ANDREA DEL SARTO, Robert Browning , Alfred De Musset

Andrea del Sarto (Andrea d’Agnolo di Francesco, 1486, Firenze – 1530, Firenze), “San Giovanni Battista”, 1528, Olio su tavola, 94 x 68 cm, Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze

ANDREA DEL SARTO

Pittor Fiorentino

Egli è pur da dolersi de la fortuna, quando nasce un buono ingegno e che e’ sia di giudizio perfetto nella pittura e si facci conoscere in quella eccellente, con opere degne di lode, vedendolo poi per il contrario abbassarsi ne’ modi della vita, e non potere temperare con mezzo nessuno il male uso de’ suoi costumi. Certamente che coloro che lo amano, si muovono a una compassione, che si affliggono e dolgono vedendolo perseverare in quella, e molto piú quando si conosce che e’ non teme, e’ non li giova le punte de gli sproni che recano chi è elevato d’ingegno a stimare l’onore da la vergogna. Atteso che chi non istima la virtú, con la nobiltà de’ costumi e con lo splendore di una vita onesta et onorata non la riveste, nascendo bassamente aombra d’una macchia l’eccellenzia delle sue fatiche, che si discerne malamente da li altri. Per il che coloro i quali seguitano la virtú, doverriano stimare il grado in che si trovano, odiare le vergogne e farsi onorare il piú che possono del continuo, che cosí come per l’eccellenzia delle opere che si fanno, si resiste a ogni fatica, perché non vi si vegga difetto; il simile arebbe a intervenire ne l’ordine della vita, lasciando non men buona fama di quella, che si facci d’ogni altra virtú. Perché non è dubio che coloro che trascurano sé e le cose loro, danno occasione di troncare le vie alla fama e buona fortuna, precipitandosi per satisfare a | un desiderio d’un suo appettito che presto rincresce, onde ne seguita che si scaccia il prossimo suo da sé, e che col tempo si viene in fastidio al mondo, di maniera che in cambio della lode che si spera, il tutto in danno et in biasimo si converte. Laonde si conosce che coloro che si dolgono, che non sono né in tutto né in parte rimunerati dalla fortuna e da gli uomini, dando la colpa ch’ella è nemica della virtú, se vogliono sanamente riconoscere se medesmi, e si venga a merito per merito, si troverrà che e’ non l’aranno conseguito piú per proprio difetto o mala natura loro, che per colpa di quelli. Perché e’ non è che non si vegga se non sempre almeno qualche volta che siano remunerati, e le occasioni del servirsi di loro. Ma il male è quello de gli uomini, i quali, accecati ne’ desideri stessi, non voglion conoscere il tempo, quando l’occasione si presenta loro, che se eglino la seguitassino e ne facessin capitale, quando ella viene, non incorrerebbono ne’ desordini, che spesso piú per colpa di loro stessi che per altra cagione si veggono, chiamandosi da lor medesimi sfortunati. Come fu nella vita piú che ne l’arte lo eccellentissimo pittore Andrea del Sarto fiorentino, il quale obligatissimo alla natura per uno ingegno raro nella pittura, se avesse atteso a una vita piú civile et onorata e non trascurato sé et i suoi prossimi, per lo appettito d’una sua donna che lo tenne sempre e povero e basso, sarebbe stato del continuo in Francia, dove egli fu chiamato da quel re che adorava l’opere sue e stiamavalo assai, e lo arebbe rimunerato grandemente. Dove per satisfare al desiderio de l’appetito di lei e di lui, tornò e visse sempre bassamente. E non fu delle fatiche sue mai se non poveramente sovenuto, e da lei, ch’altro di ben non vedeva, nella fine vicino alla mor|te fu abandonato…..

-……………………………………………………………………………

Furono i discepoli suoi infiniti, i quali chi poco e chi assai vi dimorarono per colpa non sua, ma della donna di esso, per le frequenti tribulazioni ch’ella nel comandargli dava loro, non riguardando nessuno. Fra i quali furo|no Iacopo da Puntormo, oggi eccellentissimo maestro; Andrea Sguazzella che in Francia ha lavorato un palazzo fuor di Parigi, cosa molto lodata, tenendo sempre la maniera sua; il Solosmeo; Pier Francesco di Iacopo di Sandro, il qual ha fatto in Santo Spirito tre tavole; similmente Francesco Salviati, il quale in Roma alla Misericordia, Compagnia de’ Fiorentini, et a Santa Maria de Anima de’ Tedeschi fece una cappella, e per Italia e per Fiorenza al Duca Cosimo fece una sala bellissima a fresco; et insieme li fu compagno Giorgio Vasari aretino ancor ch’egli vi stessi poco, l’opere del quale per esserne sparse per tutta Italia non accade qui raccontarle, essendo molto note. Simile Iacopo de ‘l Conte fiorentino e Nannoccio, ch’è oggi in Francia col Cardinale di Tornon e lavora felicissimamente. Dolse la perdita di Andrea molto al Tribolo scultore amicissimo suo, il quale oggi ha fatto opere di scultura a Castello per il Duca Cosimo, molto onorate; et ancora similmente a Iacopo pittore, il quale mentre ch’egli lavorò, si valse di lui come appare nelle opere sue; e massime nella facciata del Cavalier Buondelmonti, in su la piazza di Santa Trinita. Restò dopo la sua morte erede de’ disegni e delle cose dell’arte Domenico Conti, il quale come desideroso di dargli quelli onori che meritava dopo la morte, operò con la cortesia di Raffaello da Monte Lupo, ch’egli facesse uno quadro assai ornato di marmo, che nella chiesa de’ Servi fu murato in un pilastro, con questo epitaffio fatto da il litteratissimo Pier Vittori allora giovane: |

ANDREAE SARTIO

ADMIRABILIS INGENII PICTORI AC VETE-

RIBVS ILLIS OMNIVM IVDICIO

COMPARANDO.

