Cercare il petrolio in Puglia, anche se la Puglia non vuole

Cercare il petrolio in Puglia, anche se la Puglia non vuole

16/05/2012 – 01:45

A braccio di ferro, si sa, vince il più forte. E la Northern Petroleum ha saputo essere più forte di una regione intera, delle sue province e dei suoi comuni, delle sue Associazioni Ambientaliste, dei suoi rappresentanti istituzionali e politici, dei cittadini che non si sono tirati indietro quando è stato il momento di scendere in piazza per difendere il loro mare ma anche il loro futuro, la loro economia.
Perché la regione che esce sconfitta da questo braccio di ferro è la Puglia. La società britannica ha, infatti, ottenuto il permesso di eseguire ispezioni geosismiche al largo delle sue coste per consentire, in futuro, l’installazione di piattaforme nel mare Adriatico in una zona compresa tra il Salento e la provincia di Bari.
Nell’ampia documentazione pubblicata dal Portale Ambientale della Regione Puglia, si legge che la Northern Petroleum ha chiesto e ottenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico il nulla osta all’ampliamento delle prospezioni geofisiche 3D lungo le nostre coste dell’Adriatico per altri 600 kmq, per un totale di 1.200 km quadrati, al largo delle coste brindisine. E che la società petrolifera inglese ha anche presentato istanza di avvio della procedura di Valutazione Impatto Ambientale (VIA) relativamente al progetto Prospezione Geofisica 3D Adriatico Meridionale.
Probabilmente la tecnologia scelta per questo genere di operazioni, quella dell’air gun (esplosioni di aria compressa in mare in grado di fornire stime abbastanza precise sulla presenza e la qualità di eventuali giacimenti petroliferi marini) è stata ritenuta non troppo “impattante” e il “nulla osta” alle operazioni è stato rilasciato dal Ministero dello Sviluppo Economico. E’ a questo, infatti, che è spettato – dopo aver sentito il parere obbligatorio ma non vincolante della Regione Puglia – autorizzare le operazioni per l’attuazione del progetto di ricerca di petrolio della Northern Petroleum.
Via libera alle esplosioni sottomarine, che certo saranno avvertite quanto meno dai cetacei, in particolare dai delfini presenti in gran numero lungo le coste pugliesi, per consentire eventuali successive trivellazioni di pozzi petroliferi che sicuramente non lascerebbero indifferenti l’ecosistema marino e la sua biodiversità, l’ambiente, la pesca e il turismo dei comuni costieri, con le sue migliaia di operatori.
L’assessore dell’ambiente pugliese Lorenzo Nicastro il 21 gennaio scorso dichiarava, presentando la grande manifestazione pubblica contro l’attività di ricerca di idrocarburi nei mari pugliesi svoltasi a Monopoli: “L’attività dei governi nazionali che si sono succeduti negli anni, a prescindere dalla connotazione politica, ha tracciato una via chiara nel solco dell’uso delle fonti fossili e del subordine cui le risorse ambientali, i patrimoni naturali, vengono poste rispetto all’esigenza di sfruttamento ed è evidente come le politiche nazionali vadano in direzione ostinata e contraria rispetto alle istanze della Puglia e delle popolazioni mediterranee che ritengono il proprio mare non solo una risorsa economica, per turismo o attività marinare, ma anche e soprattutto un veicolo di scambio e crescita culturale”.

“Che si debba coniugare la tutela ambientale alle esigenze generali di sviluppo economico e di crescita” ha dichiarato Nicastro in un altro comunicato ufficiale “non significa che si possa sacrificare sull’altare del progresso quello che, lo ripeterò sino alla nausea, è l’ultimo vero bene a beneficio diffuso che ci rimane. Non si tratta di integralismi, ma è evidente che il modello di sviluppo cui noi, come Regione, guardiamo differisce per impostazione e, probabilmente, anche per obiettivi rispetto a quello del Ministro e del governo tutto”.
Se davvero si arrivasse a perforare e prelevare idrocarburi la sconfitta non sarebbe solo pugliese ma dell’intero Paese. La speranza è che la volontà della società civile, e in particolare di 4 milioni di pugliesi, possa infine avere la meglio sul colosso avversario.

