César Franck : Prélude, choral et fugue – Mozart-Franck by Alessandro Vena

Musica: César Franck

  1. Prélude: Moderato (si minore)
  2. Choral: Poco più lento (do minore)
  3. Fugue (si minore)

Organico: pianoforte

Composizione: 1884

Prima esecuzione: Parigi, Société Nationale de Musique, 24 gennaio 1885

Edizione: Enoch, Parigi, 1892 circa

Dedica: Marie Poitevin

Guida all’ascolto 1 (nota 1)

Grande organista e illuminato didatta, César Franck, nato nel 1822 a Liegi ma vissuto sempre a Parigi, era stato assai attivo compositore fin dagli anni della giovinezza, ma la pienezza e l’originalità della sua forza creativa non si affermarono che con la maturità. Le opere che dovevano restare come maggiormente rappresentative della sua arte appartengono al numero di quelle da lui composte dopo i cinquant’anni in un fervore operoso crescente sino alla fine, avvenuta nel 1890.

Nutrito di Bach e partecipe del movimento romantico europeo, Franck si distingue tuttavia per una posizione sua particolarissima, priva in sostanza di predecessori e, per quanto riguarda i seguaci, dispersasi nell’epigonismo più che altro accademico dei suoi diretti discepoli, capeggiati da Vincent D’Indy.

Un «caso» a sé, insomma, nella storia della musica francese, non privo di aspetti contraddittori, come quello rappresentato dal forte dislivello avvertibile fra le poco scoscese, seppur vaste, pianure di tanta parte della produzione franckiana e le altissime cime che su di essa a tratti si elevano. «Opere uniche», in genere. L’unica sinfonia, la Sonata per violino e pianoforte, il Quartetto, il Quintetto, il trittico pianistico Preludio, Corale e Fuga sono, fra le composizioni di Franck, quelle che fanno della sua arte una «presenza» viva e, diremmo, imprescindibile nel patrimonio musicale della nostra civiltà.

Fra cielo e terra, fra passato e presente, il mondo poetico franckiano, compenetrato di fervido misticismo e di caldo afflato umano, è dominato da un sentimento di compunzione grave e mesta che spesso tuttavia sfocia nella gioia spirituale di celestiali apoteosi. La polifonia, arricchita di tutte le potenze del colore moderno, ne costituisce la viva sostanza, il senso dell’architettura, la base ideale.

Proprio la coscienza della forma architettonicamente intesa condusse Franck alla concezione definitiva di quell’opera augusta e mirabile come un fregio antico che porta il nome di Preludio, Corale e Fuga. Il musicista si era primamente proposto di comporre un preludio e fuga alla maniera dei maestri del passato. Ma nel corso del lavoro il primitivo disegno assunse sempre più vaste proporzioni nella sua mente, sicché fra il preludio e la fuga finì con l’inserirsi quel corale che dal primo prende spunto e la seconda prepara, in un giro di arcate e di illuminazioni che si solleva alla gloria di una cattedrale di superba bellezza.

Massimo Bruni

Guida all’ascolto 2 (nota 2)

E’ curioso ma non incomprensibile il fatto che dalla prima composizione per pianoforte, le Variations brillantes sur l’air du “Pré aux Clercs” del 1834, passino cinquantanni perché possiamo trovare la vera prima opera pianistica importante, Preludio, corale e fuga del 1884, seguita due anni dopo da un altro trittico, Preludio, aria e finale. Ma è un vuoto, strano per un compositore dell’Ottocento, che si spiega con l’importante produzione organistica che non solo lascerà in qualche modo il segno sul suo pianismo ma che, portando avanti in qualche modo lo spirito dell’opera in programma, giungerà ad ideale coronamento nel 1890 con un capolavoro assoluto come i Tre corali.

Sin dalla prima esecuzione di questo lavoro, avvenuta il 25 gennaio 1885 per la Société Nationale de Musique nella interpretazione di Marie Poitevin, i giudizi furono entusiasti, anche se l’analisi fatta da d’Indy, sintetica sul piano musicale, non si sbilanciava troppo e la posizione di Saint-Saëns appariva ancora meno puntuale. All’opposto quest’opera, punta di diamante fra i più belli dell’intera produzione di Franck, non mancherà di esegeti che si lasceranno trascinare a interpretazioni quasi mistiche, suscitando più tardi il disappunto di Cortot, o di altri più portati a interpretare poeticamente la pagina musicale come fa Rivière quando scrive: “E’ sempre come una mano che si apre lentamente, come l’insensibile introduzione a più luci, come una chiarità che filtri attraverso un maggiore spazio”.

