Lettere di un povero diavolo: Dino Campana e altro

Tutti mi hanno sputato addosso dall’età di 14 anni, spero che qualcheduno vorrà al fine infilarmi. Ma sappiate che non infilerete un sacco di pus, ma l’alchimista supremo che del dolore ha fatto sangue.*

Lettere di un povero diavolo. Carteggio (1903-1931)
Con altre testimonianze epistolari su Dino Campana (1903-1998)

A coronamento di decenni di lavoro, uno dei più attenti e assidui studiosi di Dino Campana ne raccoglie tutti gli scambi epistolari – compresi alcuni inediti – con l’Aleramo, Boine, Cardarelli, Cecchi, Novaro, Papini, Prezzolini, Serra, Soffici e altri, restituendo un ritratto vivo e fedele del poeta e della nostra letteratura di primo Novecento. Nell’ampio corredo iconografico spicca una fotografia finora ignota che ritrae Campana fra i suoi monti.
“Ricostruire un carteggio è come edificare un tempio: pietra su pietra. È un’opera che richiede tempo e pazienza… Ian Gibson, il biografo di Federico García Lorca, scrive che non puoi mandare nessuno al posto tuo, perché ciò che potresti scoprire non sarebbe visto dall’altro come lo vedi tu. E quando trovi il pezzo che cercavi, la lettera che mancava, quella che ti permette di completare, almeno in parte, il tuo puzzle, è quasi un’estasi. E se così non fosse, non si continuerebbe a cercare: invece ogni giorno ci riserva un’avventura, piccola o grande che sia. Personalmente, ho finito per mettere Dino Campana nei miei sogni. E ciò da quando, nel lontano 1978, pubblicai con Vanni Scheiwiller Le mie lettere sono fatte per essere bruciate, primo carteggio del poeta di Marradi con gli uomini del suo tempo” (dal Prologodi Gabriel Cacho Millet).

http://www.polistampa.com/php/sl.php?bc=41&idlibro=5267

DINO CAMPANA, IL MANOSCRITTO DISPERSO E LA MEMORIA DISPERATA #dinocamapana #poesiaitaliana #genova #cantiorfici

Nel 1913, Dino Campana si presentò nella redazione della rivista letteraria “Lacerba”, a Firenze. Portava con sè l’unica copia manoscritta di una raccolta denominata “Il più lungo giorno”, la prima stesura del suo capolavoro “Canti Orfici”. Consegnò il libretto ai due animatori della rivista, Giovanni Papini e Ardengo Soffici, figure di artisti e intellettuali tra le più influenti della prima metà del novecento italiano. I due non diedero molto peso al materiale che quel giovane poeta trasandato e disadattato consegnò loro e lo misero da parte, senza avergli dato nemmeno un’occhiata. Alcuni mesi dopo, il giovane marradese, spazientito dalla vana attesa di una risposta, ritornò a Firenze per chiedere conto del suo manoscritto, ma i due intellettuali non seppero dirgli dove fosse finito, cercando di scaricare l’uno sull’altro la responsabilità dello smarrimento. Dino, il cui equilibrio psichico era già precario,  diede in escandenze, minacciando di farsi giustizia col coltello. Ormai convinto dell’impossibilità di ritrovare il manoscritto, decise di riscriverlo, affidandosi alla memoria. L’opera venne pubblicata a proprie spese l’anno successivo, col titolo definitivo di “Canti Orfici”. Il manoscritto venne ritrovato solamente nel 1971, nella casa di Ardengo Soffici, a Poggio a Caiano.

Il travaglio mnemonico a cui dovette sottostare Campana per far riemergere la sua poesia è testimoniato in maniera esemplare nella parte centrale del poema “Genova”. Qui, il testo diviene un continuo inseguirsi di iterazioni, con variazioni minime, nella disperata ricerca della parola che fu:

Quando,
Melodiosamente
D’alto sale, il vento come bianca finse una visione
di Grazia
Come dalla vicenda infaticabile
De le nuvole e de le stelle dentro del cielo serale
Dentro il vico marino in alto sale,……
Dentro il vico chè rosse in alto sale
Marino l’ali rosse dei fanali
Rabescavano l’ombra illanguidita,. . . . . .
Che nel vico marino, in alto sale
Che bianca e lieve e querula salì!
Come nell’ali rosse dei fanali
Bianca e rossa nell’ombra dei fanali
Che bianca e lieve e tremula salì:…..
Ora di già nel rosso del fanale
Era già l’ombra faticosamente
Bianca………..
Bianca quando nel rosso del fanale
Bianca lontana faticosamente
L’eco attonita rise un irreale
Riso: e che l’eco faticosamente
E bianca e lieve e attonita salì……

In sostanza, il misfatto del manoscritto disperso e la successiva ricostruzione sul filo di una memoria affannata e nebulosa, diedero alla poesia di Campana, già potentemente immaginifica ed evocativa, un alone di irreversibile incompiutezza, situandola a buon diritto nella piena temperie delle avanguardie storiche e consacrando l’autore come uno dei maggiori poeti italiani del novecento e, a mio parere, il più internazionale e innovatore tra essi.

