PER UN COORDINAMENTO DI SOSTEGNO ALLE LOTTE DEI LAVORATORI , Quello che il Carrefour non racconta…

Come Coordinamento di sostegno alle lotte, assieme ad altri compagni, abbiamo iniziato un intervento sulle condizioni di pesante sfruttamento che subiscono i lavoratori della Carrefour. Costante sotto – organico, lavoro straordinario gratuito, aziendalismo opprimente sono i principali aspetti di questa realtà. Come prima uscita é stato distribuito davanti ai negozi del gruppo un volantino (clicca sull’immagine) di denuncia di queste condizioni. La denuncia di per sé certo non é sufficiente, per questo invitiamo tutti, dipendenti del Carrefour o meno, a mettersi in contatto con noi. Per info e contatti:
lanternarossage@gmail.com
coordinamentodisostegnoallelotte@inventati.org 

Volantino distribuito davanti ai negozi Carrefour

 

http://lanternarossa.files.wordpress.com/2011/12/2012_05_23_vol_carrefour.pdf

 

 

PER UN COORDINAMENTO DI SOSTEGNO ALLE LOTTE DEI LAVORATORI

Corre l’anno 2012 e da anni il processo di ristrutturazione del capitale ha imposto un evidente e progressivo peggioramento delle condizioni materiali di vita del proletariato, schiacciato sempre più dalle esigenze di profitto e spinto in una dinamica di “guerra tra poveri”. Più questa crisi si appro­fondisce – e si approfondirà – più emerge la contraddizione tra i divergenti interessi di classe, tra chi sfrutta e chi è sfruttato, chi si arricchisce sul lavoro altrui e chi, schiacciato da logiche che non gli appartengono, subisce condizioni di vita e di lavoro sempre peggiori.

Sparisce la faccia “democratica” del capitalismo facendo emergere la sua vera natura.

A fronte di queste dinamiche, mentre lo stato ed i padroni, consci delle loro necessità, la lotta di classe la fanno e la portano avanti, solo deboli e frammentate risposte sono pervenute dalla classe lavoratrice nel suo insieme.

Nonostante ciò, è evidente che la continua accelerazione delle dinamiche di crisi spingono sempre di più il proletariato ad una risposta. Parte centrale del conflitto sociale andrà per forza di cose a delinearsi nelle lotte tra capitale e lavoratori, occupati e non ovvero di chi produce tutta la ricchezza sociale senza esserne proprietario.

In Italia e, nello specifico a Genova, avvengono frequentemente piccole, e in alcuni casi anche meno piccole, mobilitazioni che però stentano ad uscire da una logica aziendalista o corporativa, non trovando quasi mai nemmeno collegamenti tra loro o con il territorio e finendo incanalate su binari innocui dai sindacati concertativi e riportate dentro al meccanismo integratore del capitale stesso. Quello che crediamo possa essere un nostro contributo come coordinamento all’interno di questo terreno è il tentativo di superare queste divisioni, superare le stesse logiche concertative per collegare noi ed altri lavoratori su un terreno di classe nell’ottica di un superamento abbattimento del lavoro salariato e di questo sistema economico. Vogliamo affrontare, insomma, anche l’aspetto politico della lotta di classe mettendo in discussione il processo di accumulazione del capitale.

Pur provenendo da esperienze diverse sia dal punto di vista lavorativo che politico, riteniamo ne­cessario rompere con le logiche di parrocchia e lo schematismo dogmatico che troppo spesso ha costituito un freno nei tentativi di coordinamento.

I nodi tattici e strategici vanno risolti sul terreno della pratica, sul terreno delle necessità che la lotta e la sua generalizzazione porrà noi davanti.

Esperienza a cui vogliamo ricollegarci è quella del Coordinamento di sostegno ai lavoratori di co­operativa, di cui alcuni di noi fanno parte. Esperienza che nasce dalla volontà e dalla necessità di sostenere le lotte degli operai del polo logistico che, da quattro anni a questa parte, sono riusciti ad articolare un ciclo di mobilitazione e scioperi che, divampato in Lombardia, si è ora diffuso in Emilia e Veneto. Un percorso in cui, si è vissuto un effettivo ricollegamento tra lavoratori di diverse coope­rative e settori, attraverso il mutuo appoggio nei picchetti e negli scioperi, riuscendo a convogliare energie e potenzialità di lotta di tutti quei compagni che hanno saputo unificarsi su questo terreno, rendendo possibile il salto di qualità delle singole mobilitazioni e generalizzandole in un unico e compatto percorso. Detto questo, evidenziamo brevemente quelli che, secondo noi, dovrebbero essere punti salienti su cui discutere per dare corpo e gambe ad un progetto di coordinamento fina­lizzato al sostegno attivo e partecipe delle lotte economiche e politiche dei lavoratori.

