l’annullamento del debito nell’antichità (Eric Toussaint) – Debt Cancellation in Mesopotamia and Egypt from 3000 to 1000 BC

Contro la storia scritta dai vincitori: l’annullamento del debito nell’antichità (Eric Toussaint)

Venerdì 31 Agosto 2012 14:13

È fondamentale attraversare la cortina fumogena della storia raccontata dai creditori e ristabilire la verità storica. Annullamenti generalizzati del debito hanno avuto luogo ripetutamente nella storia.

Eric Toussaint (1)

Rebelión

Hammurabi, re di Babilonia, e gli annullamenti del debito

Il Codice di Hammurabi [nella foto un particolare] si trova nel Museo del Louvre di Parigi. In realtà il termine “codice” è inappropriato, perché Hammurabi ci ha tramandato piuttosto un insieme di regole e di giudizi sulle relazioni tra i poteri pubblici e i cittadini. Il regno di Hammurabi, “re” di Babilonia (situata nell’attuale Iraq), iniziò nel 1792 avanti Cristo e durò 42 anni. Quello che la maggior parte dei manuali di storia non dice è che Hammurabi, come altri governanti delle città-Stato della Mesopotamia, proclamò in varie occasioni un annullamento generale dei debiti dei cittadini con i poteri pubblici, i loro alti funzionari e dignitari. Quello che  stato chiamato il Codice di Hammurabi fu scritto probabilmente nel 1762 avanti Cristo. Il suo epilogo proclamava che “il potente non può opprimere il debole, la giustizia deve proteggere la vedova e l’orfano (…) al fine di rendere giustizia agli oppressi”. Grazie alla decifrazione dei numerosi documenti scritti in caratteri cuneiformi, gli storici hanno trovato la traccia incontestabile di quattro annullamenti generali del debito durante il regno di Hammurabi (nel 1792, 1780, 1771 e 1762 A. C.).

All’epoca di Hammurabi, la vita economica, sociale e politica si organizzava intorno al tempio e al palazzo. Queste due istituzioni, molto legate, costituivano l’apparato dello Stato, l’equivalente dei nostri poteri pubblici di oggi, nei quali lavoravano numerosi artigiani e operai, senza dimenticare gli scriba. Tutti erano  alloggiati e nutriti dal tempio e dal palazzo. Ricevevano razioni di cibo che gli garantivano due pasti completi al giorno. I lavoratori e i dignitari del palazzo erano nutriti grazie all’attività di una classe contadina a cui i poteri pubblici fornivano (affittavano) le terre, gli strumenti di lavoro, gli animali da tiro, il bestiame, acqua per l’irrigazione. I contadini producevano in particolare orzo (il cereale di base), olio, frutta e legumi. Dopo il raccolto, i contadini dovevano consegnare una parte di questo allo Stato come quota per l’affitto. In caso di cattivi raccolti, accumulavano debiti. Oltre al lavoro nelle terre del tempio e del palazzo, i contadini  erano proprietari delle loro terre, della loro casa, delle loro greggi e degli strumenti da lavoro. Un’altra fonte di debiti dei contadini era costituita dai prestiti concessi a titolo privato da alti funzionari e dignitari al fine di arricchirsi e di appropriarsi dei beni dei contadini in caso di mancato pagamento di questi debiti. L’impossibilità nella quale si trovavano i contadini di pagare il debito poteva portare anche alla loro riduzione in schiavitù (anche membri della loro famiglia potevano essere ridotti in schiavitù per debiti). Al fine di garantire la pace sociale, in particolare evitando un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, il potere annullava periodicamente tutti i debiti [2] e ripristinava i diritti dei contadini.

Gli annullamenti generali del debito si sono susseguiti in Mesopotamia per 1000 anni

Le proclamazioni di annullamenti generali dei debiti non si limitarono al regno di Hammurabi: cominciarono prima di lui e si prolungarono dopo di lui. C’è la prova di annullamenti del debito che risalgono all’anno 2400 A. C., cioè sei secoli prima del regno di Hammurabi, nella città di Lagash (Sumer), i più recenti risalgono al 1400 A. C., a Nuzi. In totale, gli storici hanno identificato con precisione una trentina di annullamenti generali del debito in Mesopotamia tra il 2400 e il 1400 A. C.. Si può concordare con Michael Hudson [3] quando afferma che gli annullamenti generali del debito costituiscono una delle caratteristiche principali delle società dell’Età del Bronzo in Mesopotamia. Si trovano d’altronde nelle diverse lingue mesopotamiche espressioni che designano questi annullamenti per cancellare il debito e riportare i conti a zero: amargi a Lagash (Sumer), nig-sisa a Ur, andurarum ad Ashur, misharum a Babilonia, shudutu a Nuzi.

