Claire DENIS e i suoi films ultimo : LES SALAUDS – Macerie di una civiltà decomposta

 

DENIS, Claire

Enciclopedia del Cinema (2003)

di Daniela Turco

Denis, Claire

Regista cinematografica francese, nata a Parigi il 21 aprile 1948. L’Africa, con i suoi spazi dilatati e la sua luce, e l’immigrazione africana in Europa, con il suo drammatico impatto sulle difficoltà della vita quotidiana, sono stati spesso riferimenti tematici di questa regista, sempre attenta ai risvolti sociali delle vicende narrate. Il suo, tuttavia, non è mai stato un cinema sociologico, bensì una ricerca sobria e al contempo appassionata, in cui il gioco delle relazioni interpersonali è messo in rapporto con la costruzione dello spazio, il valore espressivo della luce, lo sguardo sui corpi e sul loro equilibrio emotivo.

La D. è cresciuta in Africa (prevalentemente in Camerun), dove negli anni Cinquanta si era trasferita con la famiglia; ritornata nel 1962 in patria, nel 1971 si è diplomata in regia all’IDHEC (Institut des Hautes Études Cinématographiques) di Parigi. Nello stesso anno ha realizzato tre documentari della serie Chroniques de France, e nel 1973 il cortometraggio Le Grand Magic Circus. A partire dal 1974 è stata assistente di diversi registi, tra cui Constantin Costa-Gavras, Wim Wenders, e Jim Jarmusch. Tra il 1986 e il 1988 ha lavorato al suo primo film, Chocolat, di cui è stata anche sceneggiatrice insieme con l’autore teatrale Jean-Paul Fargeau. Ricco di elementi autobiografici, costituisce una sorta di omaggio al Camerun: è infatti narrato dal punto di vista di France, una bambina che vive serenamente con la sua famiglia (i soli Bianchi in una cittadina popolata da Neri) in una cornice naturale che ha i tratti magici di un giardino dell’Eden, finché l’equilibrio non si incrina. Con S’en fout la mort (1989), opera per molti versi irrisolta, ha nuovamente affrontato il tema dei rapporti tra Bianchi e Neri: ambientato nella banlieue parigina, prende infatti in esame la vita di alcuni immigrati africani, coinvolti in un giro di combattimenti di galli e di scommesse clandestine. Dopo aver fondato nel 1991 una propria società di produzione, Les films de Mindif, la D. ha girato J’ai pas sommeil (1994), ispirato alla vicenda autentica di un serial killer, film struggente e disperato in cui ancora una volta la regista racconta la solitudine, il desiderio d’amore e la morte tra quelli che lei stessa ha definito “i tanti ‘apartheid’ quotidiani”. Nel 1996 ha poi terminato Nénette et Boni (Nenette e Boni), con cui ha vinto il Pardo d’oro al Festival di Locarno. Il film, silenzioso, scostante, attento ai corpi e ai loro fremiti, ai suoni piuttosto che alle parole, racconta la vita di un fratello e una sorella che vivono soli a Marsiglia. Lei è decisa a dare il suo bambino, appena nato, in adozione, lui rapisce il piccolo nel disperato tentativo di ridare vita a una famiglia. Nel 1999 ha realizzato il suo lavoro forse più maturo, Beau travail, girato a Gibuti, un altro dei paesi della sua infanzia, e ispirato al celebre racconto di H. Melville, Billy Budd. Astratto, dominato dalla luce del deserto e dall’evidenza della fisicità, mette in scena una storia di potere e morte all’interno della Legione straniera. Tra gli interpreti Michel Subor, che nel 1960 aveva recitato in Le petit soldat di Jean-Luc Godard, Denis Lavant, e Grégoire Colin, presente nella maggior parte delle opere della Denis. Nel film, alla presenza totale e magnetica del paesaggio si sovrappone la leggerezza di un occhio femminile che descrive un mondo maschile secondo coordinate lucide e acute. Il successivo Trouble every day (2001), interpretato da Vincent Gallo, è invece un’opera cruda, che tocca i nodi più evidenti del suo cinema, mescolando, in primo luogo, sesso e cannibalismo, Bianchi e Neri, ripulsa e desiderio, senza riuscire tuttavia a raggiungere la limpidezza rigorosa di Beau travail. Ha poi diretto Vendredi soir (2002), presentato alla Mostra del cinema di Venezia.

