per me spagna e catalogna si preparano alla ritirata : STORIA DELLA SPAGNA link

Referendum Catalogna, Cacciari: “È stato un altro fallimento dell’Europa: poteva essere mediatrice, invece sta a guardare

MA L’ELEMENTO FONDAMENTALE E’ CHE LA CATALOGNA E’ FORTE  ECONOMICAMENTE PROPRIO NEL CONFRONTO, CON LE ALTRE ENTITA’ ILLUSTRATE IN CARTINA, DA SOLA NEL MERCATO GLOBALE CHE CONTEREBBE? PERSINO CHI HA CHIESTO LA BREXIT ED HA BEN ALTRA RILEVANZA! STA ADOTTANDO TUTTE LE CAUTELE…

Il filosofo, ex sindaco ed ex europarlamentare, da sempre europeista, parla al Fatto.it: “L’Ue doveva fare da paciera e spiegare a Rajoy che non poteva ignorare la questione. Invece ha lasciato che una battaglia che nel 2017 è senza senso diventasse una lotta per la democrazia. E il silenzio dei partiti dimostra la loro ignoranza”

di Gianni Rosini | 3 ottobre 2017

Dal punto di vista puramente giuridico, spiega Angela Del Vecchio, docente di Diritto dell’Unione Europea alla Luiss, le istituzioni europee avevano le mani legate. “Se ci atteniamo all’aspetto giuridico – spiega a Ilfattoquotidiano.it – all’Unione Europea non possono interessare le divisioni interne ai Paesi membri, ma solo le entità statali. È con loro che si rapporta e comunica, non con le diverse anime che le compongono. Se lo facesse, darebbe importanza a una moltitudine di movimenti secessionisti e indipendentisti sparsi in Europa. Come gli altri movimenti spagnoli, quelli belgi, il movimento còrso e quello nordirlandese”.

Cacciari, però, non accetta di ridurre la questione del voto catalano a un’analisi tecnica. In gioco, spiega il professore, c’è la legittimazione dell’Ue agli occhi degli Stati membri. Una questione più politica che tecnica. “Il silenzio dei vari partiti politici europei – continua il filosofo – è ancora peggio di una semplice assenza: è la dimostrazione di una totale ignoranza, una non conoscenza della questione catalana. Stiamo parlando di un disastro ampiamente annunciato, viste le dichiarazioni di entrambe le parti. Bastava intervenire politicamente e proporsi come mediatore tra le parti, istituire un tavolo di dialogo o, almeno, spiegare a Rajoy, che in questa vicenda ha dimostrato una stupidità culturale e strategica sorprendente, che dichiarare il referendum illegale, appoggiato dalla Corte Costituzionale, sarebbe bastato a far finire questo voto nel dimenticatoio, come nel 2014”. Invece, si è lasciato che a dettare legge fossero i manganelli della Guardia Civil che è andata a stanare gli organizzatori del referendum ai seggi e a impedire a centinaia di persone di votare. “Se avessero permesso il voto – continua il professore – alle urne si sarebbe presentato un 50-60 per cento dei catalani e le percentuali di ‘sì’ sarebbero state tali da dimostrare che la maggioranza degli abitanti della regione autonoma non è interessata all’indipendenza. Quella dell’indipendenza catalana, nel 2017, è una battaglia senza senso, ma il governo di Madrid l’ha fatta diventare una lotta per la democrazia”.

Nonostante il clima pesante, il portavoce della Commissione Europea, Margaritis Schinas, ha dichiarato che il presidente Jean-Claude Juncker – che ieri si è sentito telefonicamente con Rajoy – è disponibile a discutere della questione catalana in audizione al Parlamento Europeo, ma che “si tratta di un problema interno alla Spagna”. Tradotto: non interverremo. “Perseverano nell’errore – continua Cacciari – e perdono una grande occasione. L’Unione Europea poteva ergersi a ruolo di mediatore, di Europa dei Popoli che fa da paciere tra le diverse anime che la compongono. Invece, con questo distacco, si conferma quel gigantesco marchingegno burocratico che in molti l’accusano di essere”.