Queste proclamazioni di annullamento del debito erano occasione di grandi festeggiamenti, generalmente nella festa annuale della primavera. Sotto la dinastia della famigia di Hammurabi fu instaurata la tradizione di distruggere le tavolette sulle quali erano scritti i debiti. In effetti, i poteri pubblici avevano una contabilità precisa dei debiti su tavolette che erano conservate nel tempio. Hammurabi muore nel 1749 A. C., dopo 42 anni di regno. Il suo successore, Samsuiluna, annulla tutti i debiti con lo Stato e decreta la distruzione di tutte le tavolette dei debiti salvo quelle che si riferiscono a debiti commerciali.

Quando Ammisaduqa, l’ultimo governante della dinastia Hammurabi, accede al trono nel 1646 A. C., l’ annullamento generale dei debiti che proclama è molto dettagliato. Si tratta manifestamente di evitare che certi creditori si approfittino di alcune carenze. Il decreto di annullamento precisa che i creditori ufficiali e gli esattori di imposte che hanno espulso contadini debbano indennizzarli e restituire i loro beni pena la morte. Se un creditore ha accaparrato un bene facendo pressioni, deve restituirlo e/o pagarlo per intero, se non lo fa è condannato a morte.

In conseguenza di questo decreto, furono create commissioni al fine di controllare tutti i contratti  immobiliari ed eliminare quelli che rientravano nella proclamazione di annullamento del debito e di ripristino della situazione precedente, statu quo ante. La messa in pratica di questo decreto era facilitato dal fatto che, in generale, i contadini spossessati dai creditori continuavano a lavorare nelle loro terre anche se queste erano diventate proprietà del creditore. A partire da qui, annullando i contratti e obbligando i creditori a indennizzare le vittime, i poteri pubblici ripristinavano i diritti dei contadini. La situazione peggiorerà un po’ due secoli dopo.

I limiti degli atti di annullamento dei debiti

In Mesopotamia, durante l’Età del Bronzo, gli schiavi per debiti erano liberati, ma non gli altri tipi di schiavi (in particolare quelli che erano prigionieri di guerra).

Gli atti di annullamento del debito non devono essere presentati come decisioni che promuovessero l’emancipazione sociale, si trattava di restaurare l’ordine precedente, che comprendeva diverse forme di oppressione. Tuttavia senza esaltare l’organizzazione di queste società di 3000 o 4000 anni fa, bisogna sottolineare che i governanti tentavano di mantenere una coesione sociale evitando la costituzione di grandi proprietà private, prendendo provvedimenti perché i contadini mantenessero accesso diretto alla terra, limitando l’aumento delle disuguaglianze, vigilando sulla manutenzione e lo sviluppo dei sistemi di irrigazione. Michael Hudson sottolinea, da parte sua, che la decisione di dichiarare guerra spettava all’assemblea generale dei cittadini e che il “re” non aveva il potere di prenderla.

Sembra che, nella cosmovisione dei mesopotamici dell’età del bronzo, non ci fosse stata una creazione  originaria da parte di un dio. Il governante (ruler), di fronte al caos, riorganizzò il mondo per ristabilire l’ordine normale e la giustizia.

Dopo il 1400 A. C., non si è trovato nessun atto di annullamento del debito. Le disuguaglianze si rafforzarono e svilupparono fortemente. Le terre furono accaparrate dai grandi proprietari privati, la schiavitù per debiti si radicò. Una parte importante della popolazione emigrò verso il nordest, verso Canaan con incursioni verso l’Egitto (i faraoni si lamentavano di questo).

Nel corso dei secoli che seguirono, considerati dagli storici della Mesopotamia come tempi bui, (Dark Ages) -a causa della riduzione delle tracce scritte-, si hanno tuttavia prove di lotte sociali violente tra creditori e indebitati.