Per una lettura più attenta credo invece sia oggi il caso di tener presente alcune cose essenziali: per primo il richiamo a Bach, con l’aggiunta di un corale nella zona centrale, di una concezione architettonica che per complessità ed equilibrio trova pochi altri casi nella musica dell’Ottocento; poi l’elemento ciclico, ricorrente anche altrove in Franck, con il tema conduttore dal quale nascerà il tema della fuga, fra innumerevoli sfaccettature interne di interdipendenza; ancora uno spiccato senso cromatico che se in un primo momento ci fa ritornare a Wagner, dall’altro è più giusto attribuire direttamente al suo maestro Reicha; infine uno spirito romantico che si nutre pianisticamente di Liszt ma anche della poesia schumanniana.

Il Preludio è costruito, nello spirito classico, su due elementi fondamentali: un movimento veloce di trentaduesimi quasi di carattere improvvisatorio, e una zona “a capriccio” di contrasto, nella quale appare la cellula prima del tema della fuga. Il libero alternarsi di questi due elementi porta al Corale, in tempo poco più lento, costruito su due elementi con autonomia tematica ma con un ulteriore arricchimento dello spunto tematico della fuga. E’ una pagina ampia, solenne, di intensa poesia, che lascia il posto all’intera esposizione del tema nel Poco Allegro e di lì a poco nella Fuga vera e propria. Ciò avviene come una specie di rivelazione. La fuga si sviluppa quindi con estremo rigore costruttivo ma ad un certo punto, dopo un concitato crescendo di intensità e di volumi, si blocca sull’accordo arpeggiato della dominante di si minore. A questo punto, nello spirito di una cadenza, si riprende il movimento continuo del Preludio e di lì a poco anche il Corale. Con una logica formale e costruttiva ineccepibile assistiamo alla sovrapposizione delle tre parti della composizione in un mirabile equilibrio fra spirito classico e ripensamento romantico, senza alcuna contraddizione.

Renato Chiesa


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia,

Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 7 novembre 1969

(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell’Accademia Filarmonica Romana,

Roma, Teatro Olimpico, 14 febbario 1994

http://www.flaminioonline.it/Guide/Franck/Franck-Preludio21.html

 

Mozart-Franck. Intervista ad Alessandro Vena

a cura di Paola Parri

Esce per i tipi della Sheva Collection un interessante cd dedicato ad alcuni capolavori di W.A.Mozart e al compositore belga César Franck, un insolito accostamento di cui è artefice il Maestro Alessandro Vena, insieme al Maestro Ettore Cominetti e l’Orchestra Cameristica Lombarda. La registrazione live include fra i brani più interessanti il “Concerto K 466” di W.A.Mozart nella versione per archi e armonium di Franck, il “Preludio, fuga e variazione” op 18 di Franck. Ne abbiamo parlato con Alessandro Vena, artefice di questo progetto musicale, in una breve intervista. Alessandro Vena, diplomato in pianoforte, clavicembalo e didattica musicale, perfezionatosi con Carlo Grante, Sasha Baicjc e Paola Bruni, svolge oggi un’intensa attività concertistica sui palcoscenici di tutto il mondo.

Paola Parri: Maestro lei di recente ha pubblicato per Sheva Collection un cd dedicato alla musica di Mozart e di César Franck. Vuole raccontarci la genesi di questa registrazione?

Alessandro Vena: L’incisione discografica del Concerto k 466 di Mozart rivisitato da Franck è il frutto di un attento lavoro di scoperta di opere inedite che insieme alla casa discografica Sheva Collection stiamo cercando di portare alla luce. Il manoscritto è stato ritrovato da poco più di un anno presso la biblioteca del Conservatorio di Parigi, cosi insieme al maestro Ennio Cominetti, eccellente musicista e direttore d’orchestra abbiamo pensato di inciderlo proponendo non soltanto una prima registrazione assoluta mondiale, ma anche, trattandosi di un “live”, una prima esecuzione assoluta, avvenuta nell’agosto 2012 sul lago di Como per i circuiti musicali internazionali.