Nel 1996 Sébastien Lifshitz ha realizzato il documentario Denis, la vagabonde, sul lavoro della regista, che prende le mosse dalla messa in scena di Nénette et Boni. bibliografia

Conversazione con C. Denis, a cura di C. Piccino, in “Filmcritica”, giugno-luglio 1988, 385-386, pp. 468-74.

G.A. Foster, Denis Claire, in G.A. Foster, Women film directors, Westport (CT) 1995, ad vocem.

Laboratorio Immagine Donna, La distanza delle cose vicine. La Nouvelle Vague delle registe francesi, Firenze 1997, pp. 67-70.

T. Sossi, Denis, Claire, in T. Sossi, Dizionario delle registe, Roma 2000, ad vocem.

http://www.treccani.it/enciclopedia/claire-denis_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/

Les salauds di Claire Denis. Una storia di vendetta ispirata da Akira Kurosawa

Vincent Lindon e Chiara Mastroianni nella prima foto di Les salauds, diretto dalla grande cineasta francese Claire Denis, tra i più attesi del 2013 anche secondo i Cahiers du Cinéma. Un film annunciato come un noir: “Sono partita da alcuni film di Akira Kurosawa degli anni’50, dalla maestosità del bianco e nero…”

 

Chiara Mastroianni e Vincent Lindon in LES SALAUDS, il noir di Claire Denis

Ecco Vincent Lindon e Chiara Mastroianni nella prima foto di Les salauds (I Bastardi), diretto dalla grande cineasta francese Claire Denis, scritto in un mese con Jean-Pol Fargeau, suo collaboratore fisso fin dai tempi di Chocolat (1988).

Un film – tra i più attesi del 2013 anche secondo i Cahiers du Cinéma – annunciato come un noir: “Sono partita da alcuni film di Akira Kurosawa degli anni’50, dalla maestosità del bianco e nero. Storie di vendetta. Ho pensato ai personaggi interpretati da Toshirô Mifune, che anche nella sconfitta, mantengono una forma di grandezza“.

La visita al set parigino di settembre, raccontata da Lesinrocks, parla di un Lindon grave e silenzioso, di una Mastroianni felina, di una grande tensione erotica tra i due, che sono stati compagni anche nella vita.
Lui, già diretto  dalla Denis dieci anni fa in Vendredi Soir,  in tempi di polemiche per i compensi degli attori d’Oltralpe, in Les Salauds ha lavorato a salario minimo. Di recente lo abbiamo ammirato in Tutti i nostri desideri e Quelques heures de printemps. Lei, adottata da Christophe Honoré (Non ma fille, tu n’iras pas danser, Homme au bain, Les bien-aimés) ha diviso il set con Lindon nel 2012 in Augustine di Alice Winocour, presentato a Cannes 65.
Claire Denis: nel cast di Les salauds, Grégoire Colin, Michel Subor e Alex DescasAnche il resto del cast è emozionante, con molti volti familiari al cinema della Denis: Alex Descas, già diretto in S’en fout la mort, Trouble every day, L’intrus, 35 rhums – attore amato anche da Bartas (A casa) Assayas (Irma Vep) e Jarmusch (The Limits of Control); il soldato godardiano Michel Subor (Beau Travail, L’intrus, White Material) e Grégoire Colin (Nénette et Boni, Vendredi soir, Beau Travail) affiancati da Lola Créton (Barbe Bleue, En ville, Un amore di gioventù, Qualcosa nell’aria) e Christophe Miossec (cantautore francese, celebre in patria, al suo esordio come attore).

La sinossi: Lindon è Marco Silvestri, capitano di marina mercantile al lavoro su una petroliera, richiamato a Parigi con urgenza dalla sorella Sandra (Julie Bataille). L’azienda di famiglia è in bancarotta, suo marito si è suicidato, sua figlia è stata internata in un istituto psichiatrico. Secondo la giovane donna il responsabile di tutto è un potente uomo d’affari, Edouard Laporte. Deciso a trovare il punto debole del colpevole e vendicarsi, Marco si trasferisce nell’edificio in cui vive con suo figlio una donna legata a Laporte, Raphaëlle (Mastroianni). Quello dei “bastardi” è un mondo pericoloso, dove chi è in cerca di vendetta perde presto il controllo, complice anche un’attrazione imprevista.