Egitto: la stele di Rosetta conferma la tradizione degli annullamenti del debito

La stele di Rosetta della quale si appropriarono membri dell’esercito napoleonico nel 1799 durante la campagn d’Egitto fu decifrata nel 1822 da Jean-François Champollion. Si trova oggi nel British Museum di Londra. Il lavoro di traduzione fu facilitato dal fatto che la pietra presenta lo stesso testo in tre lingue: l’ egizio antico, l’egizio popolare e il greco dei tempi di Alessandro Magno. Il contenuto della stele di Rosetta conferma la tradizione dell’annullamento dei debiti che fu instaurata nell’Egitto dei faraoni a partire dall’VIII secolo avanti Cristo, prima della sua conquista da parte di Alessandro Magno nel IV secolo A. C.. Vi si legge che il faraone Tolomeo V, nel 196 avanti Cristo, annullò i debiti verso il trono del popolo dell’Egitto e oltre.

Anche se la società egizia dell’epoca dei faraoni era molto diversa dalla società mesopotamica dell’Età del Bronzo, si trova traccia evidente di una tradizione di proclamazioni di amnistia che precede gli annullamenti  generali del debito. Ramsete IV (1153-1146 A. C.) proclamò che chi era fuggito poteva rientrare nel Paese. Chi era in carcere veniva liberato. Suo padre Ramsete III (1184-1153 A. C.) fece la stessa cosa. Bisogna segnalare che nel 2º millennio sembra che non ci fosse schiavitù per debiti in Egitto. Gli schiavi erano prigionieri di guerra. Le proclamazioni di Ramsete III e IV riguardavano l’annullamento dei ritardi nel pagamento di imposte dovute al faraone, la liberazione dei prigionieri politici, la possibilità per le persone condannate all’esilio di tornare.

Solo a partire dall’VIII secolo avanti Cristo si trovano in Egitto proclamazioni di annullamento dei debiti e di liberazione degli schiavi per debiti. È il caso del regno del faraone Bocchoris (717-711 avanti Cristo), il cui nome fu ellenizzato.

Una delle motivazioni fondamentali degli annullamenti del debito era che il faraone voleva disporre di una classe contadina capace di produrre sufficienti alimenti e disponibile quando fosse necessario per campagne militari. Per queste due ragioni, era necessario evitare che i contadini fossero espulsi dalle loro terre a causa dell’influenza dei creditori.

In un’altra parte della regione, si constata che anche gli imperatori siriani del primo millennio avanti Cristo adottarono la tradizione dell’annullamento dei debiti. Lo stesso successe a Gerusalemme, nel V secolo avanti Cristo. Come prova, nel 432 avanti Cristo, Neemia, certamente influenzato dall’antica tradizione mesopotamica, proclama l’annullamento dei debiti degli ebrei indebitati verso i loro ricchi compatrioti. È a quell’epoca che si redige la Torah. La tradizione degli annullamenti  generalizzati del debito farà parte della religione ebraica e dei primi testi del cristianesimo tramite il Levitico che proclama l’obbligo di annullare i debiti ogni sette anni e in ogni giubileo, cioè ogni 50 anni.

Conclusione

Oggi la restituzione del debito costituisce innegabilmente un tabù. È presentata dai capi di Stato e di governo, dalle banche centrali, dal FMI e dalla stampa dominante come inevitabile, indiscutibile, obbligatoria. I cittadini e le cittadine dovrebbero rassegnarsi al pagamento del debito. L’unica discussione possibile è sul modo di modulare la ripartizione dei sacrifici necessari per ottenere risorse di bilancio sufficienti per mantenere gli impegni presi dalla nazione indebitata. I governi che hanno chiesto prestiti sono stati eletti democraticamente, gli atti che hanno realizzato sono pertanto legittimi. Bisogna pagare.

È essenziale attraversare la cortina di fumo della storia raccontata dai creditori e ristabilire la verità storica. Annullamenti generalizzati del debito hanno avuto luogo ripetutamente nella storia. Questi annullamenti sono situati in diversi contesti. Nel caso che abbiamo appena citato, le proclamazioni di annullamento generalizzato del debito erano prese su iniziativa di governanti preoccupati di preservare la pace sociale. In altri casi, gli annullamenti furono risultato di una lotta sociale esacerbata dalla crisi e dall’aumento delle disuguaglianze. È il caso della Grecia e Roma antiche. Bisogna prendere in considerazione anche altri scenari: l’annullamento del debito decretato da Paesi indebitati che deliberano un atto sovrano in modo unilaterale, l’annullamento del debito concesso dai vincitori a un Paese sconfitto e/o alleato… Una cosa è certa: dal punto di vista storico, il debito gioca un ruolo motore in numerosi grandi cambiamenti sociali e politici.