Fonti:
Portale Ambientale Regione Puglia – http://ecologia.regione.puglia.it/
Repubblica ed. Bari – http://bari.repubblica.it

http://www.energoclub.org/news/cercare-il-petrolio-in-puglia-anche-se-la-puglia-non-vuole

 

Monti vuole far trivellare l’Italia alle compagnie petrolifere

Stando ad alcune indiscrezioni, smentite dal Ministero dell’Ambiente ma confermate dal Ministero dello Sviluppo Economico, pare che nella bozza del famigerato decreto per le liberalizzazioni ci siano tre articoli volti a favorire le trivellazioni del nostro territorio per trovare idrocarburi. Tra le varie facilitazioni, ci sarebbe quella di ridurre da 12 a 5 miglia marine le zone di mare protette dalle stazione estrattive, e il notevole snellimento delle procedure burocratiche per ottenere i permessi

http://www.byoblu.com/post/2012/01/20/Monti-vuole-far-trivellare-lItalia-alle-compagnie-petrolifere.aspx?page=all

 

LA MARCIA DI GAZPROM AL CENTRO DELL’EUROPA

Il monopolista del gas russo dichiara la realizzazione della seconda diramazione terrestre del Nordstream verso Germania Occidentale, Benelux e Francia. Allo stesso tempo, conferma la costruzione del Southstream per collegare Italia e Balcani direttamente alla Russia. I tentativi dell’Unione Europea nel contrastare l’egemonia energetica della Russia sul Vecchio Continente e il consolidamento dell’alleanza tra Grecia, Cipro e Israele

 

Allegoria dell’avanzata di Gazprom in Europa, con Putin alla guida

Due lunghe tenaglie per soffocare energicamente l’Europa stanno per essere realizzate nel breve tempo, senza che Bruxelles abbia le armi adeguate per potersi difendere. Nella giornata di giovedì, 15 Marzo, il Direttore Generale del consorzio russo-tedesco Wingas, Hans-Georg Engelkamp, ha dichiarato l’avvio dei lavori per il prolungamento del Nordstream nel continente europeo.

Costruito dalla Russia per bypassare energicamente Paesi dell’Unione Europea politicamente invisi al Cremlino – come Polonia e Stati Baltici – il Nordstream è un gasdotto che transita lungo il fondale del Mar Baltico, e rifornisce direttamente di gas russo la Germania, dove divide in due diramazioni: la OPAL, verso Repubblica Ceca, Slovacchia e Austria, e la NEL, ancora da realizzare, diretta in Renania, Olanda, Belgio,e Francia.

Sia nella OPAL che nella NEL, il monopolista russo Gazprom, per mezzo di compagnie da esso controllate, mantiene più del 50% del possesso di questi due gasdotti, ma l’Unione Europea è riuscita a rallentare i progetti della Russia grazie al Terzo Pacchetto Energetico UE: una legge che vieta a società extra-europee la gestione in regime di monopolio delle condutture sul suolo dell’Unione.

Per quanto riguarda la NEL, la Wingas – controllata da Gazprom – è costretta a rinunciare al 51% del controllo del gasdotto, e a cedere almeno il 35% delle azioni o a un nuovo ente, oppure alle compagnie già presenti nell’infrastruttura: la compagnia tedesca E.On, l’olandese Gasunie, e la belga Fluxys.

Come evidenziato dal Kommersant’‘, la Russia tiene molto alla realizzazione di questi due gasdotti terrestri per mantenere un rapporto diretto con i Paesi dell’Europa Occidentale e realizzare nel Vecchio Continente due condutture direttamente controllate da Mosca non solo sul piano delle forniture, ma anche su quello amministrativo.

