Also sprach Zarathustra : Richard Strauss Georg Solti full, 1 mov Karajan – alcuni movimenti Reiner

Poema sinfonico per orchestra liberamente tratto da Friedrich Nietzsche, op. 30

Musica: Richard Strauss

  • Introduzione: Von den Hinterweltlern (Di coloro che vivono fuori dal mondo)
  • Von der grossen Sehnsucht (Dell’aspirazione suprema)
  • Von den Freuden und Leidenachaften (Delle gioie e delle passioni)
  • Grablied (Il canto dei sepolcri)
  • Von der Wissenschaft (Della scienza)
  • Der Genesende (Il convalescente)
  • Tanlied (Il canto della danza)
  • Nachtwanderlied (Canto del nottambulo)

Organico: ottavino, 3 flauti, 3 oboi, corno inglese, clarinetto piccolo, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 6 corni, 4 trombe, 2 tromboni, 2 bassotuba, timpani, grancassa, piatti, triangolo, glockenspiel, campana grave, 2 arpe, organo, archi
Composizione: Monaco, 24 Agosto 1896
Prima esecuzione: Francoforte, Saalbau, 27 Novembre 1896
Edizione: J. Aibl, Monaco, 1896

Guida all’ascolto 3 (nota 3)

Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno di Friedrich Nietzsche (Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen, che in italiano sarebbe meglio tradurre Così parlava…), 1883-85, sembrò all’autore il suo libro decisivo, anzi «il più grande regalo» dato all’umanità, «il libro più alto che esista, il vero libro delle cime (‘das eigentliche Höhenluft-Buch‘)» (così nel Prologo di Ecce Homo, detto delle pagine dello Zarathustra che egli aveva concepito «nell’ora sacra, ‘in derheiligen Stunde‘, in cui morì Wagner a Venezia»). Lo Zarathustra, eloquente ed enigmatico com’era, diventò presto (ma non subito, che anzi incontrò dapprima ostilità e derisione) il libro più celebre di Nietzsche in tutta Europa, il più citato ma, si direbbe, non il più letto. Lo Zarathustra, nel rifinito stile lirico e ardente degli anni estremi di Nietzsche, oracolare e a tratti oscuro, contribuì a nutrire come pochi ‘profeti’ borghesi seppero fare, ambizioni forti e anche mediocri in artisti alla ricerca di ebbrezze intellettuali. A questo stile ‘iniziatico’ e all’illusione che qui fosse il linguaggio nuovo e ‘artistico’ di ogni arte moderna (la traduzione francese, nella quale lo Zarathustra si impose nelle culture non germanofone, lo indebolì molto, ne ridusse la tagliente fermezza, ma lo mise alla portata di tutti) si dovette l’enorme successo del libro tra Otto e Novecento. Poesia, romanzi, pittura hanno avuto il loro momento ‘zarathustriano’ e lo ebbe anche la musica: oltre Strauss, anche Mahler (nella sua Terza Sinfonia, composta nel 1895-96, poco dopo lo Zarathustra di Strauss), Fredrick Delius (la nobile e pagana Mass of Life), e il secondario Oskar Fried (Das trunkene Lied). Ma Nietzsche aveva mirato ad altro, a cambiare noi e il nostro destino, martellando in racconti e in parabole, i tre pensieri demolitori del razionalismo socratico e cristiano, cardini della sua visione del mondo – l’eterno ritorno di ogni cosa, l’uomo oltre l’uomo (il cosiddetto ‘superuomo’), la volontà di potenza. Di là dai veli dell’invenzione erudita, metaforica, arcaizzante, parodistica (di Platone, specialmente, e dei Vangeli), la sostanza concettuale è sofferta e severa. L’aspra magniloquenza nasconde speranza, amore, dolore, e non estetismo.

