Manganelli incontra il Califfo di Baghdad – mille e una notte – Rossini: Armida

Hārūn al-Rashīd

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Hārūn al-Rashīd (in arabo: هارون الرشيد‎; 27 marzo 766809) è il nome e il laqab del quinto califfo della dinastia abbaside. Figlio di Muḥammad ibn ʿAbd Allāh, detto al-Mahdī (califfo abbaside), governò la Umma islamica tra il 786 e l’809.

Il suo regno fu prospero, sia in campo culturale sia in quelli scientifico e politico-istituzionale.

La sua vita e la favolosa corte sono state soggetto di molti aneddoti: alcuni realmente accaduti mentre di altri si crede siano inventati di sana pianta. La famosa silloge favolistica delle Le mille e una notte contiene molte storie che sono ispirate al mito della magnifica corte di Harun.

La vita

: Invasione abbaside dell’Asia Minore (782) e Battaglia di Kopidnadon.

Hārūn era figlio di al-Mahdī, il terzo califfo abbaside (che governò dal 775 al 785) e di Khayzurān,[1] ex-schiava proveniente dallo Yemen e donna che influenzò grandemente gli affari di Stato durante il regno del marito ed avrebbe avuto influenza anche sui figli.

Anche Hārūn fu influenzato dalla madre; durante il suo regno a controllare l’amministrazione erano il suo visir barmecide Yahya ibn Khalid (che era stato anche precettore di Hārūn), il figlio Jaʿfar (che era fratello di latte di Hārūn e, quindi, legalmente assimilato in tutto a un fratello di sangue), e altri membri della famiglia dei Barmecidi.

I Barmecidi erano una famiglia persiana divenuta molto potente sotto il califfato di al-Mahdī ma fu proprio Rashīd a disfarsene improvvisamente, facendo imprigionare il suo vecchio istitutore e vizir Yaḥyā e facendo uccidere Jaʿfar, il cui corpo fu poi crocifisso alla porta del ponte più importante che a Baghdad scavalcava il Tigri. L’episodio fece talmente scalpore sui suoi coetanei (di fatto si trattava di un fratricidio) che il ricordo fu tramandato in modo assai vivido nelle stesse Mille e una notte.

Condusse numerose campagne militari contro l’Impero bizantino, retto al tempo dalla basilissa Irene d’Atene. Invase con successo per due volte l’Asia Minore, costringendo l’imperatrice bizantina a versargli ingenti tributi.
Intorno all’anno 802 stabilisce anche contatti diplomatici con Carlo Magno.[2] E si racconta che gli ambasciatori di Carlo tornassero impressionati per quanto avevano visto presso la corte di Hārūn.

Il califfato

Fu per costituirsi una biblioteca personale che Hārūn al-Rashīd volle s’intraprendesse la costruzione della Bayt al-Hikma (lett. “La casa della scienza”) che suo figlio al-Maʾmūn ampliò enormemente, rendendola forse il polo bibliotecario più ricco di tutto il mondo islamico nelle varie epoche e la prima università pubblica islamica.

Il califfo deve la sua celebrità anche al fatto di essere il protagonista di varie vicende narrate nella silloge favolistica intitolata Le mille e una notte (Alf layla wa layla), dove è fin troppo generosamente ricordato come il prototipo del governante buono e giusto, a dispetto del suo spietato operare ai danni dei Barmecidi, la cui ottima amministrazione aveva garantito basi floride e solide al suo califfato.

Note

  1. ^ Cioè “Bambù.
  2. ^ Si veda in merito Henri Pirenne, Maometto e Carlomagno Roma-Bari, Laterza, 1939 (trad. dell’originale Mahomet et Charlemagne, Paris-Bruxelles, Alcan-Nouvelle Société d’éditions, 1937).

Bibliografia

    • Ṭabarī, Taʾrīkh al-rusul wa l-mulūk, ed. Muḥammad Abū l-Faḍl Ibrāhīm, 10 voll., Il Cairo, Dār al-maʿārif, 1960-69.

Le favolose Mille e una notte – Maurice Ravel – Shéhérazade …

Unica tra le opere di Rossini scritta per un teatro non italiano o francese,Adinafu commissionata dall’ispettore dei teatri portoghesi nel 1818 e composta a Bologna, dove il musicista stava trascorrendo un periodo di convalescenza presso i genitori. Nessun documento pervenutoci attesta una rappresentazione in data anteriore al giugno 1826; in quell’occasioneAdinafu allestita al Real Theatro de San Carlos con una compagnia di cantanti che comprendeva anche il celebre basso Giovanni Orazio Cartagenova nel ruolo del califfo.

Lungi dall’essere quella «misera farsa, scipita e sconclusionata» che giudicava il Radiciotti,Adinaè più simile a un’opera semiseria. Anziché ripercorrere alcuni degli stilemi buffi consacrati dalle precedenti esperienze (per i quali personaggi come Alì o Mustafà avrebbero offerto più di uno spunto), adotta un linguaggio più lineare e più attento a privilegiare la vena malinconica, a tratti persino drammatica del libretto, come nel quartetto “Ah, qual notte orrenda è questa!”, in cui Luigi Rognoni ha colto persino un’anticipazione della tragica notte delRigolettoverdiano.
Fonte: Dizionario dell’Opera Baldini&Castoldi

http://www.operamanager.com/cgi-bin/process.cgi?azione=ricerca&tipo=OP&id=1643


Rossini Il viaggio a Reims

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