SCHNELL FRAU MERKEL!!!!!!

La fine dell’euro in 4   mosse

14 maggio 2012

’economista statunitense Paul Krugman, premio Nobel ed editorialista del New York Times, ha raggiunto probabilmente il punto di maggior pessimismo nella sua analisi dei problemi dell’euro e dell’Europa. Krugman scrive da molti mesi che le istituzioni europee hanno sbagliato completamente il loro approccio nei confronti della crisi, scegliendo di tagliare quando bisognava investire e quindi condannandosi con le loro mani. In un breve post sul suo blog intitolato “Eurodämmerung”, dämmerung è una parola tedesca che vuol dire “crepuscolo”, Krugman spiega perché nel giro di “pochi mesi” le cose in Europa potrebbero precipitare.

Il post si apre con il video di una scena del Crepuscolo degli dei, la quarta e ultima delle opere liriche che costituiscono “L’anello del Nibelungo” di Richard Wagner.

E questa è la parte meno inquietante del post, che è breve e strutturato in punti. Primo punto.

1. La Grecia esce dall’euro, probabilmente già il mese prossimo.

Krugman allude alla possibilità, ormai quasi certa, che in Grecia si vada a nuove elezioni il mese prossimo, e che le forze che si oppongono alle misure di austerità e alle istituzioni europee conquistino ancora più seggi di prima: stando ai sondaggi, se si votasse adesso l’estrema sinistra di SYRIZA sarebbe il primo partito greco. Il parlamento frutto del nuovo voto avrebbe probabilmente una maggioranza di forze intenzionate a rinegoziare gli accordi con l’Europa o direttamente uscire dall’euro (o dall’Unione Europea tout court). Secondo punto.

2. Prelevamenti di massa nelle banche spagnole e italiane, correntisti che cercano di trasferire i loro soldi in Germania.

Il caos generato da una decisione del genere avrebbe ripercussioni oltre i confini della Grecia. Molti cittadini, nel timore di perdere il loro denaro depositato in banca, cercherebbero di prelevarlo in contanti o trasferirlo, sottoponendo istituti di credito già in crisi di liquidità a sforzi pesantissimi, forse insopportabili. E creando anche tensioni sociali non indifferenti, file davanti agli sportelli, nervosismo e violenze. Uno scenario terrificante, e per questo Krugman ipotizza due rimedi. Terzo punto.

3a. Forse verrebbero introdotti dei controlli e dei limiti ai trasferimenti di denaro all’estero e ai prelievi di contanti.

Funzionerebbe per tenere in piedi le banche, non molto per rendere sostenibile le tensioni che sorgerebbero quando un correntista si rendesse conto di non poter fare quel che vuole dei suoi soldi. Per questo Krugman individua un secondo possibile intervento.

3b. In alternativa, oppure contemporaneamente, la Banca Centrale Europea inizierebbe a fare grossi prestiti alle banche per evitare il loro collasso.

Non è una cosa così diversa da quanto accaduto nei mesi scorsi, ma stavolta il principale obiettivo sarebbe evitare il fallimento delle banche – e quel che ne conseguirebbe – e non finanziare il debito dei paesi europei a tassi sopportabili. Da quel momento in poi, comunque, le cose che potrebbero succedere sono due. Quarto punto.

4a. La Germania ha una scelta. Accettare che Italia e Spagna ricevano grandi quantità di denaro in prestito dalla BCE. Cambiare drasticamente approccio: per dare a questi paesi una speranza, soprattutto alla Spagna, è necessario garantire loro la possibilità di finanziarsi con bassi tassi di interesse e avere un tasso di inflazione più alto per aggiustare i prezzi. Oppure…

Krugman fa riferimento a quello che ripete da tempo: secondo l’economista statunitense, e moltissimi altri, la Banca Centrale Europea deve cominciare a comportarsi direttamente e senza limiti da “prestatrice di ultima istanza”, stampando denaro e prestandolo agli Stati anche a costo di far salire l’inflazione, pur di sottrarli ai tassi di interesse crescenti e permettere loro di finanziare misure per la crescita nonostante il debito. Eravamo rimasti a “oppure”, però.

4b. Fine dell’euro. E parliamo di mesi, non anni.

http://www.ilpost.it/2012/05/14/krugman-fine-euro/

November 1, 2011, 9:01 am

Eurodämmerung

November 1, 2011, 9:01 am

Things are falling apart in Europe; the center is not holding. Papandreou is going to hold a referendum; the vote will be no. Italian 10-years at 6.29 at pixel time; that’s a level at which the cost of rolling over the existing debt will force a default, even though Italy has a primary surplus. And with everyone simultaneously pushing for fiscal austerity, a recession seems almost certain, aggravating all of the continent’s problems.

