Gaza:corpo “traditore” ucciso trascinato – Lezione di epica

Gaza:corpo “traditore” ucciso trascinato

(ANSA) – GAZA, 20 NOV – Ucciso con un colpo alla testa, denudato e trascinato per i piedi per le strade di Gaza dietro a una moto: così è finito un palestinese fucilato da Hamas come “traditore”, presunto informatore di Israele, insieme ad altri sei, come ritratto in una serie di drammatiche foto. Il cadavere dell’uomo, con i pantaloni calati alle caviglie e senza scarpe – un evidente segno di umiliazione – ha solo una maglia sollevata dal trascinamento sull’asfalto e un pezzo di camicia e dei boxer.

Lezione di Epica

4 maggio – 2011

La pietà per i vinti è un fenomeno poco presente nei poemi epici che narrano di episodi di battaglia e di guerra, in cui tale dimensione non entra.

Un’eccezione tra queste opere è rappresentata dall’Eneide Virgiliana, dove si può notare che l’eroe troiano prova compassione per gli uomini da lui uccisi.

Ne è un esempio il libro X, dove Lauso e Pallante, i protagonisti, caratterizzati entrambi dalla giovanissima età, dalla generosità eroica e dalla nobiltà d’animo, sono destinati ad una morte prematura che colpisce Enea con la stessa intensità, nonostante Lauso sia un nemico.

Questo avvenimento permette a Virgilio di descrivere una delle principali caratteristiche di questo nuovo genere di eroe: la sua profonda umanità, che lo spinge ad avere compassione per i vinti, e perciò ad esitare davanti ad un gesto crudele.

Un’altra vicenda esemplare è la morte di Eurialo e Niso i quali, amici tra di loro e devoti al comandante Enea, saranno sopraffatti dai Rutuli durante una spedizione notturna.

La sicurezza di Enea, quindi, si incrina davanti alla morte, alla violenza e alla tragedia della sofferenza delle vittime di un fato crudele.

Così è il caso del libro XII, dove si narra della morte di Turno, che offre il petto ad Enea ed allo stesso tempo chiede di risparmiarlo; Enea vorrebbe risparmiarlo ma alla vista del balteo che apparteneva a Pallante sente il desiderio di una giusta vendetta. Il gesto violento di Enea non è dovuto quindi al suo carattere crudele, ma al desiderio di punire colui che ha ucciso e poi depredato l’amico Pallante.

Enea quindi, è molto diverso da altri eroi mitologici come per esempio da Achille (eroe omerico) il quale nell’Iliade, una volta ucciso il nemico Ettore, fa scempio del suo cadavere senza provare né pietà né rispetto.

“La pietà per i vinti” è quindi tesoro di pochi valorosi uomini: Enea è uno di questi, ha le caratteristiche di un tipo d’eroe devoto agli dei che conosce l’amarezza della rinuncia e il dovere della missione.

http://www.comune.bologna.it/iperbole/llgalv/iperte/mito/eneide/vinti.htm

Febo agli Eterni così prese a dire:
Numi crudeli, che vi fece Ettorre?45
Forse che su gli altari a voi non arse
e di mugghianti e di lanosi armenti
vittime elette ei sempre? Ed or che fiera
morte lo spense, che furor s’è questo
di non renderne il corpo alla consorte,50
alla madre, al figliuolo, al genitore,
al popol tutto, acciò che tosto ei s’abbia
l’onor del rogo e della tomba? E tante
onte a qual fine? Per servir d’Achille
alle furie; d’Achille, a cui nel seno55
né amor del giusto né pietà s’alberga,
ma cuor selvaggio di lïon che spinto
dall’ardir, dalla forza e dalla fame
il gregge assalta a procacciarsi il cibo.
Tale il Pelìde gittò via dal petto60
ogni senso pietoso, e quel pudore
che l’uom castiga co’ rimorsi e il giova.
Perde taluno ancor più cari oggetti,
il fratello od il figlio. E nondimeno,
finito il pianto, al suo dolor dà tregua;65
ché nell’uom pose il Fato alma soffrente.
Ma non sazio costui della già spenta
vita d’Ettorre, al carro il lega, e morto
pur dintorno alla tomba lo strascina
dell’amico. Non è questo per lui70
né utile né bello: e badi il crudo
che, quantunque sì prode, egli le nostre
ire non desti infurïando e tanta
onta facendo a un’insensibil terra.

 

Tolta non era ancor la mensa, e ancora
sedeavi Achille. Il venerando veglio
entrò non visto da veruno, e tosto600
fattosi innanzi, tra le man si prese
le ginocchia d’Achille, e singhiozzando
la tremenda baciò destra omicida
che di tanti suoi figli orbo lo fece.
Come avvien talor se un infelice605
reo del sangue d’alcun del patrio suolo
fugge in altro paese, e ad un possente
s’appresentando, i riguardanti ingombra
d’improvviso stupor; tale il Pelìde
del dëiforme Prìamo alla vista610
stupì. Stupiro e si guardaro in viso
gli altri con muta maraviglia, e allora
il supplice così sciolse la voce:
Divino Achille, ti rammenta il padre,
il padre tuo da ria vecchiezza oppresso615
qual io mi sono. Io questo punto ei forse
da’ potenti vicini assediato
non ha chi lo soccorra, e all’imminente
periglio il tolga. Nondimeno, udendo
che tu sei vivo, si conforta, e spera620
ad ogn’istante riveder tornato
da Troia il figlio suo diletto. Ed io,
miserrimo! io che a tanti e valorosi
figli fui padre, ahi! più nol sono, e parmi
già di tutti esser privo. Di cinquanta625
lieto io vivea de’ Greci alla venuta.
Dieci e nove di questi eran d’un solo
alvo prodotti; mi venìano gli altri
da diverse consorti, e i più ne spense
l’orrido Marte. Mi restava Ettorre,630
l’unico Ettorre, che de’ suoi fratelli
e di Troia e di tutti era il sostegno;
e questo pure per le patrie mura
combattendo cadéo dianzi al tuo piede.
Per lui supplice io vegno, ed infiniti635
doni ti reco a riscattarlo, Achille!
Abbi ai numi rispetto, abbi pietade
di me: ricorda il padre tuo: deh! pensa
ch’io mi sono più misero, io che soffro
disventura che mai altro mortale640
non soffrì, supplicante alla mia bocca
la man premendo che i miei figli uccise.
A queste voci intenerito Achille,
membrando il genitor, proruppe in pianto,
e preso il vecchio per la man, scostollo645
dolcemente. Piangea questi il perduto
Ettorre ai piè dell’uccisore, e quegli
or il padre, or l’amico, e risonava
di gemiti la stanza. Alfin satollo
di lagrime il Pelìde, e ritornati650
tranquilli i sensi, si rizzò dal seggio,
e colla destra sollevò il cadente
veglio, il bianco suo crin commiserando
ed il mento canuto. Indi rispose:
Infelice! per vero alte sventure655
il tuo cor tollerò. Come potesti
venir solo alle navi ed al cospetto
dell’uccisore de’ tuoi forti figli?
Hai tu di ferro il core? Or via, ti siedi,
e diam tregua a un dolor che più non giova

OmeroIliade

Libro XXIV

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