Movimento Indipendentista Siciliano : MIS

Storia del MIS

Il movimento nacque nel settembre del 1942, come Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS), prendendo spunto dai Vespri Siciliani. Il primo Presidente fu Andrea Finocchiaro Aprile. Nel movimento confluirono esponenti politici eterogenei, fra cui il socialista rivoluzionario Antonio Canepa (poi comandante dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia), Giovanni Guarino Amella, che poi si defilerà preferendo una soluzione autonomista, il barone Lucio Tasca poi eletto Sindaco di Palermo nel 1943, Stefano La Motta barone di Monserrato, i monarchici Guglielmo Paternò Castello duca di Carcaci e il principe Giovanni Alliata, il barone Nino Cammarata, gli avvocati Attilio Castrogiovanni e Sirio Rossi, Concetto Gallo, Rosario Cacopardo ed Antonino Varvaro.

Il movimento si mise in evidenza all’indomani dell’armistizio di Cassibile, quando nel caos della guerra lo stato italiano aveva di fatto abbandonato la Sicilia e l’esercito alleato non aveva completato l’occupazione militare. Finocchiaro Aprile ad ottobre chiese l’abdicazione di Vittorio Emanuele III ed il 9 dicembre accolse le adesioni di una decina di deputati siciliani. Nella primavera del 1944, per imprimere maggior vigore alla lotta il CIS verrà sciolto per dar luogo al Movimento per l’Indipendenza della Sicilia (MIS). In questo clima di importanti aspettative vi erano inoltre notevoli pressioni esercitate dai servizi segreti sia americani che inglesi per cercare di attirare ciascuno nella rispettiva sfera d’influenza l’isola indipendente. Infatti, l’amministrazione degli Alleati vietò ogni attività politica, tollerando però l’esistenza del MIS.

Nel fitto connubio fra lotta politica e la vecchia mafia agraria aderirono al MIS anche alcuni politici noti in odor di mafia fra i quali spiccavano Calogero Volpe e Calogero Vizzini. Tuttavia l’adesione che era stata determinata per fini diversi da quelli politici, fu breve e Vizzini insieme al altri esponenti (avversati dai dirigenti del MIS Attilio Castrogiovanni e Antonino Varvaro) presto lasceranno il MIS per garantire il loro appoggio ai rinascenti partiti italiani, in primis la Democrazia Cristiana.

Nell’autunno del 1944, durante il primo congresso che si celebrò a Taormina, venne presa la decisione di passare alla lotta armata, anche in risposta alle continue ed arbitrarie violenze (si veda ad esempio la strage di via Maqueda che si consumò a Palermo proprio durante il primo congresso indipendentista) che venivano perpetrate dalle forze dell’ordine italiane ai danni di sedi ed esponenti del MIS. Sotto la spinta dell’ala oltranzista, il MIS tentò l’insurrezione separatista con la formazione dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia (EVIS), la cui attività di guerriglia e resistenza fu talmente veemente che per contrastarla il governo fu costretto ad inviare in Sicilia l’Esercito Italiano. Il 17 giugno del 1945 in uno scontro a fuoco con i Carabinieri cadeva il comandante dell’EVIS Antonio Canepa insieme a Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice. Il suo posto fu preso da Concetto Gallo, che portò a un’alleanza militare con il banditismo e la banda di Salvatore Giuliano.

Dal settembre del 1943 la Sicilia fu retta da un Alto Commissario (vedi la voce Presidenti della Sicilia. Dopo il lavoro di un’apposita Consulta (entro la quale operarono tra gli altri Giovanni Guarino Amella) e Giuseppe Alessi, il 15 maggio del 1946 il re Umberto II promulgò un decreto legislativo che riconosceva alla Sicilia uno Statuto Speciale di Autonomia. Lo Statuto verrà poi convertito in legge costituzionale il 26 febbraio 1948 dal parlamento della Repubblica Italiana. Alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946, il MIS ebbe il battesimo elettorale e ottenne lo 0,7% dei voti (8,7% in Sicilia) e 4 seggi. Vennero eletti Andrea Finocchiaro Aprile (34.068 voti), Antonino Varvaro (18.520), Concetto Gallo (14.749) e Attilio Castrogiovanni (10.514).

Durante il III Congresso del movimento tenutosi nel febbraio del 1947 a Taormina (ME), venne espulso Antonino Varvaro, ex segretario del movimento e capo della corrente di sinistra (dalla quale si dissociò però il Partito Comunista Siciliano del futuro segretario del MIS Francesco Mazza), su decisione della maggioranza. I motivi non vennero mai chiariti: secondo alcuni per la spinta dei latifondisti che premevano per una svolta più autoritaria a destra, secondo altri a causare l’espulsione furono le pressioni politiche esercitate su Varvaro e sua moglie dal Partito Comunista Italiano, avendo questi assunto una posizione progressivamente provocatoria e di contestazione nei confronti della leadership di Finocchiaro Aprile. In sostituzione di Antonino Varvaro venne eletto segretario Attilio Castrogiovanni. Successivamente Varvaro insieme ad Anselmo Crisafulli ed altri dissidenti fondarono il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia Democratico-Repubblicano (MISDR). Il movimento di Varvaro (che non ebbe nessun eletto all’Ars) si sciolse dopo poco tempo.

