The Dragon Lady Anscombe, Gertrude Elizabeth Margaret : Modern Moral Philosophy pdf – Wittgenstein post

GRIMI Elisa, G.E.M. Anscombe. The Dragon Lady, Cantagalli, Siena 2014, pp. 525.

Modern Moral Philosophy

Questo testo costituisce la prima monografia in italiano su Gertrud Elizabeth Margaret Anscombe. Il suo obiettivo è ambizioso ma arduo e l’autrice mostra di esserne consapevole: «il presente scritto non vuole essere una sintesi globale del suo pensiero, tanto vasto che richiederebbe ancora anni interi di studio, ma una prima introduzione, un avvio ad una ricerca» (p. 11). Nell’introduzione viene esplicitato il criterio attorno al quale ruota l’intero volume: «negli scritti di Anscombe si ritrova una forte, quasi instancabile, insistenza per la verità; la verità inoltre si pone quale condizione per comprendere cosa rende buona un’azione. È dall’azione che Anscombe parte» (p. 10). Considerare la filosofia dell’azione il nucleo della riflessione anscombiana significa accogliere una chiave ermeneutica assodata nella letteratura secondaria; più originale è utilizzarla come elemento unificatore della sua teoresi. La mole degli scritti di Anscombe, l’eterogeneità dei suoi interessi e la difficoltà del suo stile, rendono complesso il lavoro di Grimi. La sua scelta consiste nel presentare con metodi distinti una selezione degli scritti più significativi di Anscombe.

Nel primo capitolo viene tratteggiata la vita di Anscombe (1919-2001), con particolare riferimento alla sua conversione religiosa e ai suoi studi a Oxford e a Cambridge, dove poi insegnò. Esso risulta opportuno per una contestualizzazione, tenuto conto che molti degli scritti anscombiani sono una riflessione, addirittura una reazione, a problematiche storiche e a fatti contingenti. Il lettore potrebbe rimanere infastidito da un eccessivo indugiare su particolari della vita di Anscombe. Nessuna concessione al gossip, ma il desiderio di rendere evidente come «in Anscombe passione, vita e filosofia sono un tutt’uno e in tale unità si cela anche l’incisività irriducibile del suo pensiero» (p. 9). In quest’ottica i traslochi della famiglia Geach, la nascita di sette figli e finanche la descrizione della casa rurale ereditata dalla madre e in cui era solita passare le vacanze estive, diventano particolari non insignificanti.

Il secondo capitolo è dedicato al rapporto tra Anscombe e Wittgenstein. Dopo una presentazione del clima culturale nelle Università di Cambridge e Oxford negli anni Trenta del secolo scorso, grazie al quale Anscombe studiò sui classici, ma dove non trovava adeguate risposte alla sua critica nei confronti del neopositivismo, vengono trattate le questioni che resero Anscombe allieva di Wittgenstein, cioè quelle che problematizzavano il rapporto tra pensiero e realtà. Grimi si sofferma sull’interpretazione che la filosofa dà del Tractatus, discostandosi da quella di Russell. Alla presentazione capitolo per capitolo dell’Introduzione al Tractatus di Wittgenstein del 1959 segue un approfondimento di alcuni temi funzionali alla morale: pensando con Wittgenstein e facendolo discutere con Aristotele e Hume, Anscombe formula la sua critica al mentalismo e distingue tra “cause” e “ragioni”.

Alla contestualizzazione storica è dedicato il capitolo terzo, in cui viene presentato lo status quaestionis della filosofia morale britannica nella prima metà degli anni Cinquanta e si evidenzia l’opposizione tenace di Anscombe alla Mr. Truman Degree. Quest’ultimo episodio la obbligò a riflettere sulle nozioni di merito, responsabilità, innocenza, guerra giusta, pace, scelta, educazione.

A conferma del fatto che la filosofia di Ascombe ha origine «da un cuore in ricerca provocato dai fatti» (p. 118), le circostanze approfondite nel terzo capitolo sono all’origine di Intention (1957) che può essere annoverato tra gli scritti più importanti di filosofia morale del Novecento. L’intero quarto capitolo costituisce un’esegesi a ciascuno dei 52 paragrafi che compongono quest’opera. L’approccio è aristotelico, lo stile è wittgensteiniano, il tema è quello della filosofia dell’azione. L’acribia con cui è svolto il lavoro confina, a tratti, con la pedanteria, ma mette in luce i principali aspetti del testo: la distinzione tra intenzione (che indica uno stato mentale) e intenzionalità (che costituisce una proprietà della mente), la correlazione tra intenzione e azione, il ruolo che ragioni e cause rivestono nel compiere un’azione, l’attualizzazione del sillogismo pratico aristotelico, la connessione tra “volere” e “bene”, la possibilità di una conoscenza pratica e l’intrinseca teleologicità della deliberazione. Intention sembra (dis)chiudersi con un paradosso che Grimi presenta ammettendo che «stando allo stile in cui è elaborato, non si presenta come un saggio dalla tesi definita ma più come un disvelare, passo passo, l’intricata trama di come il pensiero si muove rispetto e nell’azione» (p. 249).

