Tutto ha inizio. Tutto ha fine. The Weyl curvature and the Cosmic Censorship conjecture ; The Last Question . “Le Cosmicomiche”

IL GIORNO DEL GIUDIZIO DELL’UNIVERSO

Tutto ha inizio. Tutto ha fine.

Nonostante l’essere umano si preoccupi principalmente della fine della sua vita, l’interesse per la fine di qualcosa che ha una durata incomprensibilmente maggiore ha da sempre vagato nell’ immaginario filosofico anche delle culture più antiche.

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Oggi la scienza ha dato una voce rigorosa a questa curiosità. Si è già dedotto dall’osservazione empirica che i corpi celesti, seppure sembrino così irraggiungibili e imperscrutabili, non sono destinati a durare in eterno. L’eternità così come il nulla e l’infinito, non esiste in natura.

Varie teorie formulate nel corso del secolo scorso ad opera di geniali intelletti, pur volendo proporre visioni quanto mai realistiche, si rivelano essere simili alle credenze mitologiche più diverse e contrastanti (che vedremo in seguito).

Come, e se possibile quando, finirà la realtà così come la vediamo?

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Modelli dell’universo: aperto, chiuso, piatto

Innanzi tutto bisogna prima fare una premessa parlando della “geometria dello spazio”: da ciò infatti dipende il destino dell’universo. La geometria dello spazio nasce dall’introduzione nella cosmologia dell’idea di curvatura dello spazio, dettata dalla relatività di Einstein. Gravità e tasso di espansione concorreranno a conferire allo spazio una curvatura che potrà essere “negativa”, “positiva” o “nulla”.

Seguendo queste tre curvature l’universo può assumere tre diverse forme, rispettivamente, aperto, chiuso e piatto. Il destino del cosmo è legato a ciò.

MORTE TERMICA: BIG FREEZE

Teorizzando un universo aperto si deve considerare una forza gravitazionale che non riesce a vincere sull’espansione stessa dello spazio-tempo: il cosmo quindi tenderà ad espandersi indefinitamente.

Analogamente, un universo piatto continuerebbe ad espandersi, ma sarebbe frenato dalla forza di gravità fino a farlo stabilizzare dopo un tempo infinito.

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In entrambi i casi varie ipotesi concordano per un destino comune. I pareri scientifici si volgono a favore della cosiddetta ”morte termica”: formulata per la prima volta da William Thomson (detto anche Lord Kelvin), essa propone, partendo dai principi primi della termo-dinamica, che in un sistema chiuso (in questo caso, l’universo) l’energia tende gradualmente a compensarsi finché viene raggiunto uno stato d’equilibrio termodinamico (entropia).

Quindi, consumatesi le fornaci stellari, l’energia residua, dovendosi spalmare su una fetta troppo estesa di universo,diventerà così rarefatta da potersi considerare irrilevante. L’universo sarà un luogo completamente freddo, e le temperature tenderanno ad avvicinarsi sempre più allo zero assoluto, sino ad un punto di stallo di ogni evento fisico, tra 10^100 anni. Periodo comunque estremamente lungo.

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Ciò è spaventosamente simile alle descrizioni del Ragnarok: la mitologia Nordica (ed in particolare quella vichinga) narra di come il cosmo sia destinato a diventare una landa desolata coperta da ghiacci iperborei, e come ogni cosa (Dèi compresi) sia destinata inesorabilmente a perire congelata.

LO STRAPPO UNIVERSALE: BIG RIP

Nel 1998 fu scoperto che l’universo, così come l’osserviamo attualmente, accelera costantemente la sua crescita: un universo aperto, ma il cui tasso di espansione aumenta vertiginosamente. Per questo modello il fisico Robert Caldwell, del Dartmouth College nel New Hampshire ipotizzò una fine divenuta famosa come “Big Rip” o grande strappo: la materia, in un universo in accelerazione, raggiungerebbe velocità spaventose sino a disintegrarsi in radiazioni e particelle subatomiche.

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Disgregazione dell’universo secondo il ”Big Rip”

Degno di nota è il fatto che la fine del mondo in questione si stima aver luogo circa 3,5 × 10^10 anni dopo il Big Bang, circa 21 miliardi dai giorni nostri. Nonostante sembri un tempo lungo, quasi incomprensibile, è comunque, rispetto ai calendari cosmologici su cui si strutturano le altre teorie cosmologiche, paurosamente breve.

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Nel ”Big Rip” echeggia in maniera impressionante la mitologia Hindu: in essa infatti si narra che materia ed energia scompariranno per mano del dio Shiva “il distruttore”, personificazione d’una fine catastrofica che stravolgerebbe le leggi stesse della natura.

PUNTO CRUCIALE: BIG CRUNCH

Ammettendo l’esistenza d’un universo chiuso, l’attrazione gravitazionale che la materia esercita riuscirà ad arrestare il tasso d’espansione, fino ad invertirne la tendenza. Così accadrà che tutta la materia del cosmo, collassando, si ricompatterà in un unico punto, detto “singolarità”: da questo scaturì il Big Bang che originò il nostro universo 13, 7 miliardi d’anni or sono.

