Seneca e il teatro elisabettiano

Ben Jonson

Durante il regno di Elisabetta I Tudor (1558-1603) in Inghilterra si sviluppa una ricca produzione teatrale che presenta delle caratteristiche nuove rispetto alla tradizione precedente e che si lega strettamente alla rapida costruzione di nuovi teatri, vere e proprie imprese commerciali spesso in accanita lotta fra loro, patrocinate da alcuni grandi nobili: all’inizio del 1600 a Londra, che contava circa 200.000 abitanti, le sale erano otto. Si trattava di edifici non coperti, di forma circolare, dove gli spettacoli si tenevano di giorno; gli attori, tutti uomini anche per le parti femminili, recitavano su una pedana sopraelevata che si trovava al centro della sala; le scenografie erano ridotte al minimo: tutte caratteristiche che hanno indubbiamente influenzato anche la struttura dei testi che venivano messi in scena. Nonostante la grande quantità e la varietà delle opere del teatro elisabettiano, è possibile individuare alcuni momenti chiave della sua evoluzione.

  • Intorno alla metà del secolo XVI si diffondono in Inghilterra, anche grazie all’opera di compagnie di attori italiani, le tragedie dello scrittore latino Seneca, caratterizzate da toni cupi e dal gusto per l’orrido; le traduzioni e i rifacimenti di tali testi vertono su alcuni temi ricorrenti, come la figura del tiranno crudele, la violenza, la sopraffazione. Tra i testi più direttamente influenzati dalla moda senechiana, ricordiamo la Tragedia spagnola di Thomas Kyd (1558-1594), il Tamerlano e il Faust di Cristopher Marlowe (1564-1593).
  • Accanto alla tragedia, conosce grande fortuna il genere della commedia, anch’essa influenzata dalla diffusione dei modelli latini, Plauto e Terenzio. Il divertimento, l’attitudine realistica e un certo gusto per il paradosso sono caratteristiche di alcune opere di Ben Jonson (1572-1637), soprattutto della commedia Volpone, che reinventa in modo originale la classica figura dell’avaro.


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