MISURA PER MISURA

 

Commedia oscura”, tragicommedia, “problem play”: i vari tentativi di definire il genere di questa particolarissima opera shakespeariana sono tutti nel segno dell’ibrido e dell’ambiguo. Sommamente ambiguo è il suo protagonista, quel “Duca stravagante dagli angoli oscuri” che lascia temporaneamente il potere al virtuoso Angelo per poi osservare e controllare dall’esterno lo spettacolo crudele, da lui stesso allestito, di un esercizio del potere torbido e corrotto e di una cupa e repressa sensualità.

 

E tragicamente ambiguo è Angelo, inflessibile nell’applicazione della legge ma ben presto artefice di un turpe ricatto sessuale; e Isabella, e Claudio, paralizzati dal terrore ma incapaci di distinguere tra la giustizia e la pietà, tra il peccato e la virtù. E sullo sfondo la zona oscura e corporale della città, una Vienna abitata da mezzani e prostitute, da bisogni elementari e istintualità incontrollate che rivendicano il proprio spazio e le proprie ragioni.

A coronare questa tortuosa esplorazione della natura umana e dei suoi grovigli insolubili, un “lieto fine” sconcertante in cui il Duca, giudice supremo ma soprattutto attore consumato e grande regista, rimette in ordine i suoi burattini e riprende in mano il suo regno, ristabilendo i ruoli e le leggi del contratto sociale, in una scena falsamente rassicurante, che lascia aperta ogni domanda sull’amore e sul sesso, sulla giustizia e il potere, la morale e il peccato.

Rappresentato alla corte di Giacomo i nel 1604, Misura per misura era – e rimane – un grande gioco del teatro che fa da specchio a un mondo senza certezze, in cerca di un senso nuovo per parole come giustizia, potere, autorità, morale e dignità umana.

“Un classico è un’opera che ha sempre qualcosa da dire”: così scriveva Italo Calvino a proposto dei grandi capolavori della letteratura. Un classico teatrale è uno spettacolo che ha sempre qualcosa da dire, potremmo parafrasare oggi a proposito di “Misura per Misura” di William Shakespeare che, dal 1604, parla agli spettatori di grandi temi di giustizia e di libertà, di passione e di morte, di bene pubblico e di interesse individuale.

Articolata in cinque atti per sedici scene, la vicenda si snoda lungo un arco temporale di alcuni giorni nella città di Vienna il cui Duca decide di partire per un viaggio nelle province lontane lasciando il potere nelle mani del suo braccio destro, Angelo.

Eccoli nella prima scena….
I – “Son sempre i nostri dubbi a tradirci e a farci perdere quello che avremmo potuto guadagnare se non ci fosse mancato il coraggio di tentare”.
Il Duca di Vienna, in realtà, finge di doversi allontanare dalla città per poter girare travestito tra i suoi sudditi, per conoscere cosa realmente pensano di lui.

Angelo, il suo fidato collaboratore, l’uomo per il quale il Duca nutre profonda stima, prende i mano pro tempore le redini dello Stato e scopre una vecchia legge, mai applicata, che prevede la condanna a morte per chi si macchia del reato di avere rapporti con una donna nubile.

E la applica, imprigionando Claudio che ha ingravidato la sua fidanzata rendendo manifesta la sua colpa.

Lucio, amico di Claudio, uno dei tanti personaggi “plebei” che si contrappongo ai “nobili” nel corso di tutta l’opera, porta la notizia ad Isabella, sorella del condannato e novizia in convento.
II – “Solo di quanto vien prodotto in atti, s’investe la giustizia: e che importa alla legge se i ladri sian giudicati da altri ladri?”
Angelo non è un personaggio negativo o crudele: è un uomo che ha soppresso completamente la sua parte irrazionale, istintiva, e che utilizza solo la propria ragione, facendola diventare Ragione di Stato. Ma questa è un’opera dai mille contrasti, dove i personaggi cambiano, si travestono, mostrano lati diversi della propria personalità di scena in scena;

ed ecco che il casto e probo Angelo, al cospetto di Isabella che implora la grazia per il proprio fratello, scopre pulsioni che credeva sopite e, irresistibilmente attratto dalla novizia, le propone la salvezza del fratello in cambio di una notte d’amore.

Altri personaggi si alternano sulla scena: ubriaconi, prostitute, gente di strada, poco di buono al cospetto di giudici e gendarmi in un continuo alternarsi di momenti di divertente commedia ad altri dove si consuma il dramma in un gioco di contrasti che sorregge tutto lo svolgimento dell’opera.

 

III – “Che c’è dunque alla fine in questa cosa che noi chiamiamo vita? Le mille morti che nasconde in sé: e tuttavia noi temiamo quell’una che risolve tutte queste fratture.”
Ecco il Duca di Vienna, travestito da frate, assistere in carcere al drammatico dialogo tra Claudio e Isabella.

I personaggi dell’opera si muovono al di fuori degli schemi convenzionali imposti dalla regole comunemente riconosciute e dalla società.

Così Claudio non capisce l’atteggiamento di sdegnoso rifiuto che la sorella ha opposto ad Angelo, pensando che la posta in palio, in questo caso la sua propria vita, valga la verginità di Isabella.

A questo punto il Duca, che tira le fila di tutti i personaggi, li guida, li indirizza, li “governa” proprio nel momento in cui ha ceduto ad altri il suo ruolo pubblico, suggerisce a Isabella un espediente per ingannare Angelo, salvare la propria virtù e la vita del fratello.
IV – “Quando la clemenza nasce dal vizio essa si stende così in lungo e in largo, che a forza di indulgere alla colpa, arriva a proteggere il reo.”