P.P.: Che operazione ha compiuto Franck sulla musica di Mozart?

A.V.: Nel Concerto in re minore Franck non inserisce grandi cambiamenti nell’impianto generale del pezzo e soprattutto nella parte pianistica in cui il solista si trova a suonare totalmente la scrittura mozartiana. È invece nell’organico orchestrale che Franck sostituisce i fiati attraverso l’armonium, uno strumento molto antico e assai usato nelle Chiese dell’epoca, ovviamente adattando alle caratteristiche dello strumento la scrittura che era invece prevista per i fiati.

P.P.: Vuol parlarci di questo strumento musicale: l’armonium?

A.V.: Come già anticipato si tratta di un antico strumento a tastiera, una sorta di piccolo organo, utilizzato anticamente nelle chiese per accompagnare le funzioni liturgiche. In esso il suono viene prodotto attraverso l’uso di pedali che trasportano l’aria e comandano il mantice, ottenendo un suono molto tipico e ovviamente dalle sonorità ridotte. Nella registrazione, se si fa attenzione, spesso si sente un rumore di sottofondo, una specie di sibilo, non del tutto piacevole, ma che dà la chiara dimostrazione del movimento dei pedali che trasportano l’aria necessaria per emettere i suoni.

P.P.: La musica di César Franck forse non è così nota al grande pubblico come quella di W.A. Mozart. Quali caratteristiche possiede?

A.V.: Sicuramente Cesar Franck è un compositore che meriterebbe molto di più essere inserito nei cartelloni delle stagioni dei concerti e nelle registrazioni discografiche. Eccezione fatta per poche sue composizioni, in particolare alcune per pianoforte come per esempio il Preludio Corale e Fuga, o le Variazioni sinfoniche e alcune pagine per organo, molti dei suoi capolavori sono tuttora nascosti e non noti al grande  pubblico. Spesso sentiamo esecuzioni di alcuni concerti per pianoforte e orchestra di cui possediamo centinaia di registrazioni, mentre sulle dita di una mano si contano le esecuzioni del suo concerto n. 2, che io stesso mi auguro di poter incidere.

P.P.: In questo lavoro lei esegue e interpreta il Preludio, fuga e variazione op. 18 di Franck, quasi una rarità da ascoltare date le scarse esecuzioni di cui gode. Cosa la affascina di questa composizione?

A.V.: Il Preludio, fuga e variazioni op 18 è un vero gioiello scritto da Franck originariamente per armonium. La registrazione da me effettuata è frutto di una eccellente trascrizione fatta nel Novecento da Bauer, grandissimo pianista e bravissimo trascrittore. Le armonie presenti in questa pagina e la capacità straordinaria di incentrare il tutto su un piccolissimo tema iniziale del preludio, poi variato nel movimento finale dopo la grandiosa fuga in cui l’autore mette in opera tutte le sue abilità contrappuntistiche, a mio avviso pongono l’op 18 tra le composizioni più affascinanti in assoluto ed è bello aver dato un piccolo  contributo alla diffusione di questa pagina ancora poco nota attraverso la registrazione in disco.

P.P.: Ci sono degli elementi di vicinanza fra la musica di Mozart e quella di Franck?

A.V.: Credo che pur restando profondamente ancorati ai rispettivi caratteri stilistici, il principale elemento di vicinanza sia la capacità di entrambi di creare opere immense partendo da temi sopraffini nonché la straordinaria padronanza di muoversi con maestria nelle grandi forme.

P.P.: Oggi il pianoforte è uno degli strumenti più studiati dai professionisti e dagli amatori, uno dei più apprezzati e ricercati dal pubblico. Quali sono a suo giudizio le ragioni di tanto grande successo di questo strumento?

A.V.: Il pianoforte è da sempre uno strumento affascinante e molto amato; questo fenomeno non è determinato soltanto dalle sue caratteristiche sonore, timbriche e fisiche, ma anche e forse soprattutto dalla immensa, sterminata e unica letteratura dedicatagli nei secoli dai maggiori compositori. Nessun altro strumento quanto il pianoforte può vantare pagine così interessanti e questo lo pone in una posizione di primaria visibilità e richiesta nelle stagioni concertistiche di tutto il mondo.

