Nel malinconico declino una tenace speranz
UMILTA’ PER IMPARARE
Quante volte, durante il mio lungo silenzio, ho sentito e lette sentenze perentorie contro quegli “sprovveduti” della mia generazione colpevoli di aver dedicato anni e lustri della loro esistenza alla costituzione del Partito Comunista d’Italia. E i giudici accusatori non erano strumenti dell’apparato picista da cui non ci si poteva attendere altro, né i soliti pseudo storici o poltroni o a senso unico nella prosopopea delle loro ricerche, ma giovani delle più recenti leve, senza dubbio in buona fede, esuberanti nella stima della propria cultura, allegramente convinti di sbriciolarsi marxismo e leninismo come ciambelle. Al cospetto di questi “Padreterni” in erba, sicuro della loro sincerità e buona fede, mi sentivo disarmato e lasciavo correre. Pensavo che sarebbero maturati ed avrebbero dedicato la troppo svelta intelligenza di cui erano dotati a riesaminare argomenti e avvenimenti di tanta complessità e importanza con la necessaria pazienza e la doverosa ponderazione. Ma ho sbagliato. Un magistrato, perfino borghese, può condannare anche dopo aver soppesato prove e indizi, ma in generale accetta o sollecita l’appello del condannato perché sa quanto pesa una condanna. I giovani contestatori sedicenti di sinistra no. Si sentono infallibili e se ne fregano se la loro … vittima abbia dato alla buona causa, forse anche errando, un contributo che essi, ora, non possono bilanciare con futili scoperte. Si vuol capire finalmente come mai dal Partito Comunista d’Italia fondato a Livorno siamo arrivati a un Partito che col comunismo non ha nulla in comune e cioè da strumento del proletariato si è trasformato in strumento della borghesia? Ma è chiaro: le cause fondamentali di questa … consequenziale involuzione stanno nella mancanza di omogeneità del gruppo dirigente del Partito stesso (P.C.d’Italia, s’intende) e nella mancanza di una pratica rivoluzionaria conseguente al marxismo. Chi emette questa sentenza lapidaria la motiva – si fa per dire – col richiamo alle varie correnti preesistenti a Livorno, nel P.S.I., confluenti a Imola (cioè prima di Livorno) nella frazione comunista formatasi per costituire il Partito Comunista d’Italia. Questo accordo, che sarebbe stato frutto di una mediazione parlamentaristica e non una unità basata su una analisi scientifica della realtà, sarebbe una delle cause del crollo del Partito Comunista d’Italia nella fase dello scontro col fascismo e con lo stalinismo. Non scomodiamo il materialismo storico per chiarire la sicumerosa enunciazione. Diciamo pane al pane. Il Partito Comunista d’Italia non è nato perché un bel giorno Bordiga si è svegliato di buon umore e si è detto, beh!, è un po’ tardi, ma meglio tardi che mai e facciamoci quel benedetto Partito. Prende un po’ di qua (Torino) un po’ di là (Milano) e con la colla di casa (Napoli) l’intruglio è combinato … Dei compagni, piuttosto carichi di responsabilità e di esperienza, navigano per decenni in mezzo alle onde mosse di avvenimenti reali , si orientano nei gorghi reali di fatti internazionali, sono sospinti e respinti da situazioni obiettive. Ne sanno qualcosa i contestatori sinistrorsi? Hanno appena appena leggiucchiato documenti di quel periodo, per lo meno dalla vigilia della prima guerra mondiale, 1914, alla rivoluzione bolscevica, al formarsi della Terza Internazionale, alla morte di Lenin, allo scatenarsi dello stalinismo, con … contorno fascista? Hanno almeno sentito dire delle crisi economiche sociali intercorse in quel periodo di tempo in Italia, in Germania, in Ungheria scuotendo alle fondamenta gli Stati capitalisti? In questo enorme crogiuolo “oggettivo” è nato il Partito Comunista d’Italia. Una matrice evidentemente scomoda, sinuosa, complessa, ma per niente governabile con improvvisata baldanza e non certo ignorata dai gruppi che si sono incontrati e compresi nella sinistra comunista. I compagni della sinistra comunista hanno vissuto e sofferto e studiato al vivo ogni momento delle lotte proletarie italiane, militando con minori e maggiori responsabilità nel Partito Socialista e nelle leghe confederali e sono