Les Salauds è il primo film in digitale di Claire Denis, girato con RED EPIC (utilizzata in Holy Motors, Un sapore di ruggine e ossa, Millennium, Prometheus, Lo Hobbit, Il grande e potente Oz). La fotografia è come sempre della veterana Agnès Godard, pronta a inventare soluzioni artigianali “quelle che preferisco” dice la Denis) per ottenere la giusta qualità della luce.

Prime foto di Les salauds, nuovo film di Claire DenisArtigianato e alta tecnologia convivono sul set: “La RED è una sorta di computer, può fare tutto, controllare i colori, filmare in condizioni di scarsa illuminazione, ma al tempo stesso richiede un sacco di luce e muta il rapporto con il direttore della fotografia” racconta la regista.
Prima, mi sentivo come se Agnès ed io fossimo insieme in un aereo, consapevoli entrambe dei rischi e delle possibilità. Ora, è come se Agnès fosse allo stesso tempo sia l’aereo che la torre di controllo. Si tratta di un’esperienza nuova e molto eccitante“.

Per i costumi la Denis ha voluto un’altra collaboratrice storica, Judy Shrewsbury. La montatrice Annette Dutertre viene dai film dei fratelli Larrieu e ultimamente ha lavorato per Mathieu Amalric e Noémie Lvovsky. Gli assistenti alla regia Pierre Sénélas e Christelle Lahaye hanno già lavorato rispettivamente con la Denis, con Jacques Audiard e Sylvie Verheyde. Il design del set è di Michel Barthélémy (Un profeta, Uomini di dio, De rouille et d’os).

Attualmente Les Salauds (distribuito a livello internazionale da Wild Bunch con il titolo Bastards) è in postproduzione e sarà pronto nella primavera 2013: è probabile che sarà presentato a Cannes 66.

– See more at: http://www.sentieriselvaggi.it/129/49896/Les_salauds_di_Claire_Denis._Una_storia_di_vendetta_ispirata_da_Akira_Kurosawa.htm#sthash.S2cXnDM3.dpuf

Les salauds di Claire Denis. Una storia di vendetta ispirata da Akira Kurosawa

Vincent Lindon e Chiara Mastroianni nella prima foto di Les salauds, diretto dalla grande cineasta francese Claire Denis, tra i più attesi del 2013 anche secondo i Cahiers du Cinéma. Un film annunciato come un noir: “Sono partita da alcuni film di Akira Kurosawa degli anni’50, dalla maestosità del bianco e nero…”

 

Chiara Mastroianni e Vincent Lindon in LES SALAUDS, il noir di Claire Denis

Ecco Vincent Lindon e Chiara Mastroianni nella prima foto di Les salauds (I Bastardi), diretto dalla grande cineasta francese Claire Denis, scritto in un mese con Jean-Pol Fargeau, suo collaboratore fisso fin dai tempi di Chocolat (1988).

Un film – tra i più attesi del 2013 anche secondo i Cahiers du Cinéma – annunciato come un noir: “Sono partita da alcuni film di Akira Kurosawa degli anni’50, dalla maestosità del bianco e nero. Storie di vendetta. Ho pensato ai personaggi interpretati da Toshirô Mifune, che anche nella sconfitta, mantengono una forma di grandezza“.

La visita al set parigino di settembre, raccontata da Lesinrocks, parla di un Lindon grave e silenzioso, di una Mastroianni felina, di una grande tensione erotica tra i due, che sono stati compagni anche nella vita.
Lui, già diretto  dalla Denis dieci anni fa in Vendredi Soir,  in tempi di polemiche per i compensi degli attori d’Oltralpe, in Les Salauds ha lavorato a salario minimo. Di recente lo abbiamo ammirato in Tutti i nostri desideri e Quelques heures de printemps. Lei, adottata da Christophe Honoré (Non ma fille, tu n’iras pas danser, Homme au bain, Les bien-aimés) ha diviso il set con Lindon nel 2012 in Augustine di Alice Winocour, presentato a Cannes 65.
Claire Denis: nel cast di Les salauds, Grégoire Colin, Michel Subor e Alex DescasAnche il resto del cast è emozionante, con molti volti familiari al cinema della Denis: Alex Descas, già diretto in S’en fout la mort, Trouble every day, L’intrus, 35 rhums – attore amato anche da Bartas (A casa) Assayas (Irma Vep) e Jarmusch (The Limits of Control); il soldato godardiano Michel Subor (Beau Travail, L’intrus, White Material) e Grégoire Colin (Nénette et Boni, Vendredi soir, Beau Travail) affiancati da Lola Créton (Barbe Bleue, En ville, Un amore di gioventù, Qualcosa nell’aria) e Christophe Miossec (cantautore francese, celebre in patria, al suo esordio come attore).