Una donna, sedotta e abbandonata da Angelo, si presta a fingersi Isabella, a giacere col vicario per salvare la vita a Claudio ed essere al contempo risarcita del danno subito.

Il Duca tenta di riportare i personaggi nell’ambito dei canoni convenzionali ma l’espediente non riesce perché, inaspettatamente, il leale Angelo conferma, nonostante quanto promesso, la condanna a morte.
V – “Non si affida un processo all’imputato.”

Alle porte di Vienna il Duca si sfila il saio di finto frate per ritornare nei suoi panni ed impossessarsi dei poteri temporaneamente ceduti ad Angelo.

Claudio è stato salvato portando ad Angelo la testa di un prigioniero deceduto, nell’attesa che la vicenda trovi la sua conclusione con la punizione dei veri colpevoli e la salvezza degli innocenti.

Angelo viene smascherato dalle sue vittime dopo che è stato privato della toga con la quale aveva tentato di amministrare ancora una volta la sua idea di giustizia.

Ma il Duca ha in serbo un’ultima sorpresa, garantendo un futuro da uomini liberi a tutti i protagonisti, salvo Lucio che per tutta l’opera lo aveva schernito parlandone male con il falso frate.

Vecchie prostitute e giovani novizie, ladri e tutori dell’ordine, fede e potere, libertini e uomini probi, ognuno ritorna al proprio posto, assume il proprio ruolo, viene giudicato secondo misura.

“Misura per misura” è un’opera poco frequentata dal teatro italiano, che pure ha sempre molto attinto, forse anche troppo, alla produzione shakespeariana; si ricorda la prima edizione italiana, risalente alla stagione 1957/58 del Teatro di Genova, con Enrico Maria Salerno, Tino Buazzelli e Franca Valeri diretti da Luigi Squarzina.

Nell’allestimento in scena in questi in giorni al Teatro Duse di Genova della compagnia Progetto U.R.T. di Jurij Ferrini, che ne cura anche regia e scenografia, vengono messi in evidenza tutti gli aspetti dell’opera prima citati, anche con l’utilizzo di forme espressive prese a prestito anche da altri generi (come ad esempio il cinema, con i “titoli di testa” proiettati sul fondale di scena ed alcune gag prese a prestito dalle comiche mute).

Ferrini sa che interpretare oggi un grande classico del teatro non vuol dire stracciare il testo, forzandolo per attualizzarlo, o limitarsi a modernizzare gli abiti e le scene; bisogna, piuttosto, come in questo caso, lavorare alla ricerca della massima semplicità espressiva per lasciare che le parole risuonino, limpide e pure, nella voce degli attori, tra la polvere della scena, nella memoria dello spettatore.
Opera di forti contrasti, questo è un testo che ci fa confrontare con le nostre ambiguità, le nostre incertezze, il continuo mutare della realtà nella quale ci muoviamo; ci permette di riflettere su temi eterni ed attualissimi come la pena di morte, l’esercizio della legge, i rapporti tra politica e morale.

 

Le frasi tra virgolette sono citazioni del testo originale estratte dalle singole scene (Ed. Einaudi – Collezione di Teatro – 2406 – Torino 1957 – traduzione di Cesare Vico Lodovico – un volume che non consiglio per la inattualità della traduzione)

La trama
La trama dell’opera si può riassumere come segue: Vincentio, duca di una immaginaria Vienna, sentendosi colpevole della mancanza di ordine e di ogni senso morale nella sua città, interrogandosi sulla vera essenza del potere e della giustizia, decide di lasciare il governo al suo vicario, Angelo, con il pretesto di andare a trattare con gli ungheresi per evitare una guerra imminente; in realtà nascondendosi sotto un saio da frate egli resta a Vienna, in gran segreto, con la speranza di osservare un cambiamento nel governo della città.

Angelo, uomo virtuoso ed integerrimo, amministra la giustizia con estrema severità e condanna a morte un giovane, Claudio, colpevole di aver messo incinta la sua promessa sposa prima del matrimonio.La sorella di Claudio, Isabella una giovane novizia, pronta a prendere il velo, si reca da Angelo nel disperato tentativo di salvare la vita del fratello, in nome della pietà. Ma durante il loro incontro Angelo si innamora perdutamente della meravigliosa Isabella e le propone un patto: il suo amore in cambio della vita del fratello.

Sconvolta dalla meschinità di Angelo, Isabella si reca dal fratello in carcere e gli racconta tutto. In carcere il duca, travestito da frate, portando conforto ai condannati, viene a conoscenza del ricatto e decide di far luce sull’intera storia rimanendo nell’ombra. Consiglia ad Isabella di accettare per finta la proposta di Angelo e di pattuire però un incontro al buio e in silenzio. Poi il duca e Isabella si recano da Mariana, la promessa sposa di Angelo ripudiata in passato per ragioni di dote, e la convincono a concedersi ad Angelo, in gran segreto al posto di Isabella, per riottenere così il suo onore.

 

Lo scopo del duca è ormai quello di accertare la verità e smascherare il suo vicario.

Ma dopo l’incontro notturno Angelo non mantiene la sua promessa e ordina al bargello di tagliare la testa a Claudio prima dell’alba. Il duca riesce a convincere il bargello a salvare la vita al condannato e a tagliare la testa ad un uomo morto di febbre in carcere; poi annuncia il suo ritorno e nella grande scena finale riunisce tutti e – con prove inconfutabili – svela ad arte l’ignobile misfatto di Angelo, svergognandolo pubblicamente e compiendo finalmente giustizia. Così Angelo viene dapprima condannato a sposare Mariana per riparare al suo onore e poi perdonato.

 

http://www.shakespeareweb.it/teatro/1603_misura_per_misura/misura_per_misura.htm

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