Fernando Pessoa Trippa alla maniera di Oporto , Poema in linea retta ed altro di Pessoa

Fernando Pessoa

Trippa alla maniera di Oporto

Un giorno in un ristorante fuori del tempo e dello spazio,
mi servirono l’amore come trippa fredda.
Dissi delicatamente al missionario della cucina
che la preferivo calda,
che la trippa (ed era alla maniera di Oporto) non si mangia fredda.

Si irritarono con me.
Non si può mai avere ragione, nemmeno al ristorante.
Non mangiai, non chiesi altro, pagai il conto,
e me ne andai a passeggio per l’intera strada.

Chi lo sa cosa vuol dire questo?
Io non lo so, ed è capitato a me…

(So benissimo che nell’infanzia di ognuno c’è stato un giardino,
privato o pubblico, o del vicino.
So benissimo che il fatto di giocarci era il padrone del giardino.
E che la tristezza è di oggi).

So questo molte volte,
ma, se io chiesi amore, perché mi portano
trippa alla maniera di Oporto fredda?
Non è un piatto che si possa mangiare freddo,
ma me lo portarono freddo,

non si può mai mangiare freddo, ma arrivò freddo.

Fernando Pessoa, Poesie, La grande poesia del Corriere della Sera, Milano, 2004, pagg. 348-351

Alvaro de Campos – Poema in linea retta

Non ho mai conosciuto chi abbia preso legnate.

Tutti i miei conoscenti sono stati campioni in tutto.

Ed io, tante volte spregevole, tante volte porco, tante volte vile,

io tante volte innegabilmente parassita,

inescusabilmente sudicio,

io, che tante volte non ho avuto pazienza di fare il bagno,

io, che tante volte sono stato ridicolo, assurdo,

che ho involto pubblicamente i piedi nei tappeti dell’etichetta,

che sono stato grottesco, meschino, sottomesso e arrogante,

che ho patito oltraggi e taciuto,

che quando non ho taciuto, sono stato più ridicolo ancora;

io, che sono riuscito comico alle cameriere d’albergo,

io, che ho sentito lo strizzar d’occhi dei facchini,

io, che ho commesso vergogne finanziarie, chiesto prestiti senza pagarli,

io, che, quando venne l’ora del cazzotto, mi sono rintanato

fuori della sua portata;

io, che ho sofferto l’angoscia delle piccole cose ridicole,

io verifico che non ho eguali in tutto ciò in questo mondo.

Tutta la gente che conosco e che parla con me

non ebbe mai un gesto ridicolo, non patì mai oltraggio,

non fu mai se non principe – tutti principi – nella vita…

Volesse il cielo che udissi da qualcuno la voce umana

che confessasse non un peccato, ma un’infamia;

che raccontasse, non una violenza, ma una viltà!

No, sono tutti l’Ideale, se li odo e mi parlano.

Chi c’è in questo vasto mondo che mi confessi che una volta è stato vile?

O  prìncipi, miei fratelli,

orsù, sono stufo di semidei!

Dov’è che c’è gente nel mondo?

Allora sono solo io vile e fallace su questa terra?

Potranno le donne non averli amati,

possono essere stati traditi – ma ridicoli mai!

E io, che sono stato ridicolo senza essere stato tradito,

come posso parlare coi miei superiori senza titubare?

Io, che sono stato vile, letteralmente vile,

vile nel senso meschino e infame della viltà.

Alvaro de Campos (Fernando Pessoa) – “Poema in linea retta”

 

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