L’attimo fuggente -il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.: Walt Whitmam, Debussy – Nuages (Nocturne)

Non li ho fatti marciare per deriderli, li ho fatti marciare per illustrare la questione del conformismo, la difficoltà di mantenere le proprie convinzioni di fronte agli altri, (…)ci teniamo tutti ad essere accettati, ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani e impopolari, anche se il gregge può dire non è beeeeene;(…) voglio che troviate la vostra camminata adesso”.

Nel 1989 il regista australiano Peter Weir presentò il suo film L’Attimo fuggente. Nel corso degli anni questo film è divenuto un cult tra il pubblico e la critica. Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino. Il lungometraggio di Weir è ambientato nell’Accademia di Welton nell’autunno 1959. Sono tutte date importanti. Nella società descritta dal film ancora non era avvenuto il ’68 studentesco che avrebbe ridefinito i confini della protesta sociale contro le istituzioni autoritarie delle società occidentali. In quel periodo vicino ai primi anni ’60 le Accademie, le scuole, le istituzioni scolastiche americane erano molto tradizionaliste e rigide. Austere forse è la parola più indicata.

Il film inizia col sottolineare queste caratteristiche fin dalle prime immagini, in cui si vede un drappello di studenti marciare solennemente al suono delle cornamuse con degli stendardi in mano, all’inizio dell’anno accademico. Tutto sa di old English Academy style. Gli stendardi recano queste scritte: Tradition, Honor, Discipline, Excellence. I quattro pilastri della scuola sono questi. Il direttore dell’Istituto Mr. Norman lo ribadisce a chiare lettere nel discorso di inaugurazione. La dogmatica dedizione a questi principi è la chiave dell’avvenire degli studenti. Una lunga tradizione di antiche vestigia e gloria alberga tra quelle mura. Law & Order. I dogmi, la ferrea ottusa disciplina e la loro stretta e ossequiosa osservanza garantiscono che l’Accademia di Welton sia la migliore scuola preparatoria all’Università di tutti gli Stati Uniti.

Il direttore dell’Istituto poi presenta agli studenti riuniti in sala insieme ai genitori il nuovo professore di Letteratura John Keating, interpretato da un eccellente Robin Williams. La parte di John Keating inizialmente voleva essere assegnata a Dustin Hoffman, un’istituzione del cinema americano di quei tempi. Ma la prestazione di Williams dimostra che il regista ha saputo optare per la scelta più giusta. La recitazione di Williams credo sia stato uno dei fattori in grado di imprimere nel pubblico di ieri ed oggi un’indelebile simpatia per questo riuscitissimo film.

Segue poi una carrellata di immagini in cui la regia offre una panoramica sugli attori protagonisti delle pellicola. Si vedono i due principali ragazzi: Neil Perry, e Todd Anderson interpretato da un giovanissimo Ethan Hawke. In maniera molto efficace Weir crea una descrizione dei profili psicologici e di ciò che accade a livello didattico in quell’ambiente istituzionale fin da subito. C’è il Padre di Neil Perry, che gli impone di lasciare il giornale di scuola in nome delle aspettative che lui e la madre in nome di tanti sacrifici hanno sul futuro del figlio. Todd Anderson viene da subito investito di attese da parte del Direttore poiché è il fratello di Jeffrey Anderson che era stato il migliore alunno della Scuola.

Il sapiente occhio del regista passa in rassegna le rigide e severe metodologie didattiche degli insegnati di latino, di trigonometria. Classi militarizzate, severe. In questa maniera Weir pone le basi del contesto in cui la storia che vuole raccontare trova la sua coerenza narrativa. Irrompe sulla scena finalmente la figura del professore Keating. La sua entrata in aula è deflagrante rispetto a quanto mostrato di ordinario fino a quel momento da Peter Weir. Keating entra fischiettando da una porta ed esce dall’altra e poi intima agli alunni: “Su andiamo!”. Gli studenti sbalorditi e incuriositi escono dall’aula. Il Professore aggiunge che gradirebbe essere chiamato dai più audaci alunni “oh Capitano, mio Capitano”.

