W for Welles – The Stranger . full finchè resta sul tubo….

W for Welles – Lo straniero (The Stranger)

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“Sarei stato un regista all’interno del sistema produttivo…dove a un regista viene commissionato il lavoro su una sceneggiatura pensata da qualcun altro e così via; è l’unico film del genere che ho fatto. O che farò mai”. Orson Welles risponde a Peter Bogdanovich sulla regia de Lo straniero tratto da ‘Io, Orson Welles’ Baldini&Castoldi (1996).

Il grande autore di Quarto Potere non ha mai amato Lo straniero, con l’imbarazzo dell’autore sempre contro il sistema Hollywoodiano ha rifiutato questo figlio ‘illegittimo’ considerandolo un inciampo. Ma il maestro dell’illusione girando questo ‘noir’ intriso di simboli ha dimostrato, se poi ci fosse stato bisogno, di conoscere il mestiere meglio degli odiati produttori. Welles sapeva di poter raccontare la vicenda del criminale nazista Frank Kindler meglio di altri registi più votati al genere (di Huston o di Hitchcock?) e metterci anche il suo talento d’attore interpretando proprio il ruolo del villan travestito da amabile borghese. L’ha fatto lasciandoci un film che ancora sa stupire, per il grande e superbo Welles non sarà stato molto ma per lo spettatore è sempre un colpo al cuore.

Nella tranquilla provincia americana di Harper, vive lo stimato professore Charles Rankin, prossimo alle nozze con la figlia del giudice Longstreet. Dietro a questo perfetto quadro alla Frank Capra si nasconde il fantasma della Seconda Guerra Mondiale (siamo nel 1946). Charles Rankin infatti non è altro che Frank Kindle, un criminale del Terzo Reich scappato in Usa attraverso il Messico. Sulle sue tracce c’è un osso duro, l’ispettore Wilson (un impeccabile Edward G. Robinson), un mix di intuito e psicologia che decide di scovare e far uscire Kindler dal suo rifugio dorato. Non sarà facile per l’ispettore smarcarsi dalle false apparenze costruite ad arte dal mostro nazista, capace di uccide a sangue freddo e tornare tranquillamente a casa. Per Wilson la caccia all’uomo nero dovrà superare la patina di benevolenza che circonda la identità del mostro che hanno accolto nella loro comunità.

Cinema di genere si diceva, ebbene Lo Straniero è un ottimo noir seppur ispirato dagli echi della Seconda Guerra mondiale ancora fuori dall’uscio del Vecchio continente e ormai anche questione americana. La struttura del racconto è chiaramente delineata per mettere l’uno di fronte l’altro, in uno schema assai stilizzato, il bene contro il male. Da una parte le Forze alleate e dall’altra i nazisti. Ecco che la fotografia e la recitazione si piegano a queste corrispondenze delineando, anche con un tocca ispirato all’espressionismo tedesco, il chiaroscuro dei personaggi. In questo schematismo (commissionato dai produttori) Welles fa delle scelte d’autore: come non ricordare infatti alcune scene memorabili come la cena in cui Rankin troppo sicuro della sua copertura scivola su una frase che sarà rivelatrice per l’astuto Wilson: “Marx non era tedesco, era ebreo”; O il finale ambientato sul campanile-orologio della chiesa quando il criminale già ferito troverà la morte trafitto dall’angelo meccanico dell’orologio. Welles non ha amato questo film, ma ha firmato un’opera che dopo quasi 70anni mantiene viva la sua capacità di simboleggiare un’epoca e uno sguardo sulla storia molto più moderno di tanti giovani registi che circolano oggi.

W for Welles – Lo straniero (The Stranger)



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