I cinque anarchici della Baracca

martedì 21 luglio 2009

“Abbiamo scoperto delle cose che faranno tremare l’Italia”

Il 26 settembre 1970 sull’autostrada del Sole tra Ferentino ed Agnani alle 23.25 muoiono,in uno scontro con un autotreno,Angelo Casile,Gianni Aricò,Franco Sordo,Luigi Lo Celso ed Annalise Borth.Stavano andando a Roma alla manifestazione contro Nixon.
Sono i “Cinque anarchici del sud”- come li chiamerà nel suo libro che ricostruisce le loro vite e il mistero della loro morte Fabio Cazzola-reggiani,ventenni- quelli della “baracca”-chiamati cosi dal luogo dove si riunivano e discutevano (divenuto in breve l’epicentro dei giovani della contestazione reggina).Sono ragazzi intelligenti di una non comune curiosità e sensibilità.Da anni si sono fatti conoscere nella provincia ma non solo per la loro fermezza-nonostante arresti, pestaggi e minacce-nelle manifestazioni e nell’indagare i misteri della strategia della tensione iniziata nel ’69 con piazza Fontana e i rapporti tra gruppi neofascisti di Avanguardia Nazionale e la ‘ndrangheta(soprattutto negli scontri dela rivolta di Reggio Calabria di quegli ultimi mesi).Il 13/14luglio del ’70 la città di Reggio è in preda alla rivolta provocata dalla contesa per il capoluogo della regione con Catanzaro;per tutte le strade sorgono barricate,numerosi gli incendi,gli attentati dinamitardi e le occupazioni.Il primo morto Bruno Labate,ferroviere frenatore.Ai suoi funerali migliaia di persone si riversano nelle strade,il corteo passa per la questura,si sfiora un’altra strage,la rivolta s’estende senza controllo e durerà piu di un anno:5morti e centinaia di feriti e arresti.Nel febbraio del ’71 l’esercito scenderà per le strade per sgomberare le ultime barricate.In quei giorni Gianni,Angelo,Franco e Annalise-pacifisti-manifestano perchè la rivolta finisca,fotografano e documentano la strumentalizzazione della rivolta da parte dei fascisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.Ma non solo.Nello stesso tempo conducono un’inchiesta di controinformazione sul deragliamento del treno “Freccia del sud”all’altezza di Gioia Tauro(6morti e 139feriti).
Intanto le minaccie aumentano,scompaiono dei rullini,Franco viene aggredito dai neofascisti;i ragazzi hanno paura ma quel 26settembre del ’70 decidono lo stesso di partecipare ad una manifestazione a Roma indetta contro Nixon arrivato in Italia.
La sera prima a casa Lo Celso era arriva una telefonata da un agente di polizia del’ufficio politico di Roma che avverte il padre:”è meglio che non faccia partire il figlio alla volta della capitale”.Dopo piazza fontana gli anarchici,facile caprio espiatorio come dimostra il caso Pinelli, vengon tenuti d’occhio, pedinati e spiati dalle forze dell’ordine.
Alle 23.25 di quel 26 settembre, l’impatto con l’autotreno che trasporta conserve:Angelo,Luigi,e Franco muiono sul colpo,Gianni e la moglie Annalise poco dopo.I primi di settembre Gianni aveva avvisato la FAI di Roma d’essere riuscito assieme agli altri a raccogliere materiale compromettente sulla rivolta di Reggio e sul deragliamento del treno “Freccia del sud” e aveva avvertito che parte del materiale l’ aveva già spedito per posta a Rossi,un amico anarchico di Roma.Il resto lo stavano portando di persona quel 26 settembre andando a Roma con il pretesto della manifestazione.
Alla madre poco tempo prima Gianni Aricò aveva detto ,senza andare oltre,
“ABBIAMO SCOPERTO DELLE COSE CHE FARANNO TREMARE L’ITALIA”.I preaziosi documenti che i ragazzi portavano con loro non furono mai trovati.

La storia della strage di Gioia Tauro,avvenuta 39anni fa,intrecciata a quella dei cinque anarchici del sud è una storia di strani incidenti e misteri a lungo dimenticata.In un primo momento la tragedia venne bollata come un incidente; la polizia ferroviaria denunciò i macchinisti e vennero indagati il capostazione e tre ferrovieri ma nel ’74 ,alla fine delle indagini, il giudice istrutttore dichiarò di non procedere oltre e il caso fu chiuso.La pista,più probabile, di un attentato dinamitardo rimase come semplice ipotesi.All’epoca questa sentenza suscitò scalpore poiché di fatto ammetteva la possibile esecuzione di un attentato ma non stabiliva l’apertura di un fascicolo a carico di ignoti per capire chi ne fosse responsabile.
L’anno precedente un volantino datato 17 maggio 1973 era stato recapitato alla procura di Salerno da parte del circolo anarchico “Bielli”, in cui si denunciava un tentativo di occultamento,operato dalle stesse forze dell’ordine, delle responsabilità dei gruppi missini e fascisti nella strage.(Tesi avvallata anche da giornali quali l’Unità e il corriere della sera).
Nello stesso si sosteneva anche che l’incidente in cui persero la vita i cosiddetti “anarchici della Baracca” e la sparizione dei loro documenti fossero ricollegabili alla strage, sulla quale i cinque ragazzi avevano indagato.