Traduzione per Senzasoste Andrea Grillo, 31 agosto 2012

NOTE:

[1] Eric Toussaint (laureato in Scienze Politiche, presidente del CADTM del Belgio, www.cadtm.org, membro del Consiglio Scientifico di ATTAC Francia). Damien Millet ed Eric Toussaint hanno curato il libro collettivo Il debito o la Vita, che ha ricevuto il Premio del Libro politico alla Fiera del libro politico di Liegi nel 2011). Ultimo libro pubblicato, Damien Millet ed Eric Toussaint, AAA, Audit, Annullamento, Altra politica, Le Seuil, Parigi, 2012.

[2] I debiti tra commercianti non erano oggetto di questi annullamenti .

[3] Quest’articolo è essenzialmente basato sulla sintesi storica presentata da Michael Hudson, laureato in Economia, in vari articoli e opere: “The Lost Tradition of Biblical Debt Cancellations”, 1993, “The Archaeology of Money”, 2004. Michael Hudson fa parte di un équipe scientifica multidisciplinare (ISCANEE, International Scholars’ Conference on Ancient Near Earstern Economies) che comprende  filologi, archeologi, storici, economisti, che lavorano sul tema delle società e delle economie antiche del Vicino Oriente. I suoi lavori sono pubblicati dall’università di Harvard. Michael Hudson iscrive il suo lavoro nel proseguio delle ricerche di Karl Polanyi. Inoltre produce analisi sulla crisi contemporanea. Vedere in particolare, “The Road to Debt Deflation, Debt Peonage, and Neoliberalism”, febbraio 2012. Tra le opere di altri autori che a partire dalla crisi economica e finanziaria iniziata nel 2007-2008 hanno scritto sulla lunga tradizione di annullamento del debito, conviene leggere: David Graeber, Debt : The First 5000 Years, Melvillehouse, New York, 2011.

Fonte in spagnolo: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=155106&titular=la-amplia-tradici%F3n-de-anulaci%F3n-de-deudas-en-mesopotamia-y-en-egipto-del-3%BA-al-

http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/contro-la-storia-scritta-dai-vincitori-l-annullamento-del-debito-nell-antichita-eric-toussaint

Debt Cancellation in Mesopotamia and Egypt from 3000 to 1000 BC

 

We must pierce the smoke-screen of creditors and re-establish the historical truth. Repeated and generalised debt cancellation has occurred throughout history.

Hammurabi, king of Babylon, and debt cancellation

The Hammurabi Code is in the Louvre Museum, in Paris. The term “code” is inappropriate, because what Hammurabi left us is a set of rules and judgements on relations between public authorities and citizens. Hammurabi began his 42-year reign as “king” of Babylon (located in present-day Iraq), in 1792 BC. What most history books fail to mention is that, like other governors of the City-State of Mesopotamia, Hammurabi proclaimed the official cancellation of citizens’ debts owed to the government, high-ranking officials, and dignitaries. The so-called Hammurabi Code is thought to date back to 1762 BC. Its epilogue proclaims that “the powerful may not oppress the weak; the law must protect widows and orphans (…) in order to bring justice to the oppressed”. The many ancient documents deciphered from cuneiform script have enabled historians to establish beyond any doubt that four general cancellations took place during Hammurabi’s reign, in 1792, 1780, 1771, and 1762 BC.

In Hammurabi’s time, economic, political, and social life were organised around the Temple and the Palace. Those two closely enmeshed institutions, with their numerous artisans, workers, and, of course, scribes, constituted the apparatus of the State, not so very different from today’s governments. The Temple and the Palace provided their employees with board and lodge: they thus received food rations sufficient for two full meals a day. The peasantry was provided with land (which they rented), tools, draught animals, livestock, and water for irrigation, so that they could grow food for the workers and dignitaries. Thus, the peasants produced barley (their staple grain), oil, fruit, and vegetables, a portion of which, when harvested, they had to pay to the State as rent. As well as the land they cultivated for the Palace and the Temple, the peasants owned their own land, home, livestock, and tools. When the harvest was poor, they accumulated debts. They also incurred debt through loans granted privately by high-ranking officials and dignitaries eager to get rich and to seize the peasants’ property in case of default. If peasants were unable to pay off their debts, they could also find themselves reduced to the condition of serfs or slaves; indebtedness could also lead to members of their family being made slaves. In order to ensure social peace and stability, and especially to prevent peasants’ living conditions from deteriorating, the authorities periodically cancelled all debt |1| and restored peasants’ rights.