Ruolo che i politici di Bruxelles non sempre ricoprono. In occasione delle elezioni politiche, ma non solo, alle quali hanno corso candidati di partiti cosiddetti populisti o neonazionalisti, molti rappresentanti della classe politica europea, tra cui lo stesso Juncker, si sono esposti contro l’avanzata del “pericolo” populista. “In quel caso – sostiene Cacciari – hanno ben chiaro il proprio nemico e, quindi, lo attaccano in difesa della propria identità. In casi come quello catalano, però, non sono capaci di distinguere chi sia il loro nemico, ossia il caos politico che si può generare, e quindi rimangono zitti. Così facendo, offrono un assist proprio ai partiti populisti che cercano di combattere”. Di rischi per l’Unione Europea, però, ce ne sono: perdere la Catalogna, uno dei quattro motori economici d’Europa. “Nell’ipotesi di una secessione – conclude Del Vecchio – la Catalogna rimarrebbe fuori dall’Europa e dovrebbe avviare da capo l’iter per entrare a farne parte. Il problema è che serve l’unanimità dei Paesi membri e non credo che Madrid e altri Paesi che combattono i movimenti indipendentisti in casa loro voterebbero in favore dell’entrata della Catalogna nell’Unione”.

8. Non usciremo dall’Unione Europea
Gli indipendentisti sostengono che la Catalogna sicuramente non uscirà dall’Unione Europea, una volta raggiunta l’indipendenza, ma non è una cosa certa o automatica.

Come ha scritto il País, dal 2004 a oggi tutti i presidenti della Commissione europea – Romano Prodi, Jose Manuel Barroso e Jean-Claude Juncker – hanno sostenuto il contrario: se un territorio di uno stato membro smette di esserne parte, perché diventa indipendente, i trattati dell’Unione Europea non potranno continuare ad essere applicati automaticamente a questa parte di territorio. Se vorrà diventare membro dell’Unione Europea, il nuovo stato dovrà fare formale richiesta, secondo quanto prevede l’articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea: significa che la sua candidatura dovrà essere accettata da tutti gli attuali stati membri, quindi anche dalla Spagna, che però potrebbe non essere d’accordo in caso di dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna.

C’è poi un’altra questione. Per come è fatto oggi il sistema internazionale, uno stato per essere tale deve avere un ampio riconoscimento internazionale (un’entità può definirsi stato in maniera unilaterale, ma se non viene riconosciuto dagli altri non può avviare relazioni diplomatiche, non può entrare a far parte di grandi trattati internazionali, e così via). Come disse lo scorso 25 marzo Artur Mas, ex presidente catalano, «se non ti riconosce nessuno, le indipendenze sono un disastro». Un passaggio fondamentale per ottenere questo riconoscimento è l’ONU. Per ammettere un nuovo stato nell’ONU, questo deve essere raccomandato dal Consiglio di Sicurezza, dove ci sono cinque stati con poteri di veto tra cui la Francia, che non sembra troppo incline a favorire spinte separatiste in un altro paese europeo. La candidatura deve poi essere approvata dai due terzi dell’Assemblea generale, organo che rappresenta tutti gli stati membri dell’ONU. È difficile dire come potrebbe finire tutto questo, visto che ci sono altri stati europei che sono soggetti a spinte indipendentiste e che probabilmente si opporrebbero a un riconoscimento della Catalogna indipendente, per non alimentare gli autonomismi o indipendentismi locali.

http://www.ilpost.it/2017/09/28/falsi-miti-indipendentismo-catalogna/

STORIA DELLA SPAGNA – La decadenza | controappuntoblog.org

Lo stato delle cose Der Stand der Dinge : Wim Wenders

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