Tarkovsky Quartet

Tarkovsky Quartet

Scritto da Paolo Eustachi. Pubblicato in Cinema

Francois Couturier
Tarkovsky Quartet (2011)
Francois Couturier, piano – Anja Lechner, violoncello – Jean-Louis Matinier, accordéon – Jean-Marc Larché, sassofono soprano
ECM 2159
12 brani – durata: 62’ 29’’

Con la portata del suo messaggio etico e la carica spirituale, visionaria  e poetica delle straordinarie immagini dei suoi film, Tarkovskij è divenuto nel corso degli anni un faro la cui luce illumina il difficile cammino dell’uomo che rifiuta di essere travolto da un perverso meccanismo di appiattimento psicologico e culturale, imposto e guidato da una società standardizzata in un pianeta il cui inesorabile e drammatico incedere verso un’apocalittica agonia  egli aveva intuito e magistralmente rappresentato.
Il regista russo, immaturamente scomparso nel 1986,  accompagna lo spettatore all’incontro con la propria anima con la sua arte intesa come atto di fede nella sua forza catartica e purificatrice avvolta dall’incanto contemplativo del fluire della dimensione temporale. I suoi eroi carichi di terrena fragilità ma portatori di immensa fede, partendo da un dramma umano, proiettano lo spettatore oltre l’apparente stadio empirico in uno stadio superiore di esperienza contemplativa.
In una società sempre più abbandonata a una perversa autocelebrazione mediatica, dove non conta la persona quale creatura del Signore quanto la sua visibilità e il suo potenziale generatore economico, anche l’artista sembra non voler venire  più valutato per le sue qualità e i suoi meriti  quanto per il suo marketing-look.
Un musicista non viene quindi ormai  più apprezzato a livello discografico per le sue qualità tecniche e interpretative quanto soprattutto al suo eventuale appeal mediatico rivolto ad elementi puramente esteriori e fatiscenti con cui coinvolgere il consumatore.
Da sempre fuori da tale avvilente logica di esteriorità  e clamore mediatico la casa tedesca ECM, sotto la guida del direttore artistico Manfred Eicher, ha saputo realizzare nel corso degli anni un imponente programma discografico di profondo valore artistico che abbraccia Jazz e Classica con compositori di grandissimo spessore artistico come Arvo Paert, Errki Sven-Tuur, Gyia Kancheli, Tigran Mansurian, Alfred Schnittke e Valentin Silvestrov.
Il profondo interesse di Manfred Eicher anche per il grande schermo si rivolge soprattutto al cinema d’autore con nomi come Godard, Zvyagintsev, Angelopoulos e naturalmente Tarkovskij.
Il presente cd intitolato ‘Tarkovskj Quartett’ chiude la trilogia realizzata dalla ECM e  dedicata al regista russo dal pianista e compositore Francois Couturier iniziato insieme al suo quartetto composto da Anja Lechner (violoncello), Jean-Louis Matinier (accordéon), Jean-Marc Larché (sassofono soprano)  con ‘Song for Tarkovski’ (cd ECM 1979), cui sono seguiti ‘Un jour si blanc’ (cd ECM 2103), una splendida raccolta  di studi e improvvisazioni per pianoforte solo che prende il nome dalla  poesia scritta da Arsenj Tarkovskij, padre del regista.
Nel terzo e ultimo ultimo lavoro presentato in prima mondiale nell’ambito del Festival Umbria Jazz 2010 e successivamente nell’Aprile 2011 a Lyon il pianista francese conferma la sua formidabile capacità di coniugare elementi del linguaggio classico con quello jazzistico  unendo momenti dalla forte connotazione lirica ed emotiva  a  soluzioni armoniche di matrice seriale  e conferendo al fascinoso e singolare eclettismo della sua scrittura una interiore tensione espressiva avvolta in una sognante atmosfera contemplativa superbamente aderente alla dimensione di Endzeitstimmung  che il regista riusciva a fissare in modo impareggiabile. L’ascoltatore rimane alla fine  conquistato dal suggestivo blending sonoro  che scaturisce dall’inconsueto e originale incontro strumentale sostenuto da una straordinaria intesa spirituale e comunione artistica dei quattro musicisti.