Soggetto e terreno di riferimento

La centralità del proletariato, declinato nelle sue varianti, e la lotta di classe, crediamo, siano dunque il panorama che il coordinamento deve avere. Un panorama all’interno del quale a partire da con­dizioni, situazioni, ed eventualmente vertenze già in atto, dovremo essere capaci, come coordina­mento, d’intercettare necessità e interessi materiali particolari, legandoli e collegandoli agli interessi

generali della classe. Uscire dai posti di lavoro per spostarsi anche sul territorio, necessità che sen­tiamo forte, significa intervenire e calibrare la nostra presenza al fine di spezzare vincoli corporativi e aziendalistici, attraverso spinte che pongano al centro la classe e il suo interesse generale. Significa portare l’interesse generale del proletariato sul territorio e non accodarsi ad interessi altrui.

Autonomia di classe

Troppo spesso i nostri interessi vengono confusi con gli interessi di chi ci opprime, cioè quelli dei padroni delle varie aziende in cui lavoriamo o, più “in grande”, quelli dei banchieri o quelli statali.

Crediamo invece che i reali interessi della nostra classe siano assolutamente incompatibili con quelli delle classi dirigenti e che sia fondamentale far chiarezza su questo passaggio all’interno della collettività proletaria affinchè i lavoratori comincino a ragionare sulla fine del loro sfruttamento. E che la “classe in sé” cominci a percepirsi come “classe per se”.

Altrimenti continueremo ad essere massa di manovra per padroni che non vogliono veder diminuire i loro profitti e che per questo creano artificiosi conflitti tra lavoratori occupati in posti differenti o tra lavoratori e “sostenitori” della salvaguardia del territorio e dell’ambiente.

Che dire poi di quel populismo che pone in contraddizione i bisogni dei lavoratori di differenti nazion­alità? Sintomo di scarsa sensibilità verso la condizione dei lavoratori immigrati in occidente – sotto­posti alle dinamiche di ricatto e di differenziazione da sempre proprie di questo sistema – ma anche della totale incapacità di sentirsi proletariato internazionale (al punto che non c’è nessun problema se i lavoratori libici, iracheni o jugoslavi vengono bombardati con armi prodotte dai loro fratelli oc­cidentali). Per noi la rivoluzione sarà mondiale o non sarà, invece contro le guerre imperialiste non viene quasi più spesa un’ora di sciopero.

Meglio spenderla contro il “terrorismo”, snaturando così la natura stessa del concetto di sciopero. (Si sciopera contro il padrone!). Ci troviamo insomma in una situazione di quasi totale assenza di autonomia di classe. Pur ritenendo che, nello sviluppo di quest’ultima, gli attacchi del capitale lavore­ranno meglio di noi, intendiamo impegnarci in quanto fattore soggettivo di stimolo alla crescita.

Lontani da ogni avanguardismo pensiamo che gli strumenti dell’inchiesta operaia e della conricerca siano idonei e funzionali alla contaminazione ed alla corrispettiva crescita ed intendiamo, tra le al­tre cose, utilizzare anche lo strumento dell’intervista come mezzo di conoscenza e di costruzione di rapporti, cercando di abbattere insieme le barriere tra intervistatore ed intervistato e tra militanti politici e classe.

Lotta economica su un terreno di classe

Scarsa coscienza da parte dei lavoratori e attitudine radicata nel sindacato di delega sono nel con­tempo causa e conseguenza di un sindacalismo – tanto concertativo, quanto di base – statico, che raramente e malamente fa gli interessi dei lavoratori nella loro complessità e molto più spesso è esso stesso causa di corporativismo e frammentazione.

In una situazione tale, riteniamo che sia necessario impostare un intervento, un lavoro organizzati­vo, un coordinamento sul terreno della lotta economica, che sia in grado di collegare obiettivi tattici a quelli strategici. In questa prospettiva, per esempio, urge più che mai una riflessione sui limiti e le controindicazione della difesa del posto di lavoro, che troppo spesso oscura e sostituisce la difesa della forza – lavoro.