Sempre giovedì, 15 Marzo, la Russia ha comunicato l’avvio del Southstream: gasdotto che, similmente al Nordstream, è stato progettato sul fondale del Mar Nero per isolare Paesi politicamente osteggiati dal Cremlino – come Romania, Moldova e Ucraina – e rifornire di oro blu russo direttamente i Balcani e l’Italia.

Giovedì, 15 Marzo, a Mosca, il Capo di Gazprom, Aleksej Miller, a colloquio con il Ministro dell’Energia ucraino, Jurij Bojko, ha illustrato come il Gasdotto Ortodosso – come è rinominato il Southstream – sia sul punto di essere avviato con la collaborazione delle compagnie energetiche di Italia, Serbia, Macedonia, Montenegro, Slovenia, Francia, Germania, e Grecia.

La Grecia, tuttavia, è protagonista di un gioco su due fronti. Da un lato, è tra i principali partner della politica energetica russa, e dall’altro è principale garante di una soluzione con cui la Commissione Europea – nonostante l’opposizione dell’asse franco-tedesco e di altri Paesi apertamente filo russi –  sta cercando di diminuire la dipendenza di Bruxelles dal gas russo.

Come dichiarato dal Capo Esecutivo della compagnia greca DEPA, Harry Sachinis, Atene sarebbe pronta a collaborare con Israele e Cipro per trasportare l’oro blu dai giacimenti israeliani Leviathan e Tamar fino alla Grecia. Da qui, servire poi la Bulgaria attraverso l’Interconnetore Grecia-Bulgaria – IGB – e l’Italia tramite l’Interconnetore Turchia-Grecia-Italia – il quale, attraverso i Mari Egeo e Ionio, arriva fino ad Otranto.

Sempre secondo il parere di diversi esperti, la realizzazione del piano greco-cirpiota-israeliano è poco probabile per tre motivi. In primo luogo, ad oggi manca la tecnologia necessaria per realizzare un gasdotto dal Mediterraneo orientale alla penisola greca, e l’ubicazione geografica dei due giacimenti israeliani è troppo vicina ad aree politicamente instabili, come Siria e Libano.

Infine, incombe l’incognita sull’esito della privatizzazione della DEPA: necessaria al  governo greco al fine di risanare il bilancio statale. Secondo varie indiscrezioni, tra gli interessati alla scalata al colosso energetico di Atene ci sarebbe proprio Gazprom che, così, eliminerebbe sul nascere un potenziale concorrente ai propri piani egemonici sull’Europa.

Per l’Unione Europea, dunque, non resta che puntare sull’importazione diretta di gas dall’Asia Centrale, per il cui acquisto la Commissione Barroso ha già firmato accordi con Azerbajdzhan e Turkmenistan. Tuttavia, problemi permangono sulla modalità del suo trasporto diretto nel Vecchio Continente, per il quale si stanno fronteggiando due progetti concorrenti.

Il primo è il Gasdotto Europeo Sud-Orientale – SEEP – che punta a unificare il Gasdotto Transanatolico – TANAP, che collega l’Azerbajdzhan alla Turchia – con il Gasdotto Transadriatco – TAP, che va dalla Grecia alla città italiana di Brindisi transitando per l’Albania. CE NE SONO DI COSE A BRINDISI!

Ad esso, concorrente è il Nabucco Occidentale: revisione del “Grande Nabucco” – il quale, originariamente, avrebbe dovuto partire direttamente dal territorio turco – che collega il Gasdotto Transanatolico al terminale di Baumgarten, in Austria, per mezzo del territorio di Bulgaria, Romania, e Ungheria. Su di esso, sempre giovedì, 15 Marzo, ha espresso sostengo l’Azerbajdzhan.

http://portale.democraticinelmondo.eu/energia/gazprommarchesintoeurope

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