« Les jeunes dans la galère, les vieux dans la misère, cette société-là on n’en veut pas »

La classe operaia non attendeva miracoli dalla Comune. Essa non ha utopie belle e pronte da introdurre par décret du peuple. Sa che per realizzare la propria emancipazione, e con essa quella forma di vita più elevata alla quale tende irresistibilmente la società odierna per la sua stessa struttura economica, essa dovrà passare attraverso lunghe lotte, per tutta una serie di processi storici che trasformeranno completamente le circostanze e gli uomini. La classe operaia non ha da realizzare ideali, ma soltanto liberare gli elementi della nuova società dei quali è gravida la vecchia società in via di disfacimento. Pienamente cosciente della sua missione storica e con l’eroica decisione di agire in tal senso, la classe operaia può permettersi di sorridere alle grossolane invettive dei signori della penna e dell’inchiostro, servi senza aggettivi, e della pedantesca protezione dei dottrinari borghesi di buoni propositi che diffondono la loro insipida ignoranza e le loro ostinate idee fisse col tono oracolare dell’infallibilità scientifica.

Quando la Comune di Parigi prese nelle sue mani la direzione della rivoluzione, quando semplici operai, per la prima volta, osarono infrangere il privilegio governativo dei loro “superiori naturali”, i possidenti, e in circostanze di estrema difficoltà, compirono la loro opera umilmente, con coscienza ed efficacia (e la portarono avanti con salari il più alto dei quali raggiungeva appena il quinto di ciò che, a voler credere un’alta autorità scientifica di Londra, il professor Huxley, è il minimo richiesto per un segretario di un certo consiglio scolastico della sua città), il vecchio mondo si contorse in paurose convulsioni di rabbia alla vista della bandiera rossa, simbolo della Repubblica del lavoro, sventolante sull’Hótel de Ville a Parigi.

Eppure, questa fu la prima rivoluzione nella quale la classe operaia sia stata apertamente riconosciuta come la sola classe ancora capace di iniziativa sociale, persino dalla grande maggioranza della classe media parigina – bottegai, commercianti, artigiani – eccettuati soltanto i ricchi capitalisti. La Comune li aveva salvati regolando saggiamente il problema che è alla base degli eterni contrasti all’interno stesso della classe media: la questione dei resoconti di dare e avere.

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E si trattava proprio di questo. La civiltà e la giustizia dell’ordine borghese si mostrano nella loro luce sinistra ogni volta che gli schiavi e gli sfruttati di quest’ordine insorgono contro i loro padroni. Allora, questa civiltà e questa giustizia mostrano il loro vero volto come pura barbarie e rozza vendetta al di là della legge, senza inutili mascherature. Ogni nuova crisi nella lotta di classe tra gli accaparratori della ricchezza e i produttori di essa mette in luce questo fatto con sempre maggiore chiarezza. Persino le atrocità dei borghesi del 1848 scompaiono di fronte all’indicibile infamia del 1871. L’eroico spirito di sacrificio col quale la popolazione di Parigi – uomini, donne e ragazzi – combatté per otto giorni dopo l’entrata dei versagliesi, rispecchia in maniera evidente la grandezza della loro causa, quanto le imprese efferate della soldatesca riflettono lo spirito innato di questa civiltà di cui essi sono i mercenari e i difensori. Gloriosa civiltà, invero, il cui problema principale è di sapere come riuscire a sbarazzarsi dei mucchi di cadaveri rimasti sul campo dopo che la battaglia è terminata!

La Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come manifestazione di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna, dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti.

Carlo Marx

Londra 30 maggio 1871

Le temps des cerises E L’INDIRIZZO..

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