PIOVONO PIETRE con Ken il rosso : qualche suo film e Diego Star

  C’è un regista, che con la sua produzione cinematografica, cerca da anni di stimolare la società a riflettere su quanto gli accade attorno. Il suo nome è Ken Loach. La stringente attualità di questi giorni porta alla ribalta alcuni temi che che il regista inglese ha trattato mirabilmente in molti suoi film, e credo sia utile e quanto mai opportuno una loro rievocazione. In questi lavori troviamo la denuncia sociale, la passione civile, l’ironia disperata di chi ha perso tutto o non ha mai avuto niente, ma anche una lucida analisi dei temi più cari al regista :i disastri delle politiche neoliberiste sulla classe lavoratrice, le divisioni della sinistra, le lotte sindacali. In occidente spira un forte vento neoliberista che pone al centro della sua strategia concetti come “libero mercato”, “flessibilità del lavoro”, “privatizzazione”. Ecco allora Ken Loach, con la sua galleria di personaggi “veri”, che quella politica l’hanno subita già dai tempi del governo di Margareth Thatcher, che ci ammonisce sugli effetti dirompenti di questo “vento”.  Ed ecco Paul, Mick e gli altri (2001), che da quando c’è stata la privatizzazione della British Rail lasciano il posto di lavoratori “fisso”, attirati dal miraggio del lavoro flessibile e ben pagato. Si accorgono però che la realtà è molto diversa, condannati a lottare per un posto di lavoro saltuario senza ferie e malattie pagate. Del resto, non se la passano meglio neanche i protagonisti di Bread and Roses (2000), lavoratrici sfruttate all’interno di un’impresa di pulizie, che hanno l’”aggravante” di essere straniere, il che, nell’opulenta America, rappresenta un ulteriore fattore di precarietà. Figli di questa precarietà ed emarginazione sono anche i protagonisti di altre pellicole di Loach. Cosi, nel nuovo ordine del libero mercato, capita anche di lavorare in un cantiere sotto falso nome, senza alcuna garanzia contrattuale pur di sopravvivere, come ci racconta Stevie, il protagonista di Riff-Raff (1991), dove si ha una “panoramica” dell’arretratezza in materia sociale e della realtà sindacale annulata, oltre  alle drammatiche condizioni del mondo del lavoro. Se la flessibilità non garantisce più il lavoro, può capitare allora anche di entrare nell’abisso della disoccupazione, e non è un bel vivere. Il disoccupato Joe lotta tra mille difficoltà per costruirsi uno straccio di vita affettiva (My name is Joe, 1998), l’operaio disoccupato Bob Williams s’indebita con lo strozzino di quartiere per comperare alla figlia il vestito della Prima Comunione (Piovono pietre, 1993), e può succedere anche che lo Stato ti giudichi irresponsabile, perché indigente economicamente, e ti possano portare via (sottrarre) i figli, come accade a Maggie in Ladybird, Ladybird- Una storia vera (1994). Attenzione, allora, ai modelli socio-economici che ci vengono proposti, sembra dirci Ken Loach, mentre ci racconta le vicissitudini umane  dei suoi personaggi. Per chi vuole contestare questa nuova società che ci viene proposta, Loach mette a disposizione alcune esperienze storiche, come quella della Guerra Civile spagnola del 1936 (Terra e libertà, 1995), che sfrutta l’archetipo della memoria considerata  come fonte preziosa per le generazioni future, e quella dei Sandinisti in Nicaragua degli anni ’80 (La canzone di Carla, 1996). Anche qui gli spunti di riflessione non mancano e il regista inglese sembra suggerirci una sua ricetta che ha come ingredienti principali l’unità della sinistra  e la solidarietà internazionale. A volte il cinema non è solo svago o divertimento o effetti speciali, ma per fortuna è anche motivo di riflessione e comprensione di ciò che accade intorno a noi, soprattutto di questi tempi, soprattutto quando iniziano a “piovere pietre”. “… il dovere di un cineasta è quello di mostrare i fatti. Mi chiedo spesso perché il cinema non riesca più a riflettere, sia nei suoi lati drammatici che in quelli ironici, la realtà che stiamo vivendo” – afferma Ken Loach.