P.P.: Quali sono stati i compositori che hanno favorito l’affermazione del pianoforte in ambito concertistico e in che modo?

A.V.: Seppure in forma diversa senza dubbio Chopin e Liszt hanno determinato l’azione concertistica del pianoforte. Liszt fu l’ideatore del cosiddetto “recital”, aprendo le porte al suo strumento nei maggiori teatri, togliendolo da una prospettiva più limitata quale quella del salotto aristocratico che restò invece l’habitat principale di Chopin. Più tardi altri furono i grandi pianisti-compositori che contribuirono all’affermazione del concerto pianistico moderno, primo fra tutti Rachmaninov con i suoi concerti per pianoforte e orchestra che ancora oggi occupano un primato fondamentale.

P.P.:  Lei perché ha scelto di suonare il pianoforte? Quando e come ha iniziato?

A.V.: La mia scelta di suonare il pianoforte fu istantanea e decisiva. Ricordo perfettamente che decisi di voler diventare pianista dopo l’ascolto di un Notturno di Chopin, così da indurre i miei genitori a trovarmi un insegnante.  Nella cittadina lucana in cui vivevo e vivo Pisticci (Mt), non esisteva una vera scuola di musica e il Conservatorio era lontano per le condizioni dell’epoca, così come molti altri iniziai le prime lezioni da un artigiano che era però un grande amante della musica. I notevoli miglioramenti però spinsero i miei a trovarmi un nuovo maestro. Tutto sommato il mio è stato un percorso formativo vissuto lontano dall’ambiente del Conservatorio, in quanto mi sono diplomato in pianoforte appena ventenne da privatista.Da quel momento ho iniziato un percorso di perfezionamento non soltanto pianistico ma anche musicale e personale e ciò lo devo essenzialmente a due immensi pianisti Carlo Grante e Saha Baicij  con i quali  ho avuto modo di approfondire non solo aspetti tecnici e del repertorio ma anche di apprendere una nuova concezione di tipo mentale basata sull’aspetto analitico, sonoro e spirituale. La scuola russa, insomma, è stata e continuerà ad essere il mio costante modello di riferimento.

P.P.:   Se dovesse scegliere la musica di un solo compositore da eseguire, quale prediligerebbe e perché?

A.V.: Non ho dubbi sceglierei l’integrale di Chopin. Ritengo la sua musica la più perfetta scritta per questo strumento. Non si può pensare al pianoforte senza pensare a Chopin, nessuno più di lui ha mai dato cosi tanto al suo strumento e nessuno ha scritto anche le parti più difficili in una modalità  perfettamente eseguibile dimostrando una profonda e perfetta conoscenza delle capacità e dei limiti del pianoforte.

P.P.: Oltre al diploma in pianoforte e clavicembalo, lei ha anche conseguito il diploma in didattica del pianoforte. Se dovesse individuare quelli che sono gli elementi imprescindibili nell’apprendimento quali menzionerebbe?

A.V.: Busoni in una vecchia intervista menzionava l’attitudine all’ascolto; questo è infatti un elemento essenziale per essere un buon pianista, perché soltanto attraverso un’analitica capacità di ascolto si può arrivare alla definizione del proprio lavoro  cosi da migliorare costantemente. Tecnica al servizio della correttezza stilistica, fraseggio preciso e timbrica calcolata credo siano alcuni degli elementi principali per una buona esecuzione.

P.P.: Quali sono i suoi futuri progetti musicali?

A.V.: Oltre ai concerti in Italia e all’estero, ho una seduta di registrazione a fine settembre quando inciderò, sempre per Sheva, un disco dedicato a Schumann con due opere molto conosciute ma che ho voglia di affrontare, il Carnaval op 9 e il Carnevale di Vienna op 26.

https://www.pianosolo.it/mozart-franck-intervista-ad-alessandro-vena/

César Franck | controappuntoblog.org

François Joubert-Caillet – Stradella by Mare Nostrum – César Franck …

Questa voce è stata pubblicata in musica e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.