un campo di calcio e una vita

I primi calci alla Polisportiva Monterosso dove giocava da terzino prima di diventare un promettente centrocampista, la squadra del quartiere di Bergamo dove è nato il 5 luglio del 1986. Poi il passaggio all’Atalanta e subito l’inizio di un’incredibile serie di lutti familiari che hanno costellato tutta la breve vita di Piermario Morosini che ha perso prima la madre, poi il padre, e infine il fratello nel giro di pochi anni. “Pensavo che la vita l’avesse già provato fin troppo e invece è arrivata anche quest’ultima tragedia”, ricorda Mino Favini, responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, che lo ha seguito in tutte le squadre della società bergamasca, fino a quando venne preso assieme a Marco Motta e ad altri due compagni dall’Udinese quando non aveva ancora compiuto 19 anni. Con l’Atalanta ha vinto uno scudetto con gli Allievi e ha perso una finale con la Primavera, quando venne premiato dal Guerin Sportivo come migliore giocatore della partita. Poi qualche apparizione in panchina ma mai l’esordio con la prima squadra. Ma al di là dei risultati sportivi, Favini lo ricorda sempre disponibile con i compagni, sempre capitano in tutte le formazioni delle giovanili, sempre con “una dolcezza incredibile sul volto velatamente triste” segnato dalla perdita dei suoi cari. Ultimo di tre fratelli, prima perde la mamma Camilla quando aveva 15 anni, poi il padre Aldo a 17. “Sono cose che ti segnano e ti cambiano la vita – disse Morosini in un’intervista al Guerin Sportivo nel 2005 – ma che allo stesso tempo ti mettono in corpo tanta rabbia e ti aiutano a dare sempre tutto per realizzare quello che era un sogno anche dei miei genitori. Vorrei diventare un buon calciatore soprattutto per loro, perché so quanto li farebbe felici. Per questo so di avere degli stimoli in piu”. Lo aiutava la zia Miranda ma le tragedie non erano finite perché arrivò anche il suicidio del fratello disabile quando Piermario era già passato a Udine, dove fece il suo esordio in serie A. Gli era rimasta la sorella maggiore, anche lei con handicap: “Mario è stato sfortunatissimo – spiega Favini – e nonostante questo teneva e aveva una disponibilità totale nei confronti dei compagni”.

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