Il MIS partecipò alle prime elezioni regionali siciliane del 20 aprile 1947, dove rimase fermo ai risultati del 1946, con 171.470 voti (8,8%) e nove deputati: Andrea Finocchiaro Aprile, Gioacchino Germanà, Concetto Gallo, Attilio Castrogiovanni, Giuseppe Caltabiano, Rosario Cacopardo, Gaetano Drago, Francesco Paolo Lo Presti e Pietro Landolina. Tuttavia il movimento scomparve dalla scena politica dopo le elezioni regionali del 1951 dove il MIS non ottenne nessun seggio, raggiungendo il 3,91%. Alla sconfitta elettorale seguirono le dimissioni dalla presidenza di Finocchiaro Aprile e di altri esponenti.

Il MIS oggi

Il 22 aprile 2004 si è costituito con regolare atto costitutivo notarile, il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, che si richiama direttamente all’esperienza del MIS degli anni quaranta, di fatto ritornando quindi alla politica attiva dopo oltre sessant’anni, con lo statuto approvato dal III congresso

http://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_Indipendentista_Siciliano

Salvatore Giuliano

Il padre, suo omonimo, costretto ad emigrare negli Stati Uniti, a più riprese riuscì a comprare diversi pezzi di terra nei dintorni del paese. Infine rimpatriò, proprio nell’anno di nascita di Salvatore, [2] per occuparsi della loro coltivazione.

Il giovane Salvatore, finite le elementari, andò ad aiutare il padre. In verità avrebbe preferito il commercio, ma non si sottraeva al suo dovere anzi trovava il tempo per continuare gli studi. Spesso finito il lavoro, andava dal prete del paese o da un suo ex insegnante.

La latitanza

Fu una figura molto controversa: di umili origini, la sua latitanza inizia nel 1943 quando, fermato ad un posto di blocco mentre trasporta due sacchi di frumento (80 kg) caricati su un cavallo, gli vengono sequestrati cavallo e frumento e, lasciato solo, tenta di allontanarsi, ma i militari gli sparano sei colpi di moschetto. Due proiettili lo colpiscono al fianco destro. Un militare gli si avvicina per dargli il colpo di grazia. Salvatore Giuliano reagisce uccidendo il giovane carabiniere con un colpo di pistola, e si dà alla macchia. Presto costituì una banda intorno alle montagne di Montelepre.

Colonnello dell’EVIS

Dal 1945 le sue imprese furono anche di natura politica di ispirazione separatistica grazie ai contatti inizialmente con il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), entrando, poi, spinto da esponenti dell’intelligence U.S.A. nell’E.V.I.S. (Esercito Volontario per la Indipendenza Siciliana), del quale fu nominato colonnello, il cui maggiore esponente era l’avv. Antonio Canepa ucciso il 17 giugno 1945 in uno scontro con i Carabinieri a Randazzo. Fu Concetto Gallo a portare Giuliano nell’EVIS, che vi ebbe il grado di colonnello. L’E.V.I.S. operò contro l’esercito italiano nel biennio 194546. Molti membri delle forze dell’ordine caddero in agguati, assalti a caserme dei carabinieri ed imboscate.

Il M.I.S. decise di entrare nella legalità e di partecipare alle elezioni per il parlamento nazionale dopo, però, avere avute le garanzie del riconoscimento dello Statuto Speciale Siciliano conferito da Re Umberto II alla Sicilia nel 1946, ben 17 giorni prima del referendum che trasformerà l’Italia in Repubblica e che divenne parte integrante della Costituzione Italiana (legge costituzionale n° 2 del 26/02/1948).

Con l’amnistia del 1946 per i reati politici, i separatisti lasciarono la banda e Giuliano continuò la lotta con coloro che avevano reati comuni. Le imprese di Giuliano, da allora, furono trasmesse all’opinione pubblica come veri e propri atti di criminalità comune, di “brigantaggio”, compresi i sequestri.

La strage di Portella

 

Fu accusato della strage di Portella della Ginestra del 1 maggio 1947, presso Piana degli Albanesi (PA), contro duemila lavoratori, in prevalenza contadini, riunitisi per manifestare contro il latifondismo ed a favore dell’occupazione delle terre incolte, oltre che per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell’anno e nelle quali il Blocco del Popolo, la coalizione PSIPCI aveva conquistato 29 rappresentanti su 90(con il 29% circa dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata al 20% circa). L’eccidio causò 11 morti e 27 feriti.

