoro, nella solitudine più totale di una comunità troppo distratta, troppo presa dall’individualismo che non ti fa vedere, non ti fa sentire, forse non ti fa neanche capire. Luigi Maiello ha lasciato la moglie e le sue due bellissime figlie nel giorno di San Valentino dopo aver lottato per anni una battaglia impari contro quel mesotelioma pleurico che lo ha costretto a vivere attaccato ad una bombola d’ossigeno, su un divano al piano ammezzato della sua casa di Ospedaletto. Luigi non poteva più raggiungere la sua stanza da letto, quelle scale per salire al primo piano, per un ex operaio Isochimica costretto a respirare crocidolite senza alcuna protezione, erano diventate un ostacolo insormontabile. Al suo fianco fino all’ultimo l’amata moglie Antonietta. Una signora minuta, un viso piccolo ma segnato da un dolore immenso. La dignità con cui Antonietta ha affrontato la sua perdita non può essere descritta con le parole. Sin dalle ore immediatamente successive alla scomparsa Antonietta, pur non riuscendo a trattenere le umane lacrime, ha chiesto una sola cosa: giustizia, per Luigi e per tutti gli altri 333 ex scoibentatori della fabbrica dei veleni, per gli altri otto colleghi che la battaglia per la vita l’avevano già persa. Ed ha continuato a chiedere giustizia anche dopo, quando le vittime dell’Isochimica sono diventate dieci e i malati oltre cento. Antonietta ha tramutato il dolore individuale in quell’impegno sociale, al fianco degli ex operai Isochimica, che rompe il muro del silenzio, dell’indifferenza e dell’immobilismo che da tre decenni caratterizza l’epopea della fabbrica di amianto.
Così come, con il suo gesto estremo, il silenzio lo ha rotto nel modo più tragico e dirompente Franco Argenio. Lui Operaio Forestale da oltre 17 mesi senza stipendio come tutti i suoi colleghi, non ce l’ha fatta più e il 14 novembre scorso ha deciso di farla finita. A 53 anni Franco non ha retto all’idea dell’ennesimo Natale a denti stretti e si è lanciato in un pozzo a poche centinaia di metri dalla sua abitazione di Contrada Cellara ad Aiello del Sabato. E’ morto di lavoro Franco Argenio, lasciando la moglie e due figli, proprio loro che già una volta lo avevano salvato in tempo dall’estremo gesto. La famiglia Argenio aveva chiesto a tutti, compresi i colleghi di Franco, un ultimo saluto rispettoso per l’operaio forestale, senza proteste né polemiche. Non serbiamo rancore per nessuno, speriamo soltanto che la morte di Franco serva ad aiutare gli altri, avevano detto la moglie Sebastiana, i figli Michele e Vincenzo, il fratello Gerardo. Poi le promesse di un impegno a risolvere un’altra vertenza che assume sempre più i contorni dell’infinità, le nuove proteste, gli accordi non mantenuti. E quella famiglia che con la stessa dignità con cui ha pianto il suo Franco oggi fa sapere di non aver ricevuto nulla per una serie di problemi burocratici.
Luigi e Franco sono morti di lavoro in una comunità che ha perso ogni senso di socialità e di solidarietà, lascia i più deboli da soli a combattere contro i mulini al vento, pronta anche a piangerli e ad indignarsi con le loro famiglie ma solo per poche ore, poi tutto scorre, tutto si accantona. Perché prestare il fianco alla signora Antonietta piuttosto che alla signora Sebastiana, alle loro dignitose richieste di giustizia sociale e non individuale, richiederebbe un coraggio di cui una comunità liquida quale è diventata l’Irpinia, non è più capace.

Rossella Fierro

(sabato 28 dicembre 2013 alle 17.51)

http://www.ilciriaco.it/lavoro/news/?news=37936

La società borghese è incertezza dell’esistenza, angoscia sociale, la solitudine più profonda ; Che senso ha? -Che fare?

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