Anche questo album è inteso come omaggio al lavoro del grande artista russo e la partitura di Couturier è il risultato della profonda ispirazione a lui trasmessa dalle immagini dei suoi film.
Lontano dal riproporre le atmosfere intimiste e travagliate di Vyacheslav Ovchinnikov (Il rullo compressore e il violino, L’infanzia di Ivan e Andrej Rublev) o le suggestive soluzioni sonore di taglio elettronico ideate da Eduard Artemiev (Solaris, Lo specchio, Stalker) nel  ‘Tarkovsky Quartet‘ emergono invece frequenti citazioni  di lavori di compositori profondamente amati dal regista come Bach e Pergolesi o a lui vicini come Shostakovich e Schnittke.
Il primo brano “A celui qui a vu l’ange” è concepito come una trasfigurazione dell’aria “Qui est homo, qui non fleret” dallo Stabat Mater di Pergolesi  tratteggiato  in una trama  armonica percorsa da uno straordinario pathos  espressivo  con le ampie linee motiviche enunciate dalla voce elegiaca del violoncello di Anja Lechner che si intesse in modo superlativo  con l’incantato incedere cadenzato del piano di Francois Couturier, le sognanti  evoluzioni  del bandéon di Jean-Louis Matinier e la coinvolgente densità  delle interiezioni avvolte in un aura misteriosa del sassofono soprano di Jean-Marc Larché.
I titoli dei vari brani ricordano persone, luoghi e oggetti cari a Tarkovskij.
“Tapia”, brano 2,  affettuoso soprannome del figlio Andrej , “Mourussia”, brano 4, dolce appellativo per la mamma che il regista coinvolse nel film Lo specchio, “San Galgano” impressionante abbazia circestense in rovina in terra di Siena (Chiusdino)  che appare nella meravigliosa sequenza finale del film Nostalghia, “Mouchette” (brano 6)  amato film di Robert Bresson, “Mychkine” (brano 5) eroe dostoievskiano,  “L’Apokalypse” (brano 8), tema profondamente sentito che percorre i suoi ultimi tre lavori (Stalker, Nostalghia, Sacrificio) o “Doktor Faustus” di Thomas Mann, progetto di trasposizione filmica molto sentito ma mai realizzato.
La musica di J. S. Bach che troviamo in molti suoi film (Solaris, Lo Specchio, Stalker  e Sacrificio) viene evocata  in “Maroussia” (brano 4) dove echeggiano gli accordi del corale “Ich will hier bei dir stehen” della Mattaeus – Passion e ne “La passion selon Andrei”  (brano 7) in cui affiora l’immagine dell’imponente corale “Herr, unser Herrscher”  che apre la Johannes-Passion .
Assolutamente  rimarchevole  troviamo l’accostamento ideale del graffiante  gesto ritmico condotto da sassofono, pianoforte e accordéon,  che segue il  meditativo tema introduttivo  tratteggiato dal  violoncello che anima il  brano 8  “L’Apocalypse”, alle atmosfere della formidabile  “Sonata n. 2” per violino e piano di Alfred Schnittke, denominata “Quasi una sonata”  – lavoro originato dalla colonna sonora composta per il film d’animazione L’armonica di vetro  (1968) di Andrej Krhzanovskij  – in cui nel conflitto dialettico fra l’iniziale triade in sol minore e il tema derivato dal monogramma BACH (si bemolle – la – do – si) si concretizza la drammatica disintegrazione armonica di una classica forma musicale.
La lacerante espressività del linguaggio di Dmitri Shostakovich  emerge nelle stranianti atmosfere  metafisiche trasmesse dal “Doktor Faustus” (brano 9) che guidano l’ascoltatore verso una profonda riflessione esistenziale  mentre  la struggente trama  dalla forte connotazione impressionista e introspettiva che investe il brano 12  “De l’autre coté du miroir” conclude una parabola musicale profondamente originale e toccante che rende pienamente onore all’arte impareggiabile e indimenticabile di Andrei Tarkovskij e al suo profondo messaggio etico e umano.

http://colonnesonore.net/recensioni/cinema/1831-tarkovsky-quartet-.html

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