Lo scopo dell’azione era il monito della DC e degli Stati Uniti, che mandarono degli agenti della CIA, muniti di lancia granate, a lanciare sulla folla le “armi speciali”[3].

Dopo questa ed altre “imprese”, Giuliano divenne personaggio scomodo, probabilmente anche per coloro che lo avevano utilizzato e protetto (ipotesi suffragate dagli studi di Giuseppe Casarrubea, Nicola Tranfaglia e Aldo Giannuli) non escludendo che a sparare non siano stati solo gli uomini di Giuliano. Infatti perizie balistiche ed analisi di proiettili e schegge di granate conficcati ancora nel corpo dei sopravvissuti portano alla conclusione che furono usate anche armi non in dotazione agli uomini di Giuliano. La desecretazione di documenti riservati sui quali Nicola Tranfaglia ha scritto il libro Come nasce la Repubblica?, considerato un caposaldo per gli storici che si occupano dell’argomento, avrebbe dimostrato un coinvolgimento di uomini appartenuti, durante la guerra, ai reparti del battaglione Vega della Decima Mas nelle vicende siciliane. L’uso stesso di lanciagranate conforterebbe tale ipotesi proprio perché i lanciagranate non erano in dotazione al gruppo Giuliano ma erano stati molto usati, anni prima, dagli uomini della Decima Mas. È risaputo[senza fonte] che Junio Valerio Borghese divenne dopo la fine della seconda guerra mondiale un agente americano, nella pratica, come tantissimi ex criminali di guerra nazifascisti, e sempre secondo gli studi ed i documenti presentati da Nicola Tranfaglia è realistico che i servizi segreti USA usassero anche gruppi neofascisti per arginare il periodo di forti tensioni sociali nell’isola in chiave anti social-comunista [4]

http://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Giuliano

Andrea Finocchiaro Aprile

 

La politica prima del fascismo

Iniziò la propria attività politica con l’elezione a deputato alla Camera nel 1913 come liberale, seguendo le orme paterne. Rieletto nel 1919 alla Camera con la lista demosociale, fu nominato sottosegretario alla Guerra nel governo Nitti I fino al 1920 e alle Finanze nel governo Nitti II. Rieletto nel 1921, si oppose da massone al nascente regime fascista, e nel 1924 preferì candidarsi si presentò nelle liste dell’Unione nazionale di Giovanni Amendola, piuttosto che nel listone fascista e non fu rieletto[1]. Si ritirò nel 1925 dalla politica attiva e tornò all’avvocatura, esercitando a Roma.

Nel 1936 manifestò il proprio consenso alla guerra d’Etiopia e all’unione dell’Albania all’Italia. La sua figura in questo periodo appare controversa. Probabilmente l’episodio più oscuro della sua carriera fu quando, negli anni trenta, avrebbe denunziato, nel tentativo di far assegnare a sé l’incarico di direttore del Banco di Sicilia, l’allora dirigente Giuseppe dell’Oro perché ebreo. La denunzia non ebbe però gli effetti sperati[senza fonte].

L’indipendentismo siciliano

Nell’inverno 1942 prese contatti con esponenti della politica siciliana prefascista. Ritornò ufficialmente in politica nel giugno 1943, pochi giorni prima dello sbarco degli alleati in Sicilia, lanciando a Palermo un appello con un Comitato d’Azione alla resistenza passiva contro l’Italia fascista, comitato che diventerà il nucleo originario del Movimento Indipendentista Siciliano. Mantenne anche stretti contatti con i servizi segreti sia inglesi sia americani, ufficialmente per cercare l’appoggio di queste nazioni per creare una confederazione di stati italiani, europei e mediterranei. Autorizzò la nascita dell’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia (EVIS). Nel 1944 scampò ad un attentato nel corso di una manifestazione organizzata dal Movimento Indipendentista Siciliano a Regalbuto (EN) ma, nello stesso anno, fu arrestato per ordine del governo Bonomi. Il MIS nel 1944 arrivò a contare quasi mezzo milione d’iscritti. Ritornò libero nel 1945 ma, nell’ottobre dello stesso anno, fu nuovamente arrestato insieme al suo braccio destro Antonino Varvaro ed inviato al confino politico a Ponza dove rimase sino al marzo del 1946[2].

Nel 1946 fu eletto deputato all’Assemblea Costituente nelle liste del Movimento Indipendentista Siciliano. Nel maggio 1947 fu eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana[3], ma si dimise nel 1948, per affrontare nuovamente le urne per le prime elezioni del Parlamento Repubblicano, ma non risultò eletto; il Movimento Indipendentista Siciliano perse così ogni rappresentanza parlamentare nazionale e nel 1951 si sciolse.