Continuare a elemosinare commesse, di cui per altro beneficia esclusivamente il padrone, signi­fica rinchiudersi nel proprio steccato aziendale, significa precludersi la possibilità di attivazione e coinvolgimento di altri lavoratori. La generalizzazione della lotta non può che passare dalla difesa dell’interesse generale della forza – lavoro, i cui assi portanti sono salario, riduzione dell’orario di lavoro, potenziamento degli ammortizzatori sociali, salario garantito per i disoccupati.3

Lavoratori in lotta

Uno dei primi obiettivi del coordinamento é sicuramente il sostegno (fisico e materiale) a tutti quei lavoratori che nei settori più diversi stiano portando avanti una qualche opposizione sul proprio posto di lavoro. Grande o piccola che sia la situazione specifica, il coordinamento potrebbe rappre­sentare un punto nevralgico in cui far convergere tali esperienze, contribuire al loro allargamento e alla loro diffusione, superando il limbo della frammentazione cui spesso queste lotte sono condan­nate. Frammentazione che non solo causa l’indebolimento del fronte di lotta, ma é portatrice del più nefasto effetto di mettere una lotta in contraddizione con l’altra. Un esempio che, qui a Genova, ci sembra possa essere emblematico è la situazione dei lavoratori di AMT, dei servizi sociali, ecc…Tut­te queste categorie nei mesi scorsi hanno fatto peregrinazione in Comune e in Regione, cercando di strappare una promessa di qualche finanziamento per il proprio settore.

Quello stesso fondo di finanziamento, nella stessa settimana è stato promesso a tutti… soldi tolti all’AMT per finire ai servizi sociali o viceversa, mettendo lavoratori contro lavoratori.

Combattere tale deriva, articolando una spinta propulsiva al coordinamento e alla generalizzazione su un terreno classista di queste vertenze diventa una sfida che il coordinamento deve, secondo noi, affrontare.

Lotte che non ci sono

La maggioranza dei lavoratori è oggi non più ‘garantita’, contratti interinali, a tempo determinato, a progetto, ecc permettono sempre di più ai padroni di ricattare i dipendenti, impedendogli, di fatto, di alzare la testa per far valere i propri interessi. E’ proprio in questo senso che il sostegno ‘esterno’ può essere fondamentale, non solo per far conoscere l’esperienza del coordinamento, ma anche per far si che il coordinamento possa intervenire direttamente quando i lavoratori stessi non posso­no. Nel milanese, per esempio, in più di un’occasione in magazzini in cui vi erano lavoratori impos­sibilitati a scioperare, l’avanzamento della lotta é stato decretato dal dinamismo del coordinamento che, insieme ad altri lavoratori, picchettavano o bloccavano i cancelli. Dinamiche che, nel nostro piccolo osserviamo anche qui a Genova.

Nell’ambito ospedaliero, infatti, dove gli OSS (operatori socio-sanitari) sono spesso assunti con contratti interinali e quindi sottoposti ad ogni forma di ricatto, si è presentata più volte la necessità di garantire volantinaggi e presenza davanti ai posti di lavoro, soprattutto tesi al superamento della contrapposizione tra lavoratori garantiti e non, anche perché sono proprio i primi che possono scio­perare, possono opporsi anche per gli altri, per non cadere nel solito gioco al ribasso.

Il coordinamento, crediamo, possa riempire un vuoto che colpevolmente gran parte dei sindacati ha lasciato, confinando i lavoratori precari in federazioni ghetto.

Cassa di resistenza  

La cassa di resistenza è per noi uno degli strumenti attraverso i quali darsi le basi materiali per resi­stere al conflitto; uno strumento di autonomia e di indipendenza per poter continuare a lottare. Per questa ragione ha una funzione sia di difesa che di lotta.

E’ una risposta non solo politica ma anche pratica di sostegno economico e di solidarietà che faccia capire che i licenziamenti o i ricatti non sono un fattore individuale ma che in qualche modo riguar­dano tutti e che tutti insieme possiamo e dobbiamo continuare a lottare.

Ma diventa anche uno strumento attraverso il quale ricollegare vari settori di lavoratori che, parte­cipando attivamente ed economicamente al sostegno della cassa, escono dal recinto del proprio posto di lavoro. Non solo, la cassa di resistenza è anche un buon strumento per poter diffondere e propagare le esperienze di lotta cui sono rivolte, diventando così non solo strumento economico ma anche politico e organizzativo.4

cordinamentodisostegnoallelotte@inventati.org

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