DOMINICVS CONTES DISCIPVLVS PRO LA-

BORIBVS IN SE INSTITVENDO SVSCEPTIS

GRATO ANIMO POSVIT.

VIXIT AN<NOS> XLII. OB<IIT> A<NNO> MDXXX.

Advenne che alcuni cittadini operai, piú tosto ignoranti che nimici delle memorie onorate, operarono che quel luogo fussi vacuo, allegando essere statovi messo senza licenzia, cosí fu tolto via, né ancora è stato rimurato. Volendo forse la fortuna mostrarci che non solo gl’influssi de’ fati possono in vita, ma ancora nelle memorie dopo la morte, ancora che a dispetto suo siano per vivere e l’opere sue e questi miei scritti qualche tempo per tenerne memoria. Basta che s’egli fu d’animo basso nelle azzioni della vita, cercando contentarsi, piacendoli il comerzio delle donne, egli per questo non è che nell’arte non fussi e d’ingegno elevato e speditissimo e pratico in ogni lavoro; avendo con le opere sue, oltra l’ornamento ch’elle fanno a’ luoghi dove elle sono, fatto grandissimo giovamento a’ suoi artefici nella maniera, nel disegno e nel colorito, con manco errori ch’altro pittore fiorentino, per avere inteso benissimo l’ombre et i lumi e lo sfuggire le cose nelli scuri, dipinte con una dolcezza molto viva, oltra lo aver mostro il modo de ‘l lavorare in fresco, con quella unione e senza ritoccar troppo a secco che fa parere fatto l’opera sua tutta in un medesmo giorno. Onde può a gli artefici toscani star per esemplo in ogni luogo, avendo con tal fatiche unitamente lavorato, concedendoli fra i piú celebrati ingegni, lode grandissima et onorata palma. |

http://bepi1949.altervista.org/vasari/vasari121.htm

Robert Browning sposò Elizabeth Barrett nella Chiesa di St Marylebone nel 1846 dopo un corteggiamento che durò due anni e diede luogo alla nascita di uno dei maggiormente celebrati epistolari nella storia letteraria. Dopo la loro fuga d’amore ed il matrimonio segreto, la coppia lasciò l’Inghilterra. I dottori avevano raccomandato ad Elizabeth di vivere in Italia poiché il clima mite avrebbe giovato alla sua malattia ai polmoni. Ciò coincise felicemente con il fatto che il costo della vita era di gran lunga inferiore in Italia che in Inghilterra e la coppia fu totalmente dipendente dal piccolo salario di Elizabeth, poiché Browning non guadagnava ancora molto dai suoi scritti. Essi si trasferirono a Pisa e successivamente a Firenze dove nacque il loro figlio Robert Wiedemann Barrett Browning (1849-1912), noto nella famiglia come “Pen”. Vissero in un condominio conosciuto come Casa Guidi a Firenze, sebbene spesso viaggiassero in Inghilterra e Francia.

Durante questo periodo Elizabeth pubblicò alcuni importanti lavori: il più notevole “Casa Guidi Windows” (Le finestre di casa Guidi), un lungo poema ed Aurora Leigh, un romanzo in versi. Robert pubblicò un volume di poesia teologica – “Christmas-Eve and Easter-Day” (Vigilia di Natale e giorno di Pasqua) – e scrisse i due volumi che influenzarono la sua reputazione nel ventesimo secolo: Uomini e Donne (1855) e Dramatis Personae (1864). In queste collezioni, Browning incluse molti dei più fini esempli del monologo drammatico, una forma di poesia di cui Tennyson era stato il principale pioniere e che avrebbe avuto un’importante influenza nei poeti successivi come Thomas Stearns Eliot e Ezra Pound. Tra i canonici esempi di questa forma ci sono alcuni dei monologhi browniani di questo periodo: “Andrea del Sarto“, “Fra Lippo Lippi”, “Bishop Blougram’s Apology” (Scusa del vescovo Blougram), “A Death in the Desert” (Morte nel deserto), “Caliban upon Setebos” (Un calibano riguardo Setebos) e “Mr.Sludge, “The Medium”.

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Ritratto di scultore (1518 circa), Londra, National Gallery

Portrait of the Artist’s Wife 1513-14
Oil on panel, 73 x 56 cm Museo del Prado, Madrid

Madonna and Child with the Young St Johnc. 1518
Oil on wood, 154 x 101 cm Galleria Borghese, Rome




Questa voce è stata pubblicata in cultura e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.