La sinossi: Lindon è Marco Silvestri, capitano di marina mercantile al lavoro su una petroliera, richiamato a Parigi con urgenza dalla sorella Sandra (Julie Bataille). L’azienda di famiglia è in bancarotta, suo marito si è suicidato, sua figlia è stata internata in un istituto psichiatrico. Secondo la giovane donna il responsabile di tutto è un potente uomo d’affari, Edouard Laporte. Deciso a trovare il punto debole del colpevole e vendicarsi, Marco si trasferisce nell’edificio in cui vive con suo figlio una donna legata a Laporte, Raphaëlle (Mastroianni). Quello dei “bastardi” è un mondo pericoloso, dove chi è in cerca di vendetta perde presto il controllo, complice anche un’attrazione imprevista.

Les Salauds è il primo film in digitale di Claire Denis, girato con RED EPIC (utilizzata in Holy Motors, Un sapore di ruggine e ossa, Millennium, Prometheus, Lo Hobbit, Il grande e potente Oz). La fotografia è come sempre della veterana Agnès Godard, pronta a inventare soluzioni artigianali “quelle che preferisco” dice la Denis) per ottenere la giusta qualità della luce.

Prime foto di Les salauds, nuovo film di Claire DenisArtigianato e alta tecnologia convivono sul set: “La RED è una sorta di computer, può fare tutto, controllare i colori, filmare in condizioni di scarsa illuminazione, ma al tempo stesso richiede un sacco di luce e muta il rapporto con il direttore della fotografia” racconta la regista.
Prima, mi sentivo come se Agnès ed io fossimo insieme in un aereo, consapevoli entrambe dei rischi e delle possibilità. Ora, è come se Agnès fosse allo stesso tempo sia l’aereo che la torre di controllo. Si tratta di un’esperienza nuova e molto eccitante“.

Per i costumi la Denis ha voluto un’altra collaboratrice storica, Judy Shrewsbury. La montatrice Annette Dutertre viene dai film dei fratelli Larrieu e ultimamente ha lavorato per Mathieu Amalric e Noémie Lvovsky. Gli assistenti alla regia Pierre Sénélas e Christelle Lahaye hanno già lavorato rispettivamente con la Denis, con Jacques Audiard e Sylvie Verheyde. Il design del set è di Michel Barthélémy (Un profeta, Uomini di dio, De rouille et d’os).

Attualmente Les Salauds (distribuito a livello internazionale da Wild Bunch con il titolo Bastards) è in postproduzione e sarà pronto nella primavera 2013: è probabile che sarà presentato a Cannes 66.

– See more at: http://www.sentieriselvaggi.it/129/49896/Les_salauds_di_Claire_Denis._Una_storia_di_vendetta_ispirata_da_Akira_Kurosawa.htm#sthash.S2cXnDM3.dpuf

35 Rhums

Vanna Carlucci

Esiste nel cinema di Claire Denis uno sguardo (quello della macchina da presa) che comprime i volti e i corpi, che non li lascia da subito sfiatare; esiste cioè una contrazione fisica iniziale che è tensione emotiva, a bloccare il corpo stesso, quello di un padre e di una figlia, corpi presenti che si toccano, si prendono per mano, mangiano insieme ma che ancora non hanno visto un punto di fuga, lo sfogo, un cambio di direzione (che in Trouble every day coincideva, ad esempio, con l’atto cannibale, il sapore del sangue, e qui è esigenza di ritornare alla vita reale, all’amore) e si preannuncia nell’attrito del tram che si sfrega con queste due esistenze trattenute nell’affetto famigliare, nel vuoto di un padre che ha perso sua moglie e di una figlia che gli resta amorevolmente accanto: una vita ovattata in cui l’uno protegge l’altro ma che si scortica un po,’ come la fine del giorno, quando Lionel torna a casa dopo aver osservato un cielo che fila i colori, scorrendo nella calma serale mentre lui guida un tram.
Il tramonto brilla sui fili tramviari: 35 Rhums si apre nell’apnea di un quadro sognante (brillavano così anche le acque del fiume in Trouble every day, dalle luci della notte) e la musica, in particolare dei Tinderstickis, non straborda mai e non rattoppa zone morte, non abbellisce, non aggiunge, accompagna, vivifica l’immagine stessa. Lionel percorre questo limbo o stadio intermedio in cui si resta a guardare i passaggi della propria esistenza (passaggi di tram) che scorrono sullo stesso binario e che diventa metafora di una ripetizione che si blocca sempre sullo stesso punto per ricominciare daccapo.