Claudia Paz Contreras Soto

http://www.cinequanon.it/piovono-pietre-unanalisi-dei-tempi-attuali-attraverso-il-cinema-di-ken-loach/

festival venezia, the navigators

Il ritorno di Ken il rosso

Ken Loach torna a descrivere la realtà che meglio conosce e che più ama denunciare: le condizioni dei lavoratori inglesi.

03.09.2001 – Autore: Ludovica Rampoldi
Dopo la parentesi americana di Bread and Roses, Ken Loach torna a descrivere la realtà che meglio conosce e che più ama denunciare: le condizioni dei lavoratori inglesi. Yorkshire, 1995. Paul, Mick e gli altri (questo sarà linfelice titolo italiano di The Navigators) sono operai delle ferrovie britanniche nel periodo delle privatizzazioni. Anni di lotte sindacali stanno per essere archiviati in nome del progresso e della modernità. Lavoro interinale, flessibilità, piani di produzione e amministratori delegati sono le nuove parole che i vecchi operai faticano a comprendere. E se tutto allinizio sembra un brutto scherzo su cui ridere sopra, la prospettiva di perdere le ferie retribuite, le indennità, i contributi, si concretizza davanti ai loro occhi senza lasciare più scelta. Durante una scena del film un uomo gioca a scacchi contro se stesso: Scacco Matto, quando qualsiasi mossa fai, hai perso. E questa la situazione dei navigatori di Ken Loach, messi sotto scacco dalle nuove politiche sociali che hanno tolto loro qualsiasi possibilità di scelta: perché scegliere tra la cassa integrazione o laccettazione delle nuove regole rappresenta comunque un insanabile sconfitta.   Il film di Loach è come uno se lo aspetta. Duro, spiazzante, ti entra dentro come la gelida pioggerellina inglese che bagna le scene di tutto il film. E lamara constatazione di uno scacco, la caduta delle lotte e degli ideali in cui non cè nessuna speranza alla speranza. Loach prende atto della sconfitta delle politiche sociali, del tramonto di un progetto socialdemocratico a vantaggio delle grandi corporations. Un problema che non riguarda solo i ferrovieri inglesi, come tiene a precisare il regista.   Lunica via duscita indicata da Loach è nella solidarietà, nel senso di gruppo, nellappoggiarsi lun laltro. Per armonizzare il cast, formato da attori professionisti e da altri presi per la strada, Loach ha fatto seguire un corso di manutenzione ferroviaria. Al termine, gli attori avevano sviluppato un senso di appartenenza e di cameratismo che è stato fondamentale per la riuscita del film. Perché come spiega Ken Loach- quando si perde lhumour e la vitalità che viene dal lavoro di gruppo si perde molto di più dello stipendio.   La cosa più toccante del film non si vede e riguarda la sceneggiatura, ed è una storia che di per sé potrebbe essere un film di Ken Loach. La sceneggiatura di The Navigators è stata scritta da Rob Dawber, ferroviere. Dawber ha presentato il soggetto di questo film a Ken Loach, che ha amato la storia e gli ha commissionato la sceneggiatura. Terminata lultima stesura, a Dowber è stato diagnosticato un cancro dovuto allesalazione di amianto sul posto di lavoro: i suoi datori conoscevano il pericolo e sapevano di infrangere una legge facendo lavorare il personale in quelle condizioni. Dowber è morto a quarantaquattro anni, dopo aver assistito allultima fase di montaggio del film.

http://www.film.it/film/festival/dettaglio/art/il-ritorno-di-ken-il-rosso-16356/

Chiedi più sicurezza e garanzie sul lavoro… di SaraMovieclips

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Diego Star – bande-annonce officielle HD e trama : Due uomini …

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