General debt cancellations in Mesopotamia over 1000 years

Proclamations of general debt cancellation began long before Hammourabi’s reign and continued afterwards. There is evidence of debt cancellation as far back as 2400 BC, six centuries before Hammurabi’s reign, in the city of Lagash (Sumer). The most recent instance dates back to 1400 B.C. in Nuzi. In all, historians have identified with certainty about thirty general debt cancellations in Mesopotamia from 2400 to 1400 BC. Michael Hudson |2| is right to claim that general debt cancellation was one of the principal characteristics of Bronze Age societies in Mesopotamia. Indeed, there are various Mesopotamian words for these cancellations, which wiped the slate clean: amargi in Lagash (Sumer), nig-sisa in Ur, andurarum in Ashur, misharum in Babylon, shudutu in Nuzi.

Such proclamations of debt cancellation were an occasion for great festivities, usually at the annual celebration of Spring. It was during the dynasty of Hammurabi’s family that the tradition of destroying the tablets upon which the debts were inscribed was inaugurated — the public authorities kept a strict record of debts on tablets conserved in the Temple. When Hammurabi died in 1749 BC after a reign of 42 years, his successor, Samsuiluna, cancelled all debts to the State, and decreed that all tablets should be destroyed except those concerning traders’ debts.

The general debt cancellation proclaimed by Ammisaduqa, the last governor of the Hammurabi dynasty who came to the throne in 1646 BC, was very detailed, in a clear attempt to prevent creditors from taking advantage of loopholes. The cancellation decree specified that official creditors and tax collectors who had expropriated peasants should compensate them and return their property, on pain of execution. In cases where a creditor had taken some item of property using pressure, unless he gave it back and/or repaid its worth in full, he would be put to death.

In the wake of this decree, commissions were set up to review all real estate contracts and to eliminate all those which fell under the terms of the debt cancellation proclamation with a view to restoring the prior situation, statu quo ante. The enactment of this decree was facilitated by the fact that the despoiled peasants were usually still working the land, even though it was owned by the creditor. Thus, by cancelling the contracts and making the creditors indemnify the victims, the public authorities restored peasants’ rights. A little over two centuries later, the situation was to change for the worse.

The limits of debt cancellation

In Mesopotamia, during the Bronze Age, debt-slaves were freed, unlike other types of slave such as those seized at war. Nevertheless, this debt cancellation must not be presented as if it were a form of social emancipation. It was merely a way of restoring the pre-existing social order, which was rife with forms of oppression. Without wishing to embellish the organisation of these societies of 3000 to 4000 years ago, it should be noted nonetheless that their rulers sought to maintain social cohesion by preventing the constitution of big private domains, and took measures to ensure that peasants enjoyed direct access to the land. They limited the rise of inequality while overseeing the development and maintenance of irrigation systems. Michael Hudson also insists that any decision to declare war was taken by a general assembly of citizens – the “king” did not have the power to make such decisions alone.

It seems that Bronze Age Mesopotamians did not believe in divine creation as the explanation for life on Earth. The ruler, confronted with chaos, reorganised the world to establish normal order and justice.

No further act of debt cancellation has been found for the period after 1400 BC; inequality increased and intensified. Land was taken over by big private land-owners and debt enslavement became commonplace. A large part of the population migrated north-west towards Canaan, with incursions into Egypt, which displeased the Pharaohs.

The ensuing centuries are known by historians of Mesopotamia as the “Dark Ages”, because of the dearth of written records. However, we do have evidence of violent social struggles between creditors and debtors.

Egypt: the Rosetta Stone confirms the tradition of debt cancellation

The Rosetta Stone, which was carried off by some of Napoleon’s army in 1799 during his Egyptian Campaign, was deciphered in 1822 by Jean-François Champollion. Today, it is in the British Museum in London. Its translation was facilitated by the fact that the Stone bears the same text in three languages: Ancient Egyptian, Egyptian demotic, and the Greek of Alexander the Great’s era.

The Rosetta Stone text confirms that the tradition of debt cancellation was upheld in Egypt by the pharaohs from the 8th century B.C., before Alexander the Great conquered the country in the 4th century B.C. It relates that the pharaoh Ptolemeus V cancelled all debt due to the Throne by the people of Egypt and beyond, in 196 BC.