I’ve been charting this trainwreck for a couple of years, and am feeling too weary to trace through it again right now. Let’s just say that the euro was an inherently flawed idea that can work only given a strong European economy and a significant degree of inflation, plus open-ended credit to sovereigns facing speculative attack. Yet European elites embraced the notion of economics as morality play, imposing across-the-board austerity, tightening money despite low underlying inflation, and have been too concerned with punishing sinners to notice that everything was going to blow apart without an effective lender of last resort.

The question I’m trying to answer right now is how the final act will be played. At this point I’d guess soaring rates on Italian debt leading to a gigantic bank run, both because of solvency fears about Italian banks given a default and because of fear that Italy will end up leaving the euro. This then leads to emergency bank closing, and once that happens, a decision to drop the euro and install the new lira. Next stop, France.

It all sounds apocalyptic and unreal. But how is this situation supposed to resolve itself? The only route I see to avoid something like this involves the ECB totally changing its spots, fast.

Aside from that, Mr. Draghi, are you enjoying your new job?

An earlier version of this post misspelled the surname of the Greek prime minister. It is spelled Papandreou, not Panadreou

http://krugman.blogs.nytimes.com/2011/11/01/eurodammerung/

Il salva-Spagna non convince, i mercati pensano a Roma

Fabrizio Goria

Il piano di salvataggio delle banche spagnole non convince. Sono troppe le incertezze in merito al destino di Madrid e gli investitori girano le spalle all’Europa. Ma nel calderone della crisi (ri)entra anche l’Italia. Citigroup avvisa: «È quasi certo che, alla luce della crisi spagnola, arriverà una forma di supporto per Roma da parte della troika». I rendimenti dei BTP tornano sopra

 

11 giugno 2012 – 17:08

Il salvataggio della Spagna doveva placare il nervosismo dei mercati. Ma sono bastate poche ore per cancellare questa idea. Il piano di aiuti al sistema bancario iberico, valutato in circa 100 miliardi di euro, ha portato più danni che benefici. E a (ri)entrare nel calderone della crisi europea ora è anche l’Italia, già considerata la candidata principale a seguire l’esempio, poco virtuoso, di Madrid. A poco sono servite le parole del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, che in mattinata ha sottolineato che «l’Italia nei mesi scorsi ha fatto quanto doveva per salvarsi». Gli investitori non ci credono.

Non sono ancora chiari i dettagli del piano di salvataggio del sistema bancario spagnolo e già si parla di chi sarà la prossima vittima della crisi europea. Tutti gli indizi lasciano intendere che sarà l’Italia a seguire le sorti della Spagna. Nella notte è stato diffuso un report di Citigroup che ha evidenziato come il rischio di contagio che Roma possa subire il contagio di Madrid è aumentato oltre ogni soglia dopo la richiesta d’aiuto da parte del premier iberico Mariano Rajoy. «È quasi certo che, alla luce della crisi spagnola, arriverà una forma di supporto da parte della troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea, Commissione Ue, ndr)», hanno scritto gli analisti della banca statunitense. A far paura sono tre diversi fattori. Da un lato c’è la rapidità con cui la crisi sta invadendo l’eurozona. «Abbiamo agito velocemente per evitare il peggio», ha detto il ministro iberico del Bilancio Cristóbal Montoro. Ma la fretta, troppo spesso, non serve. «A oggi non c’è ancora un piano, ma un’intenzione e chiedere aiuto. È evidente che i mercati finanziari attendevano risposte, non questo pasticcio. », dice a Linkiesta un diplomatico iberico. Proprio per questo c’è il timore che il virus delle malversazioni spagnole possa presto infettare Roma. Dall’altro c’è un governo, quello italiano, che ha sempre più le mani legate sotto il profilo dell’azione riformatrice. Come ha fatto notare un’analisi di Bank of America – Merrill Lynch «la possibilità che il governo di Mario Monti possa portare avanti le riforme promesse di fronte alla Commissione europea diminuisce sempre più, anche considerate le continue spinte politiche che vedono un’anticipazione delle elezioni nel prossimo autunno». In altre parole, il potere negoziale di Monti è sempre minore.

In mezzo ci sono le indiscrezioni di piani di contingenza nel caso l’Italia entri nel vortice della crisi, proprio come un anno fa. Nelle sale operative di Londra e New York si fanno insistenti i riferimenti al 1992, quando l’Italia decise di uscire dal Sistema monetario europeo (Sme) per svalutare la lira. «Il debito italiano è troppo elevato e i margini operativi per la sua riduzione in modo sostenibile nei prossimi due anni sono troppo ridotti. Sarebbe meglio una ristrutturazione», ha scritto stamattina in una nota Lombard Street Research.