 

http://albertomassazza.wordpress.com/2013/01/21/dino-campana-il-manoscritto-disperso-e-la-memoria-disperata-dinocamapana-poesiaitaliana-genova-cantiorfici/

Di Giancarlo Calciolari

Dino Campana, “l’alchimista supremo che del dolore ha fatto sangue”

La poesia di Dino Campana è il suo modo di trasporre ciascun elemento poetico nella sua cifra. La poesia è la sua industria, come arte e come invenzione. Il caso di Dino Campana è il caso di qualità.

Per Dino Campana (1885-1932) ciascun elemento della vita è poetico. Nessuno escluso. L’elemento non è positivo o negativo: è tripartito. Elemento prosodico, rapsodico, melodico. Questa è l’ode. Dino Campana ode, in modo originario, senza filtri di codificazioni sociali di accademia, di curia, di corte. Procedendo dall’ironia, dall’inconciliabile: già nel sottotitolo in tedesco (la tragedia dell’ultimo germano in Italia) e nella dedica all’imperatore dei germani nei suoi “Canti orfici”.

La reazione della provincia, a partire dal suo paese innatale Marradi, era inevitabile. L’atto originario è estremo, senza più mediazione. E resta da leggere se Dino Campana abbia abboccato alla reazione nella forma del rifiuto, che la consacra, o se il suo caso intellettuale sia stato di assoluta non accettazione del conformismo e dell’anticonformismo sociali. Scrivendo in una poesia dell’amorfismo della gente (“L’incontro di Regolo”), propendiamo per la seconda ipotesi. Intollerabile Dino Campana per il luogo comune, che oggi ancora si esercita tra consacrazione e esecrazione.

L’attacco o reazione della provincia indica l’anomalia, ma non è ancora il caso intellettuale. Indispensabile per il viaggio l’anomalia, la non accettazione dei criteri sociali di somiglianza e dissomiglianza (in particolare da presunti modelli parentali). Ciascun elemento poetico è anomalo. Quantità infinita che può trasporsi in qualità.

La poesia di Dino Campana è il suo modo di trasporre ciascun elemento poetico nella sua cifra. La poesia è la sua industria, come arte e come invenzione. Il caso di Dino Campana è il caso di qualità. Il caso psicopatologico è sempre la negazione del caso intellettuale. Anche perché ciascun elemento è libero, insemiotizzabile, ininterpretabile, incodificabile.

 

They were all torn             Loro erano tutti lacerati

and cover’ d with                 e coperti con

the boy’ s blood                 il sangue del ragazzo

 

È la gente amorfa tutta sbrindellata e coperta dal sangue del giovane Dino Campana. La gente che attacca con il braccio psichiatrico della legge. Purtroppo è anche il caso del babbo di Campana, che lo segnala quindicenne alle attenzioni dell’ospedale psichiatrico di Imola nel 1900. L’infermità mentale è del braccio psichiatrico. La poesia di Dino Campana smentisce ogni gnosi del personaggio, in particolare quella psichiatrica che presume di conoscerlo come le proprie tasche, cosa da manuale.

“Tutti mi hanno sputato addosso dall’età di 14 anni” (Lettera a Papini, 1914 circa). Dino Campana, “l’alchimista supremo che del dolore ha fatto sangue”. E come distingue Campana tra l’autentico e l’inautentico: “Il dolore del Vate non è il dolore del poeta: è senza nobiltà senza silenzio, senza umiltà, senza luce” (Lettera a Carrà del 1917).

Il caso Dino Campana è il caso di qualità. La sua è poesia dell’esperienza: la sua lingua trapassa tra sogno e dimenticanza in altra qualità, per via di abduzione. L’abuso linguistico di Dino Campana integra i dialetti, la lingua e altre lingue in una poesia senza più ritorno al primordiale. Il mito sta nell’atto di poesia di Dino Campana e è senza origine. Ossia, nessuno può abbeverarsi alla sua fonte per scrivere come lui ( e anche per non scrivere come lui). La poesia di Dino Campana è originaria, inimitabile, insemiotizzabile, ininterpretabile. Come un’opera musicale senza parole, non possiamo che ascoltarla e ascoltarla ancora.

“Era intanto calato il tramonto ed avvolgeva del suo oro

 il luogo commosso dai ricordi e pareva consacrarlo…”

http://www.heliosmag.it/2006/2/campana.htm


 

Dino Campana – Poesia facile – Batte Botte

http://www.controappuntoblog.org/2012/01/21/dino-campana-poesia-facile-batte-botte/

Le nostalgie di Orfeo

http://www.controappuntoblog.org/2012/11/04/le-nostalgie-di-orfeo/

 

 

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