ADONIS

ADONIS: ORIENTE E OCCIDENTE

By La poesia che serve

Una cosa si era distesa nel cunicolo della storia
una cosa adorna, esplosiva
che trasporta il proprio figlio di nafta avvelenato
al quale il mercante avvelenato intona una canzone
esisteva un Oriente simile a un bambino che implora,
chiede aiuto
e l’Occidente era il suo infallibile signore.

Questa mappa è mutata
l’universo è un fuoco
l’Oriente e l’Occidente sono una tomba
sola
raccolta dalle sue ceneri.

Adonis è lo pseudonimo di Ali Ahmad Sa’id Isbir, poeta e scrittore libanese di origine siriana.
La sua è una poesia fortemente indirizzata alla politica e alle tematiche sociali, viene seguita principalmente dai giovani ed è caratterizzata da luoghi quali Marrakech, Fez e il Cairo, che diventano simboli dei sentimenti provati da Adonis.

Siria, fatwa contro il poeta Adonis

non favorisce gli islamisti

5 giugno 2012

Poeta siriano-libanese, critico letterario, traduttore e redattore, una figura di grande influenza nella poesia e letteratura araba contemporanea. Nel suo lavoro Adonis fonde una profonda conoscenza della poesia classica araba ed espressione rivoluzionaria, moderna. Come gran parte di scrittori mediorentali, Adonis ha esplorato il dolore dell’esilio – “Scrivo in una lingua che mi esilia,” ha detto.

“Essere un poeta significa che ho già scritto ma che in realtà non ho scritto nulla. La poesia è un atto senza principio né fine. In realtà si tratta di una promessa di un inizio, un eterno inizio. (da Preface 1992)

Adonis nato ‘Ali Ahmad Sa’id ad Al Qassabin, presso la città di Latakia, in Siria. Suo padre era un contadino ed imam; morì nel 1952. Il maestro del villaggio gli insegnò a leggere e scrivere ma non frequentò la scuola, o vide un’automobile o sentito una radio fino all’età di dodici anni. Da suo padre, una figura che influenzò molto la sua vita, ricevette un’educazione tradizionale islamica. Nel 1944 Adonis entrò al French Lycée a Tartus, e si diplomò nel 1950. In quello stesso anno pubblicò la sua prima raccolta di versi, Dalila. Adonis studiò legge e filosofia all’Università Siriana di Damasco, e prestò servizio nell’esercito per due anni. Perseguitato per le sue idee politiche, Adonis trascorse parte del servizio militare in prigione. Dopo aver lasciato il suo paese natio nel 1956, Adonis si stabilì insieme alla moglie, il critico letterario Khalida Sa’id, in Libano, diventando cittadino libanese.
Insieme all’amico, Yusuf Al-Khal (1917-1987), fondò la rivista di poesia Shi’ir, che introdusse ideee moderniste nella poesia araba. Il primo numero fu vietato in numerosi paesi arabi. Quando cominciò a diffondersi la voce che Shi’r era infiltrata da elementi nazionalisti siriani, la rivista fu temporaneamente sospesa. Il gruppo intorno alla rivista si sciolse. Adonis ruppe il suo legame con Al-Khal, che avviò la rivista con un’altra redazione.

Aghani Mihyar al-Dimashqi (1961) è stata la prima opera importante di Adonis, in cui i riferimenti al passato diventano veicolo per concetti rivoluzionari. Nel 1964 Adonis curò una importante antologia della poesia araba, Diwan ash-shiar al-arabi. Con un’avanguardia di scrittori arabi nel 1968 diede vita a Mawakif, un periodico che come Shi’ir sosteneva il rinnovamento delle convenzioni letterarie arabe, ma in modo più radicale.

