Stephan Brize : La legge del mercato film By Militant , sentier selvaggi ; clip

Visioni Militant(i): La legge del mercato, di Stephan Brize

dicembre 4th, 2015 | Category: recensioni
Di questi tempi andare al cinema e vedere un film intelligente e intenso non è facile, restituire attraverso il linguaggio visuale una sensazione istintiva dell’ingiustizia sociale di questo mondo lo è ancora meno. La legge del mercato del regista Stephane Brize è uno di questi. Nel film si racconta la nuda e angosciante storia di un lavoratore cinquantenne, Thierry, che perde il lavoro e si trova a dover sostenere il processo di reinserimento  nel mercato del lavoro, sottoposto ad un continuo processo di valutazione del suo modo di essere, del portamento, dei suoi gesti, del suo vestiario, del suo profilo psicologico. L’elemento spersonalizzante è la chiave del film. Thierry deve rinunciare ad ogni forma di dignità, di rappresentazione individuale o collettiva, di fronte alla legge generale, “oggettiva”, delle regole che vanno non solo rispettate ma accolte con degradante entusiasmo. Ti devi vendere sul mercato con convinzione e dedizione imprenditoriale pur essendo solo uno schiavo salariato. Lavoro che a un certo punto riesce a trovare e che consiste nel fare la sorveglianza in un centro commerciale. Controllare i clienti, controllare gli stessi lavoratori, lo pone di fronte ad un continuo dilemma tra necessità e incompatibilità, soprattutto quando questo si esplicita in un controllo pervasivo dei suoi colleghi.

Un film in cui il protagonista vive drammaticamente e individualmente la lotta per la sopravvivenza, in  cui la disumanizzazione delle relazioni sociali è il paradigma del tempo presente, in cui il tempo di vita è totalmente schiacciato sui tempi della legge di mercato che non è che la legge dei padroni. Non sembra esserci, apparentemente, speranza verso il riscatto, verso la riappropriazione della legge dell’uomo contro la legge di mercato, è a tratti angosciante, un pugno nello stomaco, oggi preferibile ad una narrazione tossica o minimalista delle ingiustizie rappresentate dal nuovo modello di mercato del lavoro. E’ segno contradditorio di un tempo della crisi e della mancanza di una rappresentazione collettiva del riscatto. E’ un film che lascia l’amaro in bocca ma che, attraverso la dura testimonianza della grigia vita quotidiana, rappresenta senza orpelli e didascalie la pervasività opprimente dello sfruttamento del lavoro, la sua scientifica governance.

Potremmo dire che manca di una visione del riscatto collettivo, di una possibilità di resistenza ma sarebbe troppo semplice prendersela con la pellicola da questo punto di vista. Il cinema come ogni altra espressione sovrastrutturale si alimenta delle forze materiali che agitano la storia e non potrebbe essere diverso. Oggi nell’Europa governata dal grande capitale finanziario non c’è ancora una risposta collettiva di rottura all’altezza dei tempi, e questo il vero nodo anche drammatico che un film come questo involontariamente rappresenta. Questa pellicola si inserisce allora a pieno titolo in quel cinema della crisi, della denuncia sociale senza risposta, il cui compito è quello proprio di rappresentare il mondo grande e terribile in cui ci troviamo. Ad altri spetta cambiarlo.

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La legge del mercato, di Stéphane Brizé

Come filmare il rapporto tra l’individuo e il mondo del lavoro? La legge del mercato, il gran bel film francese passato in concorso a Cannes 2015, più che mostrare il disagio, lo filma come effetto sulle reazioni del protagonista. A 51 anni, dopo essere stato disoccupato per 20 mesi, Thierry inizia un nuovo lavoro che lo mette però davanti a un dilemma morale. Può fare finta di niente e subire i suoi crudeli meccanismi oppure no?

vincent lindon in la legge del mercato

Stéphane Brizé, al settimo lungometraggio, lavora ancora sul corpo di uno strepitoso Vincent Lindon, premiato come miglior attore sulla Croisette, dopo Mademoiselle Chambon e soprattutto l’ottimo Quelques heures de printemps in cui è un uomo che torna a vivere con la madre dopo aver scontato 18 mesi di carcere e scopre che la donna è affetta da un male incurabile.

Il film è come suddiviso in diversi quadri, di diversa durata. Macchina da presa fissa o che si muove impercettibilente, lo stesso senso di chiusura del film precedente dove il rigore del piano è già un elemento che nega ogni via di uscita. Anzi, costringe Thierry a stare anche troppo vicino agli altri personaggi, come attaccato, come se oltre le parole si sentisse anche il peso della presenza fisica. Tutta l’ultima parte, dove clienti e dipendenti vengono controllati nella stretta stanza del centro commerciale, trascina davvero dentro la claustrofobia di una situazione dove il protagonista si trova sul limbo, tra l’essere dentro e fuori il sistema. Tra questi il piano dell’uomo anziano, che ha sottratto della merce ma non si può permettere di pagarla, segno delle difficoltà sempre più crescenti che contagiano l’individuo comune, con una potenza documentaristica efficace come quella dei migliori lavori sulla crisi economica. E questa traccia attraversa tutto il film e anche nel modo di filmare gli ambienti non si avverte nessuna manipolazione da set. Lindon infatti è l’unico attore professionista in mezzo ad altri che non lo sono: agenti della sicurezza, banchieri, cassiere. E la sfera professionale convive anche con quella umana. La dimensione intima prevale prima di tutto: le scene a cena col figlio disabile, i corsi di ballo.

“Quante gocce d’acqua ci sono in un bicchiere vuoto?” chiede il figlio ai genitori. Forse è una domanda decisiva che s’inquadra col senso di tutto il film. Vincent Lindon è come un cavaliere che si muove nel deserto. Recita ancora più con i gesti e i silenzi che con le parole. Solo Jean Gabin, prima di lui, era capace di farlo con questa naturalezza. Ma è anche un pugile che riceve colpi ma poi non si tira indietro per darli.
Un’altra variazione rispetto ai Dardenne di Due giorni, una notte o Laurent Cantet di A tempo pieno. Un po’ più freddo di questi due film ma non per questo meno intenso.

Titolo originale: La loi du marché

Regia: Stephane Brizé

Interpreti: Vincent Lindon, Karine de Mirbeck, Matthieu  Schaller, Yves Ory, Xavier Mathieu

Distribuzione: Academy Two

Durata: 93′

Origine: Francia 2015

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