L’analisi degli scritti di filosofia morale di Anscombe culmina nel quinto capitolo con lo studio di Modern Moral Philosophy, composto nel 1958 dove collega la filosofia morale alla “filosofia della psicologia” e limita il ricorso al concetto di “dovere morale”. Il fine della moralità consiste non tanto nel rispetto di una legge, ma nella fioritura umana come indicano gli insegnamenti della rivelazione evangelica.

Dal punto di vista cronologico, il capitolo sesto rappresenta un ritorno al passato, quando la ventottenne Anscombe, durante una riunione al Socratic Club di Oxford, commentò Miracles. A preliminary Study di Lewis. La rilevanza delle critiche mosse dalla Anscombe a Lewis viene studiata comparando in una vera e propria sinossi le due edizioni curate da quest’ultimo prima e dopo l’incontro al Socratic Club. Grimi si concentra sull’argomento di Lewis contro il  naturalismo, così formulato: «l’ipotesi che il pensiero umano possa essere spiegato in modo completo come il prodotto di cause non-razionali è incompatibile con la credenza nella validità della ragione» (p. 334). Anscombe lo rifiuta, perché lo considera basato su una confusione tra le nozioni di “ragione”, “causa” e “spiegazione”. In seguito alle critiche anscombiane il genere letterario di Lewis si allontanò dalla prosa filosofico-teologica per approdare al fantasy, il che lo renderà noto come l’autore del ciclo di Narnia. Lewis abbandonò il rigore filosofico per presentare le sue tesi sotto forma di racconti fantastici, all’apparenza storie per bambini. Questo stravolgimento stilistico ha una valenza anscombiana, nel senso che è capace di rendere le tesi filosofiche alla portata di un pubblico più vasto e di mostrarne la cogenza non attraverso il rigore, ma facendo ricorso alla loro rilevanza esistenziale e al loro fecondare le azioni. Forse qui sta la curiosa scelta del sottotitolo voluto da Grimi per il suo saggio: The Dragon Lady, soprannome che fu esplicitamente attribuito alla Anscombe da alcuni suoi colleghi per la sua vis polemica (p. 11).

Il settimo capitolo prende le mosse da un discorso inaugurale tenuto nel 1971 presso l’University of Cambridge. Esso costituisce una presa di posizione contro il determinismo e una delucidazione della nozione di causalità. Dopo un lungo excursus storico da Aristotele a Hume, attraverso Spinoza e Hobbes, fino a Kant, Mill e Russell, e una presentazione dell’uso del concetto di causa nella scienza moderna, Anscombe respinge l’associazione del termine “causa” a quelli di “necessità” e “universalità”.

Quale l’eredità del pensiero di Anscombe? Per rispondere, Grimi ricorre alla dizione tomismo analitico che includerebbe gli autori che hanno messo in relazione la tradizione analitica con il pensiero dell’Aquinate. L’ottavo capitolo presenta tale corrente, etichettando, se ce ne fosse bisogno, la filosofia di Anscombe.

Un cambio di tono si ha nel capitolo finale, dove la personalità di Anscombe viene approfondita ricorrendo ad alcune testimonianze dirette, raccolte tra suoi allievi o colleghi:  C.M. Coope, R. Hursthouse, A. Llano, A. Müller, J. Jacobs, C.O. Achrag, R. Teichmann e M. Midgley.

Una brevissima conclusione insiste sul fatto che il saggio rappresenta un lavoro in progress e che l’attualità di Anscombe consiste nell’essere «una filosofa capace di interloquire in un’epoca pragmatica e con un soggetto che, non poche volte, fa dell’azione esito e cardine del suo pensiero» (p. 470).

Termina il volume un elenco dei corsi tenuti da Anscombe in ciascuno degli anni accademici in cui ha svolto attività di insegnamento e una bibliografia con l’elenco dei suoi scritti, delle traduzioni delle sue opere e della letteratura secondaria.

