L’assolutismo si nasconde dietro istituzioni pseudocostituzionali

L’assolutismo si nasconde dietro istituzioni pseudocostituzionali, ma in pari tempo, grazie all’alleanza dello zar con i signori Purisckevic e Guckov, e solo con loro, esso, di fatto, svela come non mai la sua essenza di classe. L‘assolutismo tenta di avocare a sé la soluzione dei compiti obiettivamente indispensabili della rivoluzione borghese: creazione di una rappresentanza popolare che diriga effettivamente gli affari della società borghese ed eliminazione, nelle campagne, degli intricati ed antiquati rapporti agrari; ma il risultato pratico dei nuovi passi dell’assolutismo è finora uguale a zero e ciò dimostra in modo ancora più lampante la necessità dell’intervento di altre forze e di altri mezzi per la soluzione di questo compito storico. Nella coscienza delle grandi masse, inesperte della politica, l’assolutismo si levava contro la rappresentanza popolare, in generale; oggi la lotta limita il proprio obiettivo, definisce più concretamente il proprio compito, come lotta per il potere nello stato il quale determina il carattere e l’importanza della rappresentanza stessa. Ecco perché la III Duma segna una fase speciale nella disgregazione del vecchio zarismo, nel rafforzamento del suo spirito di avventura, nell’approfondimento dei vecchi compiti rivoluzionari, nell’allargamento dell’arena della lotta (e nell’aumento del numero dei partecipanti alla lotta) per questi compiti.

Questa fase deve fare il suo corso; le nuove condizioni del momento esigono nuove forme di lotta; l’impiego della tribuna della Duma rappresenta una necessità indiscutibile; in primo piano si pone un lungo lavoro per l’educazione e l’organizzazione delle masse del proletariato; la combinazione dell’organizzazione illegale con quella legale assegna al partito compiti particolari; sorge, per ragioni sia teoriche che pratiche, la necessità di popolarizzare e di spiegare le esperienze della rivoluzione, screditate dai liberali e dagli intellettuali liquidatori. Ma la linea tattica del partito, che nei metodi e nei mezzi di lotta deve tener conto delle nuove condizioni, resta immutata. La giustezza della tattica rivoluzionaria socialdemocratica – dice una delle risoluzioni della conferenza – è confermata dall’esperienza della lotta delle masse nel 1905-1907. La disfatta della rivoluzione in seguito a questa prima campagna ha dimostrato non che i compiti fossero sbagliati, non che gli obiettivi immediati fossero “utopistici”, non che i mezzi ed i metodi fossero errati, ma ha dimostrato l’insufficiente preparazione delle forze, l’insufficiente profondità ed ampiezza della crisi rivoluzionaria che intanto Stolypin e consorti lavorano ad approfondire ed ampliare col più lodevole zelo! Dopo la prima effettiva battaglia delle grandi masse per la libertà, i liberali e gli intellettuali disorientati possono ben perdersi d’animo e ripetere vilmente: non ritornate dove siete già stati sconfitti una volta, non mettetevi più su quella via fatale. Il proletariato cosciente risponderà loro: le grandi guerre della storia, i grandi problemi della rivoluzione sono stati risolti soltanto perché le classi d’avanguardia, rinnovando più volte l’assalto ed istruite dall’esperienza delle disfatte, sono giunte alla vittoria. Gli eserciti sconfitti imparano molto. Nella prima campagna le classi rivoluzionarie della Russia sono state sconfitte, ma la situazione rivoluzionaria rimane. Sotto nuove forme e per un’altra via – talvolta molto più lentamente di quanto desidereremmo – la crisi rivoluzionaria si approssima ancora una volta, matura di nuovo. Dobbiamo compiere un lungo lavoro per la preparazione delle grandi masse a questa nuova crisi, per una preparazione più seria, che tenga conto dei compiti più alti e più concreti, e quanto meglio lo compiremo tanto più sicura sarà la vittoria nella nuova lotta. Il proletariato russo può essere orgoglioso che, nel 1905, sotto la sua direzione, una nazione di schiavi si sia per la prima volta trasformata in un esercito innumerevole lanciato contro lo zarismo, nell’esercito della rivoluzione. Ed oggi, quello stesso proletariato saprà compiere disciplinatamente, tenacemente, pazientemente il lavoro di educazione e di preparazione dei nuovi quadri di una più possente forza rivoluzionaria.

In Cammino Vladimir Lenin (1909)

 

Questa voce è stata pubblicata in documenti politici, Marx e C. e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.