Poi c’è la famosa frase oraziana, sul “carpe diem”, pronunciata dal professore di fronte alle fotografie dei vecchi alunni che passarono tra le mura dell’Istituto prima di loro. Qui c’è uno dei fulcri del film, che echeggia nelle parole del Professore rivolte ai suoi increduli studenti. “siamo cibo per vermi ognuno di noi morirà, guardate questi visi del passato li avete visti mille volte ma non li avete mai guardati”. Bellissima davvero questa sequenza. Mentre gli alunni si avvicinano alle foto per osservarle da vicino e il regista focalizza la cinepresa sul volto di alcuni di quei ragazzi ritratti in foto ingiallite che ora sono morti, il professore sussurra piano piano dietro gli orecchi degli studenti : “Carpe diem”,  e segue dicendo : “rendete straordinaria la vostra vita!”. L’impatto emotivo con queste scene effettivamente è forte. Il volo della vita che c’è dietro ogni volto, gli occhi che penetrano il mistero dell’insondabile corso degli eventi, qui ed ora. Attimi eterni eppure irreali. Tutto questo traspare romanticamente nella narrazione coinvolgente di Weir.

Da questa scena in poi inizia l’opera demolitrice dell’Istituzione da parte del professore Keating, un percorso crescente e inebriante, emotivamente persuasivo, che non poco ha concorso all’appeal di questa indimenticabile pellicola. La Poesia della pellicola si sposa efficacemente con la poesia insegnata dal professore ai suoi ragazzi. Il professore ha un metodo eterodosso rispetto a tutti gli altri dell’Accademia, fa strappare pagine inutili dai libri, e cerca di ravvivare il sentimento delle parole, l’anima che dietro ad esse si cela segretamente. La poesia non è un hit parade, è un hot parade del cuore. Non è rime e terzine, è anima e sangue. Tutto il metodo del professore è incentrato a portare gli alunni ad ascoltare le loro emozioni, ad imparare a pensare con la propria testa. E’ lo stesso in uno delle sue lezioni di letteratura Keating a dire: “La razza umana è piena di passione; l’amore, la poesia, sono le cose che ci tengono in vita!”. Con questa nuova grammatica dei sentimenti, gli alunni affascinati dalla figura carismatica del nuovo insegnante, iniziano a disegnare il proprio percorso di libertà, a seguire le proprie passioni e attitudini. E sono pennellate di vita, di volo, come le oche che si innalzano in stormo durante la corsa in bicicletta di Overstreet. Le immagini del film sono molto curate, come la fotografia.

Molte delle vicende del film si susseguono nel momento in cui nel cuore dei ragazzi si fa strada un nuovo modo di vedere la vita. Il professore Keating ha aperto una breccia nel cuore di Istituzioni grigie e secolarizzate, ma soprattutto negli alunni. Per le vecchie accademie i ragazzi non devono seguire i sogni, ma obbedire e  affidarsi alla disciplina, poiché troppa libertà può causare cadute a terra come succede nel mito di Icaro. Nel corso del film si vedranno i vari protagonisti operare in tal senso; si vedrà l’amore dirompente di Knox Overstreet per “la ragazza dai capelli dorati”. Si vedranno le bravate di Charlie Dalton. Ma soprattutto saranno Neil Perry, e Todd Anderson i due coprotagonisti, a maturare le scelte che riposano nel profondo del cuore. Neil sceglierà di seguire nonostante i divieti ferrei del padre la sua passione di attore, e Todd riuscirà a esprimere le sue emozioni ed opinioni senza paura del giudizio degli altri, e senza paura di gettare dal tetto dell’Accademia l’ennesimo scrittoio regalato da una famiglia incapace di capire cosa volesse.

Scuola e famiglia sono le Istituzioni invalicabili dell’ordine sociale costituito. Il bosco, e la grotta dove i ragazzi riformeranno la dead poets society, emulando le gesta giovanili del loro Capitano, saranno il luogo del mistero, del sesso, dell’iniziazione al potente spettacolo della vita. In tutta la poetica di Weir fin dal suo primo film d’esordio “Picnic ad Hanging Rock”, è sempre presente la contrapposizione tra leggi sociali, e leggi naturali. Una natura, quella selvaggia dell’Australia, con i suoi immensi open spaces che certo non poco ha contribuito a determinare la cifra stilistica di Peter Weir. L’irrazionalità, l’emotività dei ragazzi del film presenti nell’Attimo Fuggente, che in parte aiuterà l’ingresso alla vita di quei giovani, è la stessa che porterà le protagoniste di Picnic ad Hanging Rock, a scomparire nel mistero.

