Campi di concentramento in Italia – HANNO “INFOIBATO” LA STORIA

Campi di concentramento in Italia

I campi di concentramento, in cui detenere i soldati nemici e quelle categorie di persone ritenute lesive per la vita nazionale in periodi soprattutto bellici, non sono un’invenzione della Germania nazista ma sono già presenti durante la Grande guerra e, talvolta, già nelle guerre dell’Ottocento europeo.
Stati come la Germania, l’URSS e anche l’Italia nel corso del secondo conflitto mondiale spesso utilizzarono località e strutture già esistenti sia sul proprio suolo che nei territori occupati.
Solitamente i campi venivano situati in edifici abbandonati – dunque per lo più in pessime condizioni -, lontani dai centri abitati e dalle vie di comunicazione, esigenze che spesso coincidevano con località dal clima rigido e/o insalubre, a cui vanno sommate le condizioni di prigionia: malnutrizione, ritmi lavorativi disumani, sovraffollamento, totale mancanza di igiene, continue vessazioni fisiche e psicologiche verso i detenuti.

La storia concentrazionaria fascista può essere sostanzialmente suddivisa in due periodi, quello del conflitto mondiale (1940-1943) e quello successivo all’Armistizio e all’occupazione nazifascista del nord della penisola (1943-1945).
Il  4 settembre 1940 Mussolini firmò un decreto legge grazie al quale vennero istituiti i primi campi di prigionia per gli antifascisti (molti tuttavia già al confino o in esilio), per i cittadini di ‘razza ebraica’, per gli stranieri presenti sul suolo italiano provenienti da paesi nemici o catturati nelle campagne militari – come gli sloveni e i croati dopo l’occupazione italiana della Jugoslavia nel ‘41-  e minoranze quali gli ‘zingari’ e gli omosessuali.
Le prefetture iniziarono tuttavia già nel 1929 a compilare schedari con i nominativi dei sospetti da arrestare “in caso di guerra”, al cui fermo si diede corso negli anni successivi, elenchi che nel 1938 si arricchirono grazie al “Censimento degli ebrei stranieri”.

Non si hanno ancora cifre definitive in merito al numero effettivo dei campi di concentramento italiani nel periodo 1940/1945 – a cui vanno sommati i luoghi di confino quali ad esempio  Ventotene -. Evidente è comunque la presenza capillare sul territorio.  In ogni regione italiana infatti vi era almeno un campo.

Nell’Italia meridionale i campi di concentramento vennero chiusi in parallelo con l’avanzata delle truppe alleate nel corso del 1943 e 1944, talvolta però le strutture vennero riutilizzate per la detenzione dei prigionieri fatti dall’esercito liberatore.
Al centro-nord invece la costituzione della Repubblica Sociale Italiana e la conseguente occupazione tedesca favorirono il sistema concentrazionario e la successiva deportazione dei detenuti nei campi di sterminio nazisti.
I cosiddetti campi di smistamento in Italia, anticamera dei lager europei, erano quattro: Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Fossoli (Modena), Grosseto e Bolzano-Gries.
Dopo l’occupazione nazista della Venezia Giulia nel 1943, che divenne territorio del Reich, venne creato a Trieste l’unico campo di sterminio italiano, nella Risiera di San Sabba.

http://www.anpi.it/campi-di-concentramento-italiani/

HANNO “INFOIBATO” LA STORIA

http://www.controappuntoblog.org/2012/02/10/hanno-infoibato-la-storia/


 

Se Auschwitz è nulla : Contro il negazionismo- Robert Faurisson, portrait d’un négationniste, de Valérie Igounet e alcuni video

http://www.controappuntoblog.org/2013/01/25/se-auschwitz-e-nulla-contro-il-negazionismo-robert-faurisson-portrait-d%E2%80%99un-negationniste-de-valerie-igounet-e-alcuni-video/

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