Così parlò Zarathustra di Strauss (1895-96) sta tra i suoi Till Eulenspiegel (1895) e Don Quixote (1897), e l’anno dopo toccò a Vita d’eroe (Ein Heldenleben). È una tetralogia, ‘eroica’? Sì, forse, ma solo nel senso che i poeticissimi Till e Quixote (il capolavoro sinfonico di Strauss, direi), i cui ‘protagonisti’ sono eroi dell’azione, si alternano a due poemi musicali di ‘concetti’ senza figure. Immagini e narrazioni eroiche in un caso, pensieri e gesti nell’altro: e appunto l’astrattezza del contenuto è, nel caso di Zarathustra e Vita d’eroe, limite alla continuità logica e al valore artistico pieno, che nessuno negherebbe al Till e al Quixote. Mentre per molti diffidenti verso lo Strauss romantico i due poemi ‘astratti’ sono tipici esempi di sublimità artefatta (anche se magistralmente attuata) nella sua musica.

Ma è bene aver chiaro che Strauss non ha avuto alcuna intenzione di trasformare in suono l’ordinato contenuto dei quattro libri di Nietzsche. Il rapporto con il testo ormai famoso è stato del tutto libero (è detto nel frontespizio della partitura), a differenza poi delle altre composizioni ispirate allo Zarathustra qui non c’è la voce e quindi non si odono parole, e infine il musicista ha scelto i diversi capitoli non rispettando affatto l’ordine proprio dell’opera letteraria. Come è evidente dallo schema che qui presento per comodità di chi vuoi fare il confronto tra il poema di Strauss e l’opera di Nietzsche (i numeri arabi indicano gli episodi della musica, i romani uno dei quattro libri dello Zarathustra seguito dal numero arabo del capitolo: il conciso confronto manca nelle maggiori biografie di Strauss):

(Introduzione = Prefazione, 1); 1 = I §3; 2 = III §14; 3 = I §5;4 = II § 11; 5 = IV §15; 6 = III §13; 7 = II §10; 8 = IV §19.

A momenti, se si fa questo preciso riscontro tra filosofia e musica, sembra perfino legittima l’idea che Strauss si sia fatto un piano di significati secondo i titoli di Nietzsche più che sui loro contenuti specifici (alcuni dei quali, del resto, sono visionari ed oscuri). Noi conosciamo le convinzioni di Strauss fondate sul vitalismo pagano (cioè anticristiano), sulla forza primaria della natura e della naturalità, sul sensualismo estetizzante e sulla supremazia dell’arte – dunque, idee di gran parte della cultura tedesca all’epoca dell’estetismo ellenizzante. Nello Zarathustra musicale c’è tutto questo, espresso con ammirevole ricchezza di invenzioni e di mezzi (ben si ascolta che, anche in questo discusso poema, per bravura e fantasia in quegli anni nessuno gli era pari), con energia di relazioni tra concetto e disegno sonoro, con poderosa retorica. Qual è allora il piano dei significati, lo svolgimento del contenuto ideale nella musica?

Nell’inizio celeberrimo in do maggiore, che i cento usi cinematografici e pubblicitari non hanno indebolito, la natura nella crescente luce dell’alba splende con semplice magnificenza. Il solitario eremita, Zarathustra, scende nel mondo degli uomini per annunziar loro la profezia dello spirito non ascetico e dell’uomo superiore, dell’uomo oltre l’uomo. Zarathustra attraversa tutte le esperienze in mezzo agli uomini sprezzanti e pii (quelli che sperano in una sede di là dal mondo), forti e malati, orgogliosi e deboli – egli conosce, esalta, disprezza le illusioni religiose, i deliri delle passioni (la musica è irresistibile!), la morte, la paziente costruzione della scienza e della sapienza analitica (su un tema enigmaticissimo di dodici note, più due ripetute, si costruisce una Fuga molto complessa), la lenta guarigione dai lacci del mondo («Zarathustra ti chiama, Zarathustra il senzadio! lo, il portavoce della vita, il portavoce del dolore, il portavoce del circolo [dell’eterno ritorno, i corsivi non sono nel testo] – io ti chiamo, mio più abissale pensiero»), la liberazione nell’ebbrezza dionisiaca e nell’immensità della notte. L’esaltazione della verità non contemplata ma vissuta si oscura e si estingue nella enigmatica domanda finale: natura (do maggiore) o spirito (il remoto si maggiore)? La verità è nella loro identità.

Franco Serpa

http://www.flaminioonline.it/Guide/Strauss/Strauss-Zarathustra.html


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