notizia vecchia che torna in prima pagina….Petrolio USa Arabia Saudita

US to become largest petroleum producer

Petrolio, Usa primo produttore mondiale entro il 2020

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nello spazio di un decennio gli Stati Uniti supereranno l’Arabia Saudita. Un fenomeno con importanti conseguenze sia sul piano geopolitico che sul fronte della bilancia commerciale. Il nodo dell’impatto ambientale

di Matteo Cavallito | 12  novembre 2012

Nello spazio di un decennio gli Stati Uniti supereranno l’Arabia Saudita diventando così il primo produttore mondiale di petrolio. Negli anni successivi, il trend proseguirà senza sosta consentendo infine agli Usa di trasformarsi in esportatore netto e di conquistare l’indipendenza energetica. È la previsione più significativa contenuta nel rapporto annuale “World Energy Outlook 2012” pubblicato oggi dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (International Energy Agency – IEA). Il fenomeno implicherebbe importanti conseguenze sia sul piano geopolitico che sul fronte della bilancia commerciale. Secondo gli analisti di HSBC, citati dal Financial Times, la riduzione del 25% delle importazioni petrolifere negli Usa garantirebbe un risparmio di 85 miliardi di dollari, quasi un quinto del deficit complessivo misurato lo scorso anno (466 miliardi).

Ad alimentare la grande corsa americana si sono sia le politiche di efficienza energetica perseguite nel settore trasporti sia lo sviluppo di nuove tecnologie estrattive nel comparto del petrolio e del gas. Un fenomeno, quest’ultimo, che contrasta e non poco con le strategie di sostenibilità ambientale che si traducono nello sviluppo delle rinnovabili, da sempre una bandiera della riconfermata amministrazione. A trainare l’aumento della produzione energetica c’è infatti l’utilizzo sempre più diffuso di una combinazione di tecniche di estrazione verticale, orizzontale e di hydrocracking tramite l’iniezione in profondità di acqua o altre sostanze ad altissima pressione. Questo sistema, utilizzato prevalentemente per l’estrazione del gas ma oggi esteso anche al petrolio, ha suscitato molte perplessità per via del suo forte impatto ambientale inducendo alcuni Paesi, tra cui la Francia, a vietarne la pratica. Ma molti, al tempo stesso, giudicano l’operazione particolarmente promettente di fronte alla possibilità di raggiungere i giacimenti petroliferi e gassosi sepolti nelle rocce, il cosiddetto shale gas o gas da scisti.

Secondo le cifre fornite l’anno scorso dalla Us Energy Information Administration, si stima che le riserve di questo gas non convenzionale ammontino negli Usa a 24.400 miliardi di metri cubi, contro i 7,7 di gas naturale tradizionale. In Cina si arriverebbe addirittura a 36,1 miliardi (contro i 3 circa di gas naturali) ma le stime risultano molto promettenti anche per l’Argentina (21,9), l’Australia (13,7), il Sudafrica (13,7) e la Polonia (5,3).

Proprio la crescita della domanda del gas rappresenta l’elemento costante dei possibili scenari ipotizzati dal rapporto IEA, pur a fronte di significative differenze tra le diverse aree geografiche. “Cina, India e Medio Oriente mostrano una crescita sostenuta”, si legge nell’anticipazione del rapporto. “Un sostegno politico attivo e riforme normative spingono al rialzo i consumi cinesi che si portano da circa 130 miliardi di m3 nel 2011 a 545 miliardi di m3 nel 2035. Negli Stati Uniti, i bassi prezzi e l’abbondanza di offerta fanno sì che il gas diventi il combustibile dominante nel mix energetico attorno al 2030, superando il petrolio. L’Europa impiegherà invece circa un decennio prima che la domanda di gas torni ai livelli del 2010”.

Nel quadro principale ipotizzato dagli osservatori IEA, la domanda mondiale di energia aumenterà di oltre un terzo entro il 2035, a causa soprattutto della spinta di Cina, India e Medio Oriente, trascinando al rialzo la richiesta di risorse idriche (necessarie per la generazione elettrica, l’estrazione di gas e petrolio, l’irrigazione delle colture del comparto biocarburanti) che dovrebbe crescere ad un tasso doppio rispetto a quello della domanda di energia. Nell’area OCSE i consumi energetici, rileva ancora la IEA, aumenteranno di poco “anche se si assiste ad un pronunciato spostamento dal petrolio e dal carbone (e in alcuni paesi dal nucleare) al gas naturale e alle fonti rinnovabili”.

Proprio lo sviluppo delle rinnovabili rappresenta per la IEA un’altra certezza. In primis c’è l’accoppiata costituita dalla riduzione dei costi delle tecnologie (fotovoltaico etc.) e dall’aumento dei prezzi dei combustibili fossili (e dei crediti di emissione della CO2). In secondo luogo pesa in modo particolare il boom degli incentivi il cui valore, ipotizza l’agenzia, passerà dagli 88 miliardi di dollari registrati l’anno scorso ai 240 miliardi del 2035.