Ma da questo sfondo la Denis allarga il campo visivo e, sottotraccia, crea una tessitura di rapporti più ampia, sedimentata dal tempo, in attesa: Noè, vicino di casa innamorato di Josephine; Gabrielle, che vorrebbe darsi a Lionel sempre e che si sporge ogni sera dalla finestra nell’attesa di rivederlo tornare a casa. In ogni caso si tratta ancora di fantasmi che galleggiano (quel tipo di sospensione sull’acqua che ricorda una scena del film Nenette et boni): c’è qualcuno o qualcosa che ancora li tiene in superficie (e non si sa se questi siano i vivi o i morti) ed ecco allora la necessità di cambiare percorso per non rimanere atrofizzati, per non morire sopra il ferro di un binario (come accade per il collega di Lionel, suicida perchè incapace di accettare il suo pensionamento).

Meglio il deragliamento per scoprire il buco, la mancanza che deve essere vuotata: gli ingranaggi cedono, si esce fuori pista ed è magistrale come la Denis riesca a compiere questo “colpo di scena” attraverso il corpo stesso (ma quello della Denis è un cinema sui corpi) e allora si passa dal corpo-tram al corpo-macchina che poi è corpo-fantasma: non si è più sui binari ma un’automobile conduce verso quel punto di fuga che li esporrà all’imprevedibilità della vita: piove, di notte, ci si scortica ancora un po’, svestiti dall’acqua che lava tutto e purifica, si giunge al vero contatto, a un ballo in un bistrot desolato, dove, a luci basse, la musica chiude la definizione e diffonde il desiderio. Il tempo è gestazione dell’amore o, come direbbe Rilke, “amare è durare” e allora non si può dire che è finita fin quando non si sceglie di morire, non si può dire che è finita se nel frattempo si è già rinati in un affetto reciproco di legami coltivati nel tempo.

Si corre fuori, si compie l’ultimo viaggio tra padre e figlia per prendere congedo dalla propria moglie/madre/fantasma sepolto, per riprendere vento in faccia, dormire sull’erba vicini, a ricordare quell’istante come un eterno “qui”, passato, presente, futuro, un “qui” come un nido ancora caldo anche se di lì a poco verrà abbandonato ed è così minimale il suo filmare qualcosa che sta cambiando perché la vita è in eterna mutazione di sè e il fantasma galleggiante del passato ritorna a riposare in un luogo più lontano, ingoiato e mandato giù dall’ultimo trentacinquesimo bicchiere di rhum.