C’è un’Australia Aborigena nella cultura anglosassone di Weir, un qualcosa di mistico, di evocativo avvolto tra le nebbie. Non è un caso che la prima notte in cui i giovani ragazzi si avvieranno alla grotta, Weir li inquadra da dietro mentre scompaiono nella bruma notturna. Ci sono anche l’individualismo e il self made delle società capitalistiche tipicamente accettati nelle english coutries, ma anche un elemento dirompente, libertario, irrazionale e romantico che rifugge da facili catalogazioni. Il film l’Attimo Fuggente è talvolta nel suo incedere a tratti ingenuo. Il suo messaggio antitradizionalista è solo vagamente libertario, ed a volte ad una più attenta critica sociologica affiora la superficialità di una cultura incentrata su un ribellismo facile, individualista e approssimativo. Ma va anche detto che non è certo un film ambientato nel ’68 appunto, dove la rivolta fu generazionale e collettiva, e investì i fondamenti dell’ordine sociale e capitalistico di cui la scuola era una colonna portante.

E’ ambientato in una società ancora molto tradizionale come quella del Vermont del 1959. Società dove dire quello che dice Keating era già troppo fuori le righe. Ecco il merito e il demerito di Weir sono forse proprio qui. Alla fine il ribellismo dei suoi protagonisti non è radicale, è emotivo, non è organizzato, è passionale, e in questo rischia di riscattare in maniera dolciastra lo spettatore, che in modo semplicistico si accoda ad una critica delle Istituzioni ottuse ove il film è ambientato. Le istituzioni sociali secolari non si modificano solo col sentimentalismo individuale. Bisogna insegnare ai ragazzi incapaci di sostenere le disillusioni della vita ad affrontare la durezza del cammino. E’ necessario insegnare un principio di realtà per quella che essa è, e che se è vero che non bisogna rassegnarsi allo status quo, occorre molto tempo e fatica per trasformarla radicalmente.

Però appunto questo concetto di una ribellione senza sbocco è anche un po’ raffigurata dall’esito drammatico del suicidio di Neil Perry in seguito all’obbligo del Padre padrone di lasciare la scuola e la recitazione. Neil Perry proverà a parlare, riuscendovi solo col professore, del perché ama recitare e delle profonde emozioni che vive nel farlo, ma non riesce a dialogare altrettanto col padre, che dopo il suo tripudio della prima teatrale, distruggerà i sogni di suo figlio imponendogli di dimenticare le frivolezze del palcoscenico. Di fronte al padre violento, le parole soffocano nella gola del tenero ragazzo. In una delle scene più toccanti Neil, vistosi senza più vie d’uscita, molla la corona della sera del suo successo come la corona di spine di Gesù, la ripone sul ciglio del davanzale della finestra e, mentre fuori nevica, si spara in bocca. Su questa scena cala il sipario su Istituzioni bigotte, e sul loro totale fallimento. La colpa del suicidio di Neil verrà ingiustamente attribuita a Keating, dagli spregevoli genitori.

L’unica colpa imputata a Keating dall’Accademia, per bocca del Direttore in persona, era stata aver indotto i suoi ragazzi ad amare la vita e la libertà di espressione. Il peccato delle Istituzioni viene scaricato sulle spalle del piccolo grande eroe John Keating, che da questa vicenda ne esce come un gigante. L’epilogo del film è l’allontanamento del professore dalla scuola in seguito ad una lettera firmata, sotto il ricatto dell’espulsione dall’Accademia, da parte degli alunni, che scaricano sotto la minaccia del Direttore e dei rispettivi genitori le colpe dell’accaduto su Keating. Memorabile, la scena del riscatto finale, ancora dentro gli occhi dei suoi alunni. Occhi che si innalzano su un altro punto di vista sul mondo, appunto salendo sui propri banchi, di fronte a un direttore in aula che intima disperato di scendere. In classe c’è il Professore Keating che è andato a riprendere le sue cose. Il suo insegnamento ha vinto. Resterà per sempre nel cuore dei ragazzi. L’amore non si può fermare mai. Era negli occhi di quei ragazzi dentro le foto all’inizio del film, è negli occhi dei ragazzi nella scena finale. Il professore va via dicendo grazie. Il finale è mitico e commovente. Nella vita mai bisogna perdere ciò che si ama, ma credere in se stessi e combattere per i propri sogni, i propri sentimenti. Al contrario si è spesso ridotti a vivere solo di nostalgia e rimpianti. Pur con le sue debolezze l’Attimo Fuggente è come una goccia che scava la pietra dei ricordi

http://scuolachefarete.it/2012/10/lattimo-fuggente-la-lezione-di-john-keating/

 

il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.: Walt Whitmam

Debussy – Nuages (Nocturne)

 

http://www.controappuntoblog.org/2012/09/03/emetto-il-mio-grido-barbarico-sopra-i-tetti-del-mondo-walt-whitman-debussy-sirenes/

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