Adonis adottò il suo pseudonimo agli inizi della sua carriera, definendo nel nome l’idea di rinnovamento spirituale. Adonis, nella mitologia greca, è un bel giovane, amante di Afrodite; la sua storia include anche il tema della risurrezione.
La prima raccolta di versi in inglese, The Blood of Adonis, fu pubblicata nel 1971. L’edizione fu rispampata con tre nuove poesie con il titolo “Transformations of the Lover” (1982). Intellettuale musulmano e scrittore di fama mondiale, Adonis ha costruito ponti fra le influenze occidentali e tradizione araba, greca e biblica. “L’occidente è un altro nome dell’oriente” ha scritto una volta.
Il materialismo occidentale, che egli rifiuta, è l’argomento di ‘A Grave for New York’. La poesia scritta dopo un suo soggiorno nella città. Adonis si rivolge a Walt Whitman, che diventa sua guida come Virgilio fu guida di Dante attraverso l’Inferno.
Molti anni dopo, nel 1998 Adonis confessò di sentirsi “più vicino a Nietzsche e Heidegger, a Rimbaud e Baudelaire, a Goethe e Rilke, che a molti scrittori, poeti ed intellettuali arabi.”
Nel 1970 Adonis fu nominato professore di letteratura araba all’Università Libanese. Tre anni dopo Adonis ottenne un dottorato dalla St Joseph University di Beirut. L’argomento della sua tesi fu “Permanenza e Cambiamento nel pensiero e letteratira arabi.” Nel 1975 in Libano scoppiò la guerra civile e negli anni ’80 ci fu una escalation – l’esercito israeliano entrò a Beirut e i siriani si trovarono in trincea. In questo periodo Adonis trascorse la maggior parte del tempo a Beirut. Nel 1980-81 fu docente in visita all’università Censier Paris III. Adonis ha insegnato anche al Collège de France, alla Georgetown University, e all’Università di Genova. Dopo aver lasciato lUniversità Libanese, nel 1986 Adonis si trasferì a Parigi. Nel 2001, Adonis fu insignito del Goethe Medal del Goethe-Gesellschaft. Il suo nome è stato spesso citato fra i candidati al Premio Nobel.

Benché Adonis abbia esaminato criticamente i problemi del Medio Oriente, come poeta è stato più interessato alla sperimentazione, linguaggio e a liberare la poesia dal formalismo tradizionale, che a commentare temi socio politici contemporanei. Secondo Adonis, il poeta arabo ha due facciate, l’Io e l’Altro, la persona Occidentale. L’esilio non è solo la definizione basilare dell’essere del poeta arabo; la lingua stessa è nata in esilio. Il poeta vive tra due esilii, quello interno e quello esterno. E ci sono “anche molte altre forme di esilio: censura, interdizione, espulsione, prigione ed assassinio.” Le idee di Adonis sulla stagnazione della cultura e letteratura arabe hanno suscitato molte controversie. Adonis ha risposto: “nulla mi rischiara come questa oscurità / O forse era: nulla mi oscura come questa chiarezza”.
Dopo il bombardamento di Kana durante la guerra del LIbano del 2006, Adonis ha detto in una intervista che “Israele vede il mondo arabo solo con gli occhi del metallo incandescente, rabbioso, il metallo dei carri armati, dei proiettili o dei terroristi.”

“Vengo da una terra in cui la poesia è come un albero che veglia sull’uomo e in cui il poeta è uno che comprende il ritmo del mondo”.

http://www.casadellapoesia.org/poeti/adonis/biografi

Beirut. La non-città


raccolta dalle sue ceneri. Adonis, saggista e poeta libanese di origine siriana, ha una conoscenza esasperata delle metropoli, e non solo quelle arabe. Egli ha individuato nella forma “città”, ed estensivamente nello spazio, l’elemento fisico attraverso cui dare corpo a una riflessione sulla nostra contemporaneità. Il tempo della sua poesia è fatto di ferite inferte a geografie e città che la violenza dei processi decompone e cancella. E tuttavia la ricerca di Adonis è interessata all’elemento metamorfico della realtà, al piacere e alla invenzione intellettuale che si potrebbe legare ad alcuni luoghi. Che ha a che fare Beirut con tutto ciò? Beirut è il centro del “discorso sulla città” di Adonis perché si presenta come simbolo non soltanto dei paesi arabi, ma anche di molte altre aree geo-culturali del mondo a cui, come hanno dimostrato in questi anni molte guerre, “si può rinunciare”. La non-città dei saggi qui raccolti è proprio la Beirut dei suoi abitanti. Ed è una città di cui il poeta parla con rabbia. Parla di quartieri concreti, di vie, di scelte urbanistiche e delle speculazioni degli ultimi decenni, del legame tra l’enorme espansione delle periferie e le distruzioni della guerra. Beirut non è però qui solo una città qualsiasi, ma la città per eccellenza. E attraverso di lei il poeta sembra domandare: che senso hanno per noi oggi le nostre città e i nostri territori, in qualsiasi parte del mondo essi siano

http://books.google.it/books/about/Beirut_La_non_citt%C3%A0.html?id=MbUeHwAACAAJ&redir_esc=y

http://pad.ma/XF/info


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