passati a traverso di un lungo periodo analizzandone gli sviluppi all’interno dello Stato e le ripercussioni all’esterno. Nessuno di quei compagni si è imposto in partenza un programma preconcetto. Un’asserzione di questo genere è soltanto ridicola. Ciascuno dalle proprie esperienze ha ricavato insegnamenti, indicazioni alla luce delle cognizioni teoriche apprese, ponderate, confrontate coi dati di fatto. Ci può essere stato qualche estemporaneo? E con ciò? Chi non conosce la lunga milizia, la generosa dedizione di un Bordiga, la dura, costante non meno lunga partecipazione di più modesti compagni come Repossi e cento e cento altri, sa che mai hanno perso di vista le oggettive contingenze e gli effetti globali mentre ne vivevano le vicende. Omogeneità, come condizione del formarsi del Partito Comunista a Livorno, doveva essere piovuta dal genio delle rivoluzioni o non dal comporsi di esperienze, di studi, di contrapposizioni, anche di incertezze, di esitazioni, di scelte? Pretendere l’apparizione della stella polare o contribuire al coagulo di forze di provenienza od origine sia pure diverse – poiché queste forze sono di persone umane – ma tendenti ad uno stesso intento? Siamo passati, operando, osservando, scegliendo, di filtro in filtro, nella piccola Italia che si faceva adulta, tra fremiti di classi in crescita, in contrasti sempre più profondi, una borghesia affrettarsi nell’industria, un capitalismo tanto avido quanto tardivo nel vortice dell’imperialismo degli Stati più dinamici. Guerre coloniali. Battaglie delle potenza finanziarie. Dal socialismo utopistico alle precognizioni rivoluzionarie. Dalla vaga mutualità alla combattiva se pur caotica sindacalizzazione di masse operaie. Scioperi, reazione, illusioni, esasperazioni. Competizioni elettorali, cretinismo parlamentare, deviazioni, tradimenti. Prima guerra mondiale, fascismo, imperialismo trionfante, rivoluzione bolscevica. Dal Marxismo al Leninismo. Ci siamo fatte le ossa in questa bolgia.
Bruno Fortichiari loris, comunista internazionalista ricordato nelle …Dalle memorie di Bruno Fortichiari – Marxists Internet Archi
BiografiaNato a Luzzara l’8 febbraio 1892, a 15 anni fondò il circolo giovanile socialista e dette avvio alla sua attività giornalistica, collaborando con “L’Avanguardia”, organo settimanale della Federazione Giovanile Socialista (FGS), con “Giustizia”, settimanale di Reggio Emilia, diretto da Camillo Prampolini, e con altri fogli socialisti locali. Nel settembre 1910, partecipò al Congresso nazionale della FGS a Firenze; nel 1911, seguì a Milano un corso di studi cooperativi e sindacali, organizzato dalla Società Umanitaria, di cui divenne poi funzionario presso la sede di Piacenza. L’impegno nella FGS lo mise in contatto con Amadeo Bordiga. Il 1º dicembre 1912 fu nominato responsabile della Sezione e della Federazione socialista milanese, nel cui ambito svolse un’intensa attività organizzativa, accompagnata da un altrettanto intenso impegno pubblicistico, che caratterizzò tutta la sua vita. In prima linea nella lotta contro la guerra, il 24 novembre 1914, presentò l’ordine del giorno che decretò l’espulsione di Benito Mussolini dal partito. A Milano, per tutta la durata del conflitto, con Luigi Repossi e Abigaille Zanetta fu instancabile organizzatore di iniziative di denuncia e, quando possibile, di manifestazioni proletarie. Nel settembre del 1915, diffuse il “Manifesto di Zimmerwald“, guadagnandosi la prima condanna al carcere e al confino, alla quale ne seguirono altre, che ostacolarono ma non impedirono la sua attività. Nel dopo guerra, si prodigò per dare sbocco organizzativo ai grandi movimenti proletari, dalle lotte contro il caro-vita all’occupazione delle fabbriche, sostenendo posizioni politiche sempre più coerenti con gli obiettivi rivoluzionari indicati dalla Terza Internazionale (IC), fondata a Mosca nel marzo 1919. Dalla seconda metà del 1920, fu partecipe a tutte le iniziative che avrebbero portato alla formazione del Partito Comunista d’Italia. Grazie a questo impegno, alla fondazione del partito (Livorno, 21 gennaio 1921), fu eletto nel Comitato esecutivo, con Amadeo Bordiga, Ruggero