I capitoli in cui è diviso il libro risultano piuttosto eterogenei tra loro. Il risultato apparente è quello di generare una sorta di smarrimento nel lettore che per la prima volta si accosta al pensiero di Anscombe e il rischio è di concentrarsi esclusivamente su un capitolo. Tale disorientamento potrebbe essere voluto, in quanto parte dello spirito di Anscombe: l’eterogeneità cela il poliedrico modo con cui va presentata una filosofia terapeutica, fatta più per coinvolgere il lettore che per convincerlo della bontà di determinate tesi. La stessa Grimi rileva che «risulta difficile procedere nella lettura di Anscombe per comparti fissi riassunti in maniera definitiva» (p. 263).

Più opinabili sono le scelte compiute per fornire un’adeguata contestualizzazione, usare la letteratura secondaria e presentare le conseguenze del pensiero di Anscombe nell’attuale panorama filosofico. Se l’obiettivo era quello di fornire una lettura della sua filosofia, l’approccio ai testi poteva essere più diretto; se, viceversa, il fine era quello di presentare la figura di una filosofa, il ricorso ai testi avrebbe dovuto lasciare più posto agli strumenti della storia della filosofia. L’uso della letteratura secondaria (prevalenti i testi di Carli e Donatelli) pare funzionale a sostenere il punto di vista di Grimi, mentre il suo uso critico avrebbe arricchito l’intero lavoro. Per quanto riguarda lo studio dell’influenza di Anscombe, i cenni di tomismo analitico non affrontano direttamente la questione circa la sua ricezione, finendo per apparire non necessari. Ci si sarebbe forse potuti aspettare maggiore coraggio da parte dell’autrice. Ad esempio, che cosa Anscombe intendeva con l’espressione filosofia della psicologia? (pp. 227; 251-252; 254 e 259). Che cosa indica analiticamente l’espressione amore per la verità? (pp. 31 e 74).

Elisa Grimi, forte della sua maturità scientifica, spiega i riferimenti di Anscombe alle scienze dure (es. pp. 376-388); le sue competenze filosofiche le hanno consentito di gestire una mole di materiale di non facile lettura. Roger Pouivet ha scritto al riguardo: «even if the reader is (like myself) completely lost, one gets the feeling that Anscombe knows where she is going and that she is saying something very important» (R. Pouivet, rec. a G.E.M. Anscombe, Faith in a Hard Ground, Imprint Academic, Exeter 2008, «Philosophy in Review», 29 [2009], p. 69).

Si potrebbe rimproverare all’autrice il suo entusiasmo. Da studiosa di Anscombe, subisce il fascino «irriducibile del suo pensiero, che non lascia scampo ai suoi interlocutori» (p. 9). Proprio l’entusiasmo rende talvolta la prosa poco sobria. Riprendendo la metafora di Anscombe, che paragonò il fare filosofia al cucinare la crema pasticcera (pp. 16 e 118), potremmo dire che l’intero volume è stato tolto dal fuoco con qualche minuto di anticipo. In ogni caso Grimi ha portato a termine un lavoro meritorio, capace di colmare una lacuna degli studi italiani sulla storia della filosofia contemporanea.

Marco Damonte

http://www.actaphilosophica.it/it/bibliographical-resources-gem-anscombe-dragon-lady

Anscombe, Gertrude Elizabeth Margaret (1919–2001)

Published
2017

Article Summary

G.E.M. Anscombe (1919–2001) is recognized as one of the most brilliant philosophers of the twentieth century. She is also well known as the translator and editor of Wittgenstein’s later writings, including his Philosophical Investigations. The work Anscombe undertook between 1956 and 1958, during which time she was concerned with the content and foundations of moral philosophy, has been extremely influential in philosophy of action and ethics. Her 1957 monograph, Intention, seeks to give an account of the psychological concepts she thought necessary for moral philosophy to be possible – intention, desire, reason, motive – and is one of the most significant philosophical works on action. Her much anthologized paper ‘Modern Moral Philosophy’ (1958) marks the beginning of the revival of virtue ethics.

Anscombe’s work attempts to recover for a contemporary audience the premodern conception of human nature, action and ethics that is found in the writings of Aristotle and St Thomas Aquinas. Anscombe held that the bifurcation of man into mind and body which arose during the seventeenth century – and replaced the Aristotelian dichotomy of form and matter – had disastrous consequences in the philosophy of psychology and ethics. She subjected concepts along the fault line created by this change – cause, substance, mental event, intention, subject, object, freedom, sensation, self-consciousness – to detailed analysis using the method of grammatical enquiry. This method, learnt from Wittgenstein, involves describing the complex use of language in the context of our human form of life. In Anscombe’s work, this analysis reveals that the picture of the human subject that our Cartesian intellectual inheritance makes intuitive is profoundly mistaken.

https://www.rep.routledge.com/articles/biographical/anscombe-gertrude-elizabeth-margaret-1919-2001/v-2

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