Despite great differences between the society of Pharaonic Egypt and that of Bronze Age Mesopotamia, there is evidence that both had a tradition of proclaiming amnesty before general debt cancellation. Ramses IV (1153-1146 BC) proclaimed that those who had fled the country could return, and that those who were in prison should be freed. His father, Ramses III (1184 –1153 BC) had done the same. Note that in the 2nd millennium BC there does not seem to have been debt enslavement in Egypt: all slaves were war booty. The proclamations made by Ramses III and Ramses IV concerned the cancellation of arrears on taxes owed to the pharaoh, the liberation of political prisoners and the possibility for those in exile to return home.

Not until the 8th century BC do we find, for Egypt, proclamations of debt cancellation and of liberation for debt slaves. Such a proclamation was made by the Pharaoh Bocchoris (717-11 BC).

One of the fundamental motives for debt cancellation was that the pharaoh wanted at his disposal a peasantry able both to produce plenty of food and to take up arms in military campaigns. For these two reasons, it was important to prevent peasants from being expropriated by creditors.

In neighbouring Assyria, the emperors of the 1st millennium BC also adopted the tradition of debt cancellation, as did the rulers of Jerusalem in the 5th century BC: in 432 BC Nehemiah, no doubt influenced by the old Mesopotamian tradition, proclaimed the cancellation of the debts of all Jews who owed money to their wealthy compatriots. This was at the very time when the Torah was being written. The tradition of general debt cancellation is an integral part of the Jewish religion and of early Christian texts, via the Book of Leviticus, which proclaims the obligation to cancel debt every seven years and on every jubilee, that is, every fifty years.

Conclusion

In the present day, debt repayment has become a taboo subject. Heads of State and of governments, central banks, the IMF and the mass media, all present it as though it were inevitable, unquestionable, and obligatory. Citizens must resign themselves to paying off the debt. The only discussion possible focuses on how to distribute the burden of sacrifice needed in order to free up enough budgetary resources to fulfil the commitments of the indebted nation. The governments who have borrowed were elected democratically, goes the reasoning, therefore their actions are legitimate. The debt must be paid off.

We must pierce the smoke-screen of creditors and re-establish the historical truth. Generalised debt cancellations have been enacted repeatedly throughout history. These cancellations correspond to different contexts. In the cases mentioned above, proclamations of general debt cancellation were made at the initiative of rulers concerned with upholding social peace. In some cases, cancellations resulted from social struggles exacerbated by economic crisis and the rise of inequality. This was the case in Ancient Greece and Rome. Other scenarii can also be envisaged, such as debt cancellation decreed by indebted countries that decide to take unilateral sovereign action, and debt cancellation conceded by a victorious country to a vanquished one and/or its allies. One thing is certain: historically speaking debt has always played a major role in social and political upheaval.

Translated by Vicki Briault and Charles La Via.

notes articles:
|1| Debts between traders were not concerned by these cancellations.

|2| This article is mainly based on the historical synthesis presented by Michael Hudson, doctor in economics, in several fascinating articles and books including: “The Lost Tradition of Biblical Debt Cancellations”, 1993, 87 pages; “The Archeology of Money”, 2004. Michael Hudson is part of a multi-discipline scientific team (ISCANEE, International Scholars’ Conference on Ancient Near Eastern Economies) comprising a number of philologists, archaeologists, historians and economists working on the ancient societies and economies of the Near East. Their findings are published by Harvard University. Michael Hudson approaches this work as an extension of the research carried out by Karl Polanyi. He also produces analyses on the current crisis. See for example “The Road to Debt Deflation, Debt, Peonage, and Neoliberalism”, February 2012, 30 p. Among works by other authors who, since the economic and financial crisis that began in 2007-2008, have written about the long tradition of debt cancellation: David Graeber, “Debt: The First 5000 Years”, Melvillehouse, New York, 2011, 542 p.

infos article
URL: http://www.cadtm.orgEric Toussaint (doctor in political science, president of CADTM Belgium www.cadtm.org, member of the Scientific Council of ATTAC France).
Damien Millet and Eric Toussaint directed the collective work “La Dette ou La Vie”, Aden, CADTM, 2011, which received the Political Book Award at the Liège Political Book Fair in 2011. Most recent publication: Damien Millet and Eric Toussaint, “AAA, Audit, Annulation, Autre Politique”, Le Seuil, Paris, 2012

http://www.globalresearch.ca/debt-cancellation-in-mesopotamia-and-egypt-from-3000-to-1000-bc/

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