Grieco, Luigi Repossi e Umberto Terracini, assumendo la delicata responsabilità dell’Ufficio I, ossia dell’apparato illegale. Impegno che assolse con grande competenza, di fronte a una reazione statale e fascista sempre più violenta. Nel contrasto che si manifestò tra il PCd’I e il Comintern, dopo il Terzo Congresso (22 giugno – 12 luglio 1921), Fortichiari fu uno dei principali esponenti della corrente di sinistra (v. Frazione di sinistra del PCd’I). Alle elezioni del 6 aprile 1924, fu eletto deputato; in seguito, pur partecipando all’attività di partito, si dimise da ogni incarico. Le sue successive iniziative a sostegno della sinistra, come il Comitato di Intesa, furono costantemente represse dal Comintern, rappresentato in Italia da Jules Humbert-Droz, benché la linea del centro gramsciano si stesse rivelando pericolosamente fallimentare. Prima che a Milano il fascismo impedisse con la forza ogni attività politica, il 22 marzo 1925 Fortichiari organizzò in piazza Castello il comizio di Amadeo Bordiga, che si risolse in un’approvazione plebiscitaria per la Sinistra. Con l’arresto di tutti i deputati comunisti, l’8 novembre 1926, fu condannato a cinque anni di confino, ma fu rimesso in libertà dopo un anno, in quanto affetto da tubercolosi. Stabilitosi a Milano, incontrò molte difficoltà a trovare un lavoro stabile e, quando lo trovò, la pubblicazione sul «Popolo d’Italia» (12 giugno 1929) della sua espulsione dal PCI gli creò nuovi ostacoli. Pur sotto la costante vigilanza della polizia e del PCI, riuscì a stabilire contatti con Luigi Repossi, Mario Lanfranchi e Giusto Della Lucia, con i quali scrisse e diffuse documenti firmati inizialmente «Gruppo Comunista» e poi «Sinistra ». Durante la guerra, nel 1942-1943, dopo contatti con il Partito Comunista Internazionalista, con Lelio Basso di “Bandiera Rossa” e con altri socialisti, collaborò con il “Lavoratore”, di Legnano, pubblicato clandestinamente dal gruppo dei fratelli Carlo Venegoni e Mauro Venegoni. Nonostante il PCI diffondesse calunnie contro di lui, Fortichiari scelse di rientrare nel partito, ottenendone l’ammissione solo dopo la Liberazione, a fine giugno 1945. Sempre circondato da diffidenza, non gli furono assegnati compiti politici di rilievo, finché, il 28 aprile 1947, fu nominato presidente della Federazione Provinciale delle Cooperative di Milano, per relegarlo in una sorta di limbo politico. Nell’agosto 1950, lasciò la carica e si ritirò a Luzzara, dove trovò occupazione come segretario della locale cooperativa. Il suo indiscusso prestigio presso la base del partito gli procurava un controllo sempre più asfissiante da parte della direzione e, di pari passo, diventava punto di riferimento per un malcontento, che si stava trasformando in opposizione al neo riformismo di Palmiro Togliatti. Il 21 giugno 1956 firmò con Luciano Raimondi il primo numero del mensile Azione Comunista e il 4 luglio lesse su l’Unità: “Fortichiari non è più nel partito”. Prendeva avvio il tentativo di costituire il Movimento della Sinistra Comunista, verso cui inizialmente confluirono, oltre ai fuorusciti dal PCI, tra cui Giulio Seniga, i Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP), con Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi, i comunisti internazionalisti di Battaglia Comunista, i trockijsti dei Gruppi Comunisti Rivoluzionari di Livio Maitan, nonché intellettuali comunisti, come Danilo Montaldi, o di tendenza socialista, come Giorgio Galli. Questa esperienza, dopo aver ravvivato il panorama della sinistra antistalinista italiana, si concluse tra alterne vicende, nel 1965, quando anche Fortichiari, superati i settant’anni e con problemi di salute, pensò di ritirarsi dall’attività politica. Nel 1970, infranse questa decisione, iniziando a pubblicare le “Lettere aperte ai compagni della Sinistra Comunista” e collaborando con un gruppo di giovani che, nel 1972, dette vita al bollettino “Iniziativa Comunista”. Attento agli avvenimenti degli anni Settanta, partecipò a dibattiti e conferenze organizzati dal Circolo La Comune e da Lotta Comunista. Opere
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