Cos’è il carcere?

Cos’è il carcere?

Posted on settembre 3, 2012

Il carcere si può definire lo specchio della società che lo contiene e i carcerati la sua immagine.
Il carcere è anche la negazione più assoluta delle esigenze e delle necessità fisiologiche e caratteriali dell’individuo che col tempo finiscono anche per comprometterne il suo equilibrio psichico.  [carcere di Volterra, 9 marzo 1971]

La risocializzazione non è un fatto esterno, imposto, insegnato meccanicamente. Deve essere conquistato dall’individuo, come soggetto e non oggetto, e come appartenente ad una collettività. Questo significa che solamente acquistando coscienza sociale, di classe, il detenuto può rompere con la delinquenza, ma ciò porta a una sola via d’uscita: quella di diventare un rivoluzionario. [carcere di San Vittore, 10 maggio 1971]

Che cosa sono le carceri? La maggioranza delle persone hanno solo una idea vaga in proposito e, comunque, molto lontana dalla realtà.
Alcuni credono che il carcere sia un luogo di espiazione e di redenzione, una specie di purgatorio per uomini vivi ove i detenuti ritrovano la loro anima che, purificata dal peccato, può così tornare beata al suo Dio-sociale.
Altri, invece, concepiscono il carcere come un inferno – senza ritorno – nel quale i “delinquenti” devono necessariamente stare rinchiusi perché hanno perduto il diritto a vivere tra le persone perbene.
Le due concezioni sono frutto di ignoranza e pregiudizio, un pregiudizio di comodo, spesso inconscio o razionalizzato, che tende a creare i “diversi” e gli “esclusi” per gratificare se stessi e per giustificare una situazione aberrante la cui soluzione richiederebbe impegno, coraggio, denaro e il riconoscimento di una problematica socioeconomica che metterebbe in discussione l’intero sistema.
Il carcere non è un problema a sé; avulso dal contesto sociale, ma ne è invece una cellula viva, forse la parte di esso in cui certe disfunzioni si estremizzano più che altrove, perché in essa possono essere più facilmente coperte e giustificate attraverso l’isolamento, i moralismi e la falsa coscienza del bene che deve combattere e distruggere il male.


…Basta analizzare le condizioni di vita degli operai – che pure sono uomini liberi e in possesso di tutti i diritti sociali – in una qualunque fabbrica, per rendersi conto di quali e quante violenze e anacronismi sono costretti a subire i detenuti, che per legge vengono privati della maggior parte dei diritti legati alla persona, finanche della libertà di pensiero. Ovunque un uomo è stato costretto a chinare la testa di fronte a un altro uomo non può esserci giustizia né tanto meno umanità. Nella fabbrica l’obbligo è imposto attraverso molteplici forme di ricatto, ma pure esiste il margine – anche se esiguo purtroppo – alla libertà personale che permette di perseguire certi diritti. Nel carcere l’obbligo è imposto con la violenza psicologica e con la coercizione, che spesso raggiunge forme di repressione fisica che sfociano nel sadismo e nella depersonalizzazione più disumanizzante per il detenuto.  …Durante il periodo dell’inquisizione le persone venivano bruciate vive per liberare la loro anima dal male e farla ritornare purificata dal Padre: la vita fisica e psichica delle persone non aveva nessun valore. Il carcere è strutturato essenzialmente su questi principi: gli individui vanno redenti e nessuno si preoccupa del fatto che questa cosiddetta redenzione finisce di fatto con l’essere una mostruosa forma di sadismo e di distruzione perpetrata ai danni degli individui.    [carcere di Trento, 19 dicembre 1970]

http://contromaelstrom.com/2012/09/03/cose-il-carcere-2/

NON A CASO E NON PER CASO IL FUORI LO CHIAMIAMO

CARCERE SOCIALE

vittoria

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