Ultime esperienze politiche

Sfaldatosi il MIS, si ritirò dalla politica attiva. Un effimero ritorno si verificò nel 1953, quando accettò, senza peraltro risultare eletto, di essere il capolista alle politiche dell’Alleanza Democratica Nazionale, la cui lista, animata da esponenti liberali e centristi, svolse la funzione di “antidoto” alla legge elettorale maggioritaria.

Successivamente, sarà membro di diritto dell’Alta Corte per la Regione Siciliana.

http://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Finocchiaro_Aprle

IL GOVERNO MILAZZO

 

Il termine Milazzismo, nel gergo politico italiano, indica la convergenza di due schieramenti politici diversi (destra e sinistra) per sconfiggere quello di centro, al fine di far eleggere un determinato candidato o di costituire una maggioranza di governo alternativa.

INDICE

Il primo governo

Il termine prende il nome dall’operazione politica, nota come “operazione Milazzo“, avvenuta in Sicilia il 30 ottobre 1958 quando Silvio Milazzo della DC venne eletto presidente della Regione Siciliana con i voti, all’Assemblea regionale siciliana, dei partiti di destra e di sinistra, contro il candidato ufficiale del suo partito. Nel suo primo governo ci furono insieme esponenti del PCI e del MSI, alleati “in nome dei superiori interessi dei siciliani”, dissero il segretario regionale del PCI Emanuele Macaluso e il capogruppo all’Ars del MSI Dino Grammatico [1] .

Silvio Milazzo, fu subito espulso dalla DC, dando poi vita con un gruppo di deputati regionali ad un nuovo partito politico, l’Unione Siciliana Cristiano Sociale (USCS), che ottenne 10 deputati all’Ars nelle elezioni regionali del 1959. Grammatico nelle sue memorie definì quella prima fase del milazzismo come una “Rivolta siciliana”, che non avrebbe più avuto nella seconda fase [2].

Secondo governo e crisi

Milazzo il 12 agosto 1959 formò un secondo governo, dove però non entrò più il MSI. Questo secondo governo ebbe allora un sostegno variegato, dalle sinistre, ai monarchici, ai vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera, fino ad esponenti vicini alla mafia. Ideologi in quella fase furono Ludovico Corrao e il deputato nazionale Francesco Pignatone [3] .

L’esperimento di Milazzo, dopo un altro breve governo, entrò in crisi nel febbraio 1960, quando un suo esponente, Benedetto Majorana della Nicchiara, fu convinto dai maggiorenti DC ad accettare la carica di presidente della Regione. Crisi dovuta anche a uno scandalo, con un tentativo di corruzione da parte di due deputati uno del PCI e uno del USCS, denunciato da un deputato DC, Carmelo Santalco, cui furono promessi 100 milioni per votare a favore del governo, conversazione che lui registrò [4].

Milazzo nel 1962 si dimise pure da deputato regionale. L’USCS si sciolse dopo le elezioni regionali del 1963, dove non ottenne alcun eletto.

http://it.wikipedia.org/wiki/Milazzismo

“La cosiddetta “Operazione Milazzo”, che in tempi diversi mette insieme una inusuale coalizione composta da un nucleo di dissidenti democristiani – avversari della corrente fanfaniana – monarchici, missini e socialisti, e che può contare sul sostegno esterno del Partito Comunista, viene proposta dalle cronache dell’epoca come uno degli ultimi tentativi del vecchio “notabilato” democristiano di conservare autonomia rispetto al nuovo “partito-macchina” organizzato dal segretario DC Amintore FANFANI.

Si esporrà nel prosieguo come tale operazione politica avesse ottenuto anche un sostegno iniziale da parte del gruppo SALVO-CAMBRIA e dal noto esponente di Cosa Nostra Paolino BONTATE, padre di Stefano BONTATE, che con i SALVO ha intrattenuto – fino alla sua scomparsa – solidi e durevoli rapporti. Sostegno che il gruppo degli esattori si affrettò poco dopo a ritirare, su sollecitazione dei referenti politici dell’epoca e con l’assenso di Cosa Nostra. Come contropartita al ritiro dell’appoggio al Governo MILAZZO, i SALVO otterranno un trattamento di favore in materia di legislazione esattoriale, tale da determinare in pochi anni una espansione senza precedenti dell’intero gruppo.”

(ASCA) – Roma, 17 mag 2011 – ”Il Presidente Lombardo, invece di

occuparsi di ipotetiche svolte a livello nazionale, dovrebbe

riflettere della incipiente crisi della regione Sicilia che

implica certamente una svolta di rilevante significato in una

regione assai significativa”. Lo afferma in una nota il

capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto.

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