http://www.uzak.it/cose-mai-viste/602-35-rhums.html

Immagine Marco Silvestri, capitano a bordo di una nave, abbandona il suo incarico del momento e torna a Parigi, chiamato dalla sorella il cui marito si è appena tolto la vita. La donna, Sandra, gli chiede di indagare, addossando la colpa della tragedia a Edward Laporte, ricco uomo d’affari. Al contempo l’azienda di scarpe creata da Sandra e dal defunto coniuge è sull’orlo del fallimento, e la loro figlia è ricoverata in ospedale con gravi lesioni all’apparato genitale. Silvestri affitta un alloggio nello stesso palazzo in cui vive Laporte. Poco dopo avvia una segreta relazione con Raphaelle, compagna dello stesso Laporte. Tra un incontro amoroso e l’altro, Silvestri si immerge in una realtà inquietante condita da perversioni sessuali, sfruttamento e ignominie molto meno occulte di quanto si potrebbe pensare.
Non è semplice raccontare seppur a grandi linee la trama di Les Salauds, nuovo lavoro di Claire Denis uscito nei cinema francesi ad agosto 2013, così come non è facile approcciarsi alla visione del film, noir atipico che frulla le regole basilari della materia cercando (e trovando) una propria originalità. Negli anni abbiamo imparato a conoscere la radicalità di fondo del cinema della Denis, autrice scomoda per la sua inesausta voglia di scavare all’interno dei conflitti dell’animo umano estraendone le derivazioni più crude ed estreme. Anche in questo caso la regista di Cannibal Love e White Material conferma la sua poetica, utilizzando il genere di riferimento come base per poi sviluppare un racconto aspro, buio, in cui l’amore malato travalica qualsiasi flusso di coscienza per farsi unico testimone di un mondo governato da salauds (bastardi) privi di rimorsi.
L’indagine condotta da Marco Silvestri diventa ben presto un’immersione tra le rovine della società, coacervo di storture in cui la depravazione istintuale si accompagna alla connivenza, glorificando l’egoismo come cartina di tornasole di una civiltà decomposta. Aperto da una lunga inquadratura fissa sulla pioggia battente, il film della Denis fin da subito non offre alcuno spiraglio di luce, catapultandoci in una nuova dimensione antropofaga in cui l’uomo divora il suo prossimo defenestrando ogni limite e ogni forma di decenza, con l’unico fine di soddisfare i propri bisogni economici, sentimentali e sessuali. Così, mentre una giovane ragazza segnata dal dolore cammina nuda in strada con la vagina sanguinante, il mondo sa e tace, affoga i sensi di colpa e avanza a testa alta, consapevole di come il marcio individualismo sia l’unico strumento utile per sopravvivere.
Uscito come detto la scorsa estate in patria, Les Salauds è stato accolto molto male dal pubblico e anche da una parte della stampa transalpina, pronta ad affermare come la Denis abbia realizzato un film troppo cerebrale e confuso, soffocato da eccessive sovrastrutture e niente affatto coinvolgente a livello emotivo. Se il rifiuto degli spettatori può essere facilmente giustificato dalla radicalità stilistica del film stesso, troppo severe appaiono le critiche degli addetti ai lavori; il respiro glaciale di Les Salauds, la sua atipicità, la sua insistita componente ellittica in cui si procede per brevi sequenze sovrapposte una sull’altra come piccole tessere di un mosaico tutto da costruire, sono in realtà i veri punti di forza di un’opera tanto detestabile (all’apparenza) quanto invece interessante e ricca di spunti.
Certo, non tutto fila liscio, e qualche scelta di contorno appare poco azzeccata (le pannocchie, le sigarette avvolte nella camicia), tanto per dimostrare come la Denis si sia qui e là fatta prendere troppo la mano. Rimane però senza dubbio il valore di un film coraggioso e ipnotico, che abbraccia il silenzio della notte giostrando tra molteplici inquadrature di piedi che camminano incerti, donne ridotte a semplici oggetti di piacere e madri disposte a tutto pur di conservare i pochi affetti residui. Un quadro sulfureo e impietoso, abile a sfociare in un finale affranto e cupissimo.
Nel ruolo principale troviamo Vincent Lindon (anche produttore associato), come sempre bravissimo nel giocare di sottrazione e nel decantare le sue emozioni più con l’intensità degli sguardi che con le semplici parole. Accanto a lui la solita, magnifica Chiara Mastroianni, raro esempio di figlia d’Arte all’altezza del cognome che porta; un’attrice di assoluta qualità che da sempre vive e lavora in Francia, restando (per fortuna) lontana dal cinema italiano, dove con ogni probabilità non sarebbe valorizzata quanto merita. L’alchimia tra lei e Lindon funziona (torbida scena di sesso compresa), ma viste le capacità degli interpreti non c’è proprio di che stupirsi. Con loro una dimessa e disfatta Julie Bataille, un viscido e luciferino Michel Subor e, pur con minutaggio limitato, la giovane e promettente Lola Creton, classe 1993, già ammirata nel discreto Un amour de jeunesse di Mia Hansen-Love e nell’ottimo Après Mai di Assayas.
Il film tanto per cambiare non è per ora uscito nelle nostre sale, quasi certamente mai uscirà, ma è comunque reperibile in lingua originale con i sottotitoli in italiano.

Alessio Gradogna

http://www.orizzontidigloria.com/cinema-francese/les-salauds-macerie-di-una-civilta-decomposta

S’en fout la mort [1990] TRAILER from Biciman on Vimeo.


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