L’inchiesta si riaprì solo nel’93.Due pentiti della ‘Ndrangheta cominciarono a deporre le proprie testimonianze di fronte al Sostituto Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Vincenzo Macrì nell’ambito della maxi inchiesta Olimpia 1, volta a far emergere la rete di rapporti tra politica e criminalità organizzata in Calabria.
I due pentiti Giacomo Ubaldo Lauro e Carmine Dominici sostennero che quanto era avvenuto a Gioia Tauro non fu un incidente ma un attentato dinamitardo:la bomba,fornita dalla ‘ndrangheta fu messa dai neofascisti nei binari e fu fatta eplodere prima dell’arrivo del treno che,una volta passato, deragliò.Lauro in seguito ripeté la sua deposizione a Milano, al giudice istruttore Guido Salvini che stava indagando sull’attività eversiva di Avanguardia Nazionale.In cambio Lauro avrebbe ricevuto alcuni milioni di lire, provenienti dal “Comitato d’azione per Reggio capoluogo”(legato ad esponenti di etrema destra).
Con la riapertura del processo in seguito alle deposizioni dei pentiti la Corte d’Assise di Palmi nel febbraio 2001 emise una sentenza di condanna per gli esecutori della strage ma Vito Silverini, Vincenzo Caracciolo e Giuseppe Scarcella, imputati riconosciuti colpevoli, erano tutti e tre già deceduti.Lauro venne assolto dalla Corte d’Assise il 27 febbraio 2001, per “mancanza di dolo”, sentenza poi confermata il 17 marzo 2003 dalla Corte di assise di appello di Reggio Calabria.
Il giudice Salvini, nella sua sentenza di condanna verso alcuni esponenti di Avanguardia Nazionale, sostenne la necessità di riaprire l’inchiesta sugli “anarchici della Baracca” periti nell’incidente d’auto, forse provocato ad arte per eliminare testimoni scomodi tra cui Giovanni Aricò che aveva confidato al cugino di essere in possesso di documentazione riguardante l’attentato.

A distanza di anni ancora oggi il prezioso materiale deve venire ancora trovato…e le circostanze della morte dei 5 ragazzi devovo ancora venir chiarite.Alcuni elementi e la dinamica dell’incidente-la polizia politica proveniente da Roma accorsa nel luogo dell’incidente troppo velocemente,(per Cuzzola la polizia e i servizi li seguiva da quando tempo prima erano stati ascoltati dal giudice Vittorio Occorsio per la strage di Piazza Fontana nell’ambito delle prime indagini sui circoli anarchici),la scomparsa dei loro documenti,il fatto che i due camionisti fossero dipendenti da principe Junio Valerio Borghese(che nel 1970 fu tra i promotori di un tentativo di colpo di stato),gli avvertimenti e le minacce-confermano la tesi di un plurimo omicidio e non di un incidente: una strage organizzata per coprirne un’altra.

http://costanzamilner.blogspot.it/2009/07/abbiamo-scoperto-delle-cose-che-faranno.html

I cinque anarchici della Baracca: la memoria a quarant’anni dall’autotreno che li uccise

Creato il 08 settembre 2010 da Antonellabeccaria

 

La storia degli anarchici della Baracca – morti non lontano da Roma il 26 settembre 1970 in uno scontro stradale con un camion su cui viaggiavano i fratelli Aniello, in rapporti di lavoro con Junio Valerio Borghese – era stata raccontata qui, recensendo il libro Cinque anarchici del Sud. Una storia negata, scritto da Fabio Cuzzola e pubblicato nel 2001 da Città del Sole Edizioni. E il prossimo 26 settembre, a quarant’anni da quell’impatto, ci sarà a Frosisone (Cantina Mediterraneo, via A. Fabi), una manifestazione per ricordare:

Il 26 settembre 1970 cinque anarchici calabresi morivano in un incidente stradale sull’autostrada del sole, tra Napoli e Roma, all’altezza di Ferentino. Andavano a Roma per consegnare un dossier di controinformazione alla redazione del settimanale anarchico Umanità Nova. L’incidente destò molti interrogativi già all’epoca data la stranezza della dinamica, la sparizione dei documenti trasportati dai compagni e tantissime altre incongruenze e coincidenze. Nel corso degli anni i dubbi si sono rafforzati: periodicamente qualche pentito e qualche dossier trovato negli archivi dei servizi segreti confermano i sospetti sul fatto che si sia trattato di una strage mascherata da incidente stradale.

Quarant’anni e ancora torniamo a ricordare questa storia che si è sempre tentato di far dimenticare. È nostra intenzione denunciare pubblicamente l’omicidio dei compagni e ricostruire la loro vicenda, indissolubilmente legata agli avvenimenti dei quali furono testimoni e protagonisti: dal 1969 con gli attentati culminati con Piazza Fontana, inizio della stagione delle stragi, alla rivolta di Reggio Calabria. Il 26 settembre 2010 a Frosinone cercheremo di raccontare la storia di Angelo, Annelise, Franco, Gianni e Luigi e di un viaggio mai terminato in cui avevano riposto aspettative e speranze.

Si inizierà alle 17 con la proiezione di un documentario sulla strage di Gioiatauro e nel dibattito a seguire interverranno, tra gli altri, Tonino Perna e Antonella Scordo (familiari dei ragazzi assassinati), Roberto Gargamelli (uno degli anarchici accusati ingiustamente della strage di piazza Fontana) insieme agli autori Franco Schirone (La gioventù anarchica) e Fabio Cuzzola. Per maggiori informazioni: fairoma[at]federazioneanarchica[dot]org.

http://it.paperblog.com/i-cinque-anarchici-della-baracca-la-memoria-a-quarant-anni-dall-autotreno-che-li-uccise-94923/

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