Video-poker e patologie a tutto vantaggio delle tasche borghesi da leftcom

 Video-poker e patologie a tutto vantaggio delle tasche borghesi

In una società fondata sulla miseria, i prodotti piu miserabili hanno la fatale prerogativa di servire all’uso della maggioranza.

K. Marx

Il gioco d’azzardo è un fenomeno in continuo aumento, i tavoli da gioco virtuali offrono complessivamente dodicimila tornei ogni 24 ore, seicentomila euro al giorno spesi complessivamente dai giocatori italiani solo nei siti nazionali. Secondo l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato il mercato del gioco digitale ha toccato già nel 2009 un volume di affari pari a 3,8 miliardi di euro con un incremento annuo del 150%. Secondo molte statistiche nell’ultimo anno i guadagni delle aziende che si occupano di giochi online è infatti aumentato del 40% rispetto agli introiti che si registravano prima del 2008.

Diverse le “soluzioni” al problema che vengono messe in campo dal penoso interesse borghese, possiamo dire che coesistono una visione radicalmente proibizionista che riguarda soprattutto l’area cattolica e una posizione favorevole alla regolamentazione, eterogenea in quanto sostenuta di volta in volta sia da destra che da sinistra; si deve infatti a Bersani il decreto che nel 2006 liberalizza il gioco d’azzardo. Queste due posizioni, in apparente contrasto, celano di fatto i rapporti sociali entro i quali prende forma questo particolare tipo di appropriazione borghese.

L’opposizione ecclesiastica proibizionista vede nel degrado prodotto dal fenomeno del “gioco” d’azzardo una variante diabolica della natura umana e contemporaneamente lo spazio in cui propinare ideologici sermoni edificatori, considera però insuperabile (perché legato alla natura umana) il problema… le imprese di settore ringraziano.

La liberalizzazione invece viene proposta in antitesi al proibizionismo nel tentativo di scongiurare la formazione di un mercato sommerso in mano alla criminalità organizzata mafiosa. C’è da dire che spesso chi riceve in concessione la gestione delle attività del gioco d’azzardo è legato – più o meno direttamente–allo stesso capitale mafioso. La “criminalità organizzata” riesce in questo modo a gestire “legalmente” quelle attività che prima controllava “illegalmente”. Il risultato “liberale” vede, per esempio, la maggiore tra le concessioni pubbliche di slot machine destinata alla Bplus dell’ex latitante Francesco Corallo, pesantemente gravata da sospetti d’infiltrazione mafiosa; oltre alle numerose inchieste aperte su varie altre imprese del settore.

Dati allarmanti che lasciano del tutto indifferenti i morigerati legislatori sull’uso “responsabile” del gioco d’azzardo, mentre ad ogni angolo di strada nascono sale gioco ed in un numero impressionante di bar vengono installate le famigerate macchinette video-poker. Si crea in questo modo una nuova branca di mercato che si alimenta del sogno piccolo borghese formato davanti alle luccicanti vetrine del centro o – peggio ancora – della disperazione di tanti proletari che si illudono di poter risolvere i loro problemi tentando la fortuna. Così chi si ritrova coinvolto:

Spesso si vedono come quali filantropi e persone di fascino. Possono sognare di regalare alla famiglia ed agli amici macchine nuove, pellicce ed altri articoli di lusso. I giocatori compulsivi si vedono avere una vita felice, permessa dalle grosse somme che possono rastrellare dai loro ‘sistemi’.

fonte Associazione Giocatori Anonimi AGA

Si tratta del modo di essere del capitalismo, con tutto il corollario di fenomeni e subdoli personaggi che ruotano attorno a questo tipo di “imprese”. Difatti l’appropriazione (privata) del profitto generato attraverso lo sfruttamento della classe operaia non rappresenta altro che il furto borghese su cui e’ basato l’intero sistema. L’operaio producendo molto più di quanto consumi “regala” un’eccedenza che permette al borghese di arricchirsi, garantendo all’operaio nulla più di un salario da fame che lo renda succube e “dipendente”. E’ la condanna sociale della classe operaia allo sfruttamento. Il lavoro viene attribuito esclusivamente tramite mandato borghese a cui vengono subordinate le idee e gli stereotipi di riferimento per la conservazione dei rapporti di produzione capitalistici.

Il furto è perciò congenito al modo di produrre capitalistico, non può quindi essere eliminato né indicato come una distorsione e i modi in cui si applica sono strettamente legati al corso della crisi: sfacciati e senza remore appaiono nella fase di contrazione economica – appunto come il caso del gioco d’azzardo – bonari e accomodanti durante l’espansione. L’ “onestà” e la “buona volontà” sono un falso slogan a cui rifarsi, slogan che può essere sindacale-stalinista o delle varie sinistre riformiste, comunque adatto al mantenimento della divisione in classi della società.

Gli stereotipi del gruppo dominante borghese trasmettono modelli di consumo che in una situazione di crisi economica radicalizzata degenerano fino a risultare completamente assurdi, naturalmente lo Stato (mediatore dei rapporti di classe) li promuove in aperto conflitto con la classe operaia e a tutto beneficio della borghesia che incassa e ringrazia.

Uno Stato che si oppone alla maggioranza dei suoi “cittadini” (il proletariato) e che è, quindi, espressione della divisione in classi della società. Questo è lo Stato borghese, dipinto dall’ideologia dominante come una forma super partes di governo ma che in realtà costituisce il rappresentante dell’interesse della classe dominante che sfrutta la produzione sociale e gli corrisponde l’appropriazione privata, imponendo canoni di sviluppo e di consumo che tengono conto esclusivamente delle logiche di profitto.

GK
Domenica, December 15, 2013

http://www.leftcom.org/it/articles/2013-12-15/video-poker-e-patologie-a-tutto-vantaggio-delle-tasche-borghesi

Miseria della filosofia – Das Elend der Philosophie, 1847 …

Certo, il linguaggio di Ricardo è quanto mai cinico. Mettere sullo stesso piano le spese per la fabbricazione dei cappelli e le spese di mantenimento dell’uomo significa trasformare l’uomo in cappello. Ma non gridiamo troppo al cinismo. Il cinismo è nei fatti e non nelle parole che esprimono i fatti. Scrittori francesi come i signori Droz, Blanqui, Rossi [5] e altri si concedono l’innocente soddisfazione di dimostrare la loro superiorità sugli economisti inglesi, cercando di rispettare l’etichetta di un linguaggio “umanitario”; se essi rimproverano a Ricardo e alla sua scuola un linguaggio cinico è perché non sopportano di vedere esposti i rapporti economici in tutta la loro crudezza, di vedere svelati i misteri della borghesia.

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