Il tutto, ovviamente, considerando anche le scelte politiche dei governi. “La Cina si è posta l’obiettivo di ridurre del 16% la sua intensità energetica entro il 2015; – ricordano i ricercatori – gli Stati Uniti hanno adottato nuovi standard di efficienza volti ad ottimizzare il consumo di carburanti; l’Unione Europea si è impegnata nella riduzione del 20% della sua domanda di energia entro il 2020; e il Giappone mira a ridurre del 10% i suoi consumi elettrici entro il 2030”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/12/petrolio-usa-primo-produttore-mondiale-entro-2020/411687/

U.S. Seen as Biggest Oil Producer After Overtaking Saudi Arabia

By Grant Smith Jul 4, 2014 5

The U.S. will remain the world’s biggest oil producer this year after overtaking Saudi Arabia and Russia as extraction of energy from shale rock spurs the nation’s economic recovery, Bank of America Corp. said.

U.S. production of crude oil, along with liquids separated from natural gas, surpassed all other countries this year with daily output exceeding 11 million barrels in the first quarter, the bank said in a report today. The country became the world’s largest natural gas producer in 2010. The International Energy Agency said in June that the U.S. was the biggest producer of oil and natural gas liquids.

“The U.S. increase in supply is a very meaningful chunk of oil,” Francisco Blanch, the bank’s head of commodities research, said by phone from New York. “The shale boom is playing a key role in the U.S. recovery. If the U.S. didn’t have this energy supply, prices at the pump would be completely unaffordable.”

Oil extraction is soaring at shale formations in Texas and North Dakota as companies split rocks using high-pressure liquid, a process known as hydraulic fracturing, or fracking. The surge in supply combined with restrictions on exporting crude is curbing the price of West Texas Intermediate, America’s oil benchmark. The U.S., the world’s largest oil consumer, still imported an average of 7.5 million barrels a day of crude in April, according to the Department of Energy’s statistical arm.

 

Surpassing Saudi

U.S. oil output will surge to 13.1 million barrels a day in 2019 and plateau thereafter, according to the IEA, a Paris-based adviser to 29 nations. The country will lose its top-producer ranking at the start of the 2030s, the agency said in its World Energy Outlook in November.

“It’s very likely the U.S. stays as No. 1 producer for the rest of the year” as output is set to increase in the second half, Blanch said. Production growth outside the U.S. has been lower than the bank anticipated, keeping global oil prices high, he said.

Partly as a result of the shale boom, WTI futures on the New York Mercantile Exchange remain at a discount of about $7 a barrel to their European counterpart, the Brent contract on ICE Futures Europe’s London-based exchange. WTI was at $103.74 a barrel as of 4:13 p.m. London time.

Islamist Insurgency

“The shale production story is bigger than Iraqi production, but it hasn’t made the impact on prices you would expect,” said Blanch. “Typically such a large energy supply growth should bring prices lower, but in fact we’re not seeing that because the whole geopolitical situation outside the U.S. is dreadful.”

Territorial gains in northern Iraq by a group calling itself the Islamic State has spurred concerns that oil flows could be disrupted in the second-largest producer in the Organization of Petroleum Exporting Countries after Saudi Arabia. Exports from Libya have been reduced by protests, while Nigeria’s production is crimped by oil theft and sabotage.

Libya will resume exports as soon as possible from two oil ports in the country’s east after taking back control from rebels who blocked crude shipments for the past year, Mohamed Elharari, spokesman for the state-run National Oil Corp., said by phone yesterday from Tripoli.

The U.S. will consolidate its position as the world’s biggest producer in the coming months if returning Libyan supply limits the need for Saudi barrels, said Julian Lee, an oil strategist who writes for Bloomberg News First Word. The observations he makes are his own.

Record Investment

“There’s a very strong linkage between oil production growth, economic growth and wage growth across a range of U.S. states,” Blanch said. Annual investment in oil and gas in the country is at a record $200 billion, reaching 20 percent of the country’s total private fixed-structure spending for the first time, he said.

A U.S. Commerce Department decision to allow the overseas shipment of processed ultra-light oil called condensate has fanned speculation the nation may ease its four-decade ban on most crude exports. Pioneer Natural Resources Co. and Enterprise Products Partners LP will be allowed to export condensate, provided it is first subject to preliminary distillation, the companies said June 25.

The decision was “a positive first step” to dispersing the build-up of crude supply in North America, Bank of America said in a report on June 27. The U.S. could potentially have daily exports of 1 million barrels of crude, including 300,000 of condensate, by the end of the year, according to a June 25 report from Citigroup Inc.

To contact the reporter on this story: Grant Smith in London at gsmith52@bloomberg.net

To contact the editors responsible for this story: Alaric Nightingale at anightingal1@bloomberg.net James Herron, Randall Hackley

 

http://www.bloomberg.com/news/2014-07-04/u-s-seen-as-biggest-oil-producer-after-overtaking-saudi.html

 

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