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Schema ”Big Crunch”

Ciò è quanto prevede la teoria del Big Crunch. Alcuni fisici teorici nel 2008, quali Abhay Ashtekar, Alejandro Corichi e Parampreet Singh, arrivano a descrivere un universo che potrebbe continuare a rigenerarsi in un ciclo infinito di Big Bang e Big Crunch, dando vita così ad una sorta di “grande rimbalzo”, denominato Big Bounce.

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Schema ciclicità ”Big Bounce”

Non è però cosa nuova parlare di ciclicità dell’universo: questa idea era già presente in molti miti e molte leggende dell’antichità. Gli Aztechi, per esempio, nella grande cerimonia del Nuovo Fuoco che avrà luogo alla fine dei giorni evocano un universo ciclicamente distrutto e rigenerato.

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In Europa e in Asia, i miti si ricollegavano in una stessa rappresentazione dell’evento cosmologico: un animale che si morde la coda.In Cina veniva simbolicamente raffigurato un dragone avvolto su sé stesso, trasposto poi in un serpente nelle civiltà europee. In Egitto l’idea della distruzione e della rigenerazione era rappresentata da un bellissimo uccello, il quale alla sua morte veniva divorato dalle fiamme, rinascendo poi dalle sue stesse ceneri. La Fenice dei Greci.

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La Fenice, simbolo di rinascita in molte mitologie

PROBABILE POSSIBILITÁ?

Tutto quanto abbiamo scritto sopra, per quanto riporti teorie che vogliono spiegare in modo quantomai veritiero la Realtà che abitiamo, non è altro che formato da fantasticherie e mere ipotesi, per ora quasi del tutto prive di qualsiasi fondamento.

Non esiste una versione più accreditata di altre, poiché tali discussioni non possono far altro che vertere sull’immaginario di scienziati e filosofi, né la sperimentazione ha voce in capitolo, se non per ricordare timidamente di attenersi di più alla scienza che alla fantascienza.

Ma perché l’uomo si interessa di quello che accadrà probabilmente allorché la specie umana giacerà estinta sotto le maree del Tempo?

Perché quello che più affascina non è tanto la fine del cosmo, ma il destino della vita che esso contiene, sulla cui importanza il dibattito è sempre aperto e quantomai attuale.

Autori: Nicola Mazzoleni e Gabriele Galizzi 4C Liceo scientifico Turoldo (Zogno, BG)

http://torredelsole.wordpress.com/2013/02/16/il-giorno-del-giudizio-delluniverso/

The Weyl curvature and the Cosmic Censorship conjecture

Parampreet Singh
Parampreet Singh is an Assistant Professor of Physics at Louisiana State University

Whether the gravitational collapse of an astrophysical object leads to a black hole or a naked singularity is one of the most intriguing issues in Einstein’s theory of General Relativity. In many astrophysical situations, the initial conditions are such that a trapped region forms and the gravitational collapse ends in a black hole, in confirmation with the Cosmic Censorship conjecture. However, in recent years conditions have been found for which the conjecture may be violated.

To gain insights on this issue, understanding the process leading to the formation of the trapped surface and the way it may be delayed is important. A decade ago, it was found that the shear scalar plays a crucial role to determine the fate of the collapsing object [1,2]. If the shear is sufficiently strong, it can conspire with inhomogeneities in such a way that the formation of trapped region is delayed so much that the geodesics can encounter a singularity before the apparent horizon forms. In this paper, the authors find the necessary and sufficient conditions for a naked singularity to form for general Locally Rotationally Symmetric class II spacetimes in a covariant formulation. With an emphasis on the physical and geometrical aspects, the role of the Weyl curvature in the possible violation of the Cosmic Censorship conjecture is carefully discussed. Two illustrative examples are provided – one each for a black hole and a naked singularity.

This work fills an important gap to understand the conditions for the formation of naked singularities in a covariant setting, and further clarifies the role of spacetime shear in the validity of Cosmic Censorship conjecture.

References:

1. P. S. Joshi, N. Dadhich and R. Maartens, Why do naked
singularities form in gravitational collapse?, Phys. Rev. D 65, 101501 (2002) [gr-qc/0109051].

2. P. S. Joshi, R. Goswami and N. Dadhich, Why do naked
singularities form in gravitational collapse? II, Phys. Rev. D 70, 087502 (2004).


Read the full article in Classical and Quantum Gravity:
Cosmic censorship conjecture revisited: covariantly
Aymen I M Hamid, Rituparno Goswami and Sunil D Maharaj
2014 Class. Quantum Grav. 31 135010

http://cqgplus.com/2014/07/14/the-weyl-curvature-and-the-cosmic-censorship-conjecture/

L’ultimo teorema di Fermat di Simon Singh – The Last

“Le Cosmicomiche” di Italo Calvino : James Erber Qfwfq …

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