Dopo i guadagni delle Borse asiatiche, anche le piazze finanziarie europee sono partite in modo positivo. I dubbi sulle modalità del salvataggio spagnolo hanno però spinto al ribasso tutte le sedute poco prima di metà giornata. A innervosire gli investitori ci ha pensato la mancanza di trasparenza sulle modalità di azione di sostegno delle banche iberiche. Contrariamente rispetto a quanto detto dal ministro dell’Economia Luis de Guindos sabato scorso, ci saranno precise condizioni per gli aiuti. «È chiaro che ci sarà un memorandum d’impegni che il governo spagnolo dovrà firmare», ha detto Amadeu Altafaj Tardio, portavoce del commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Tuttavia, come anticipato lo scorso 6 giugno da Linkiesta, non ci saranno soluzioni esenti da oneri. Il Fmi monitorerà gli esborsi finanziari destinati alla ricapitalizzazione delle banche iberiche e vigilerà sui conti pubblici spagnoli. A tutti gli effetti sarà un programma, con missioni trimestrali, come quelli adottati per Grecia, Irlanda e Portogallo. L’obiettivo di Commissione europea e Moncloa è tuttavia quello di evitare che si facciano paragoni di questo genere. Infatti, come rivelato da El Mundo, il premier Rajoy ha inviato un sms a de Guindos poco prima della capitolazione di sabato scorso. «Siamo la quarta economia europea. La Spagna non è l’Uganda», ha scritto Rajoy. Parole che ben descrivono il clima che si sta vivendo a Madrid e dintorni.

Ad aumentare la sfiducia ci ha pensato il balletto su come si deve salvare Madrid. Quello che è certo è che sarà il debito a farla da padrone, invece che nuovi capitali. Due sono i fondi europei che possono essere utilizzati, il temporaneo European financial stability facility (Efsf) e il permanente European stability mechanism (Esm), che entrerà in vigore a luglio. Se il primo ha una dotazione di 440 miliardi di euro (meno i 192 miliardi erogati per Atene, Dublino e Lisbona), il secondo ha un tetto di 500 miliardi. Tuttavia, il funzionamento è ben differente. Questo perché l’Esm ha, come indicano le linee guida, serve per emettere debito senior, cioè con uno status differente da quello dell’Efsf. Come se non bastasse, l’emissione di debito tramite l’Esm rischierebbe probabilmente di far scattare il pagamento dei Credit default swap (Cds), i derivati finanziari che immunizzano dall’insolvenza di un emittente obbligazionario. Questo perché, come spiega lo studio legale Allen & Overy, se l’Esm emette debito senior e questo viene utilizzato per la ricapitalizzazione delle banche iberiche, il debito esistente in quest’ultime diventa immediatamente subordinato, soggetto a un evento creditizio secondo gli attuali contratti di CDS regolati dall’International swaps and derivatives association (Isda). In altre parole, alla Spagna succederebbe ciò che è accaduto alla Grecia lo scorso 9 marzo. Per Luc Coene, membro belga del Consiglio direttivo della Bce, l’uso dell’Esm non costituisce motivo di allarme e non ci sarà un evento creditizio, ma la querelle è in corso.

Il risultato di questo clima d’incertezza, misto a sfiducia, non era difficile da prevedere. I rendimenti dei titoli di Stato italiani con scadenza a dieci anni hanno superato il 6% in poco tempo. Analogo l’andamento dei tassi d’interessi dei corrispettivi spagnoli di pari durata, che hanno continuato la loro corsa al rialzo fino a toccare quota 6,50 per cento. A poco sono servite le parole di de Guindos. «Non è un salvataggio, ma un aiuto. E l’Europa è più forte di prima con questo accordo di massima», ha detto. A guardare i mercati valutari, azionari e obbligazionari non si direbbe.

fabrizio.goria@linkiesta.it
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/italia-bailout-spagna-banche#ixzz1xZQHszS1

 

IL CAPITALE LIBRO III SEZIONE V – CAPITOLO 36 : KARL MARX

http://www.controappuntoblog.org/2012/05/11/il-capitale-libro-iii-sezione-v-capitolo-36-karl-marx/

Rosa Luxemburg : i limiti dell’espansione del capitalismo

http://www.controappuntoblog.org/2012/01/14/rosa-luxemburg-i-limiti-dellespansione-del-capitalismo/

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