Iavarone : Cure anti-cancro “Al Nord terapie di serie B per i meridionali”- team Iavarone new approach to treating cancers with this gene fusion

Cure anti-cancro, Iavarone divide la scienza: “Al Nord terapie di serie B per i meridionali”

5 gennaio 2018

Si dividono i ricercatori su alcune dichiarazioni rilasciate dallo scienziato Antonio Iavarone in un’intervista al Mattino sulle cure anti-cancro. “Terapie di serie B per i pazienti del Sud che vanno a curarsi al Nord“, è questa la frase che sta creando dibattito in queste ore e che ha richiesto l’intervento di Giuseppe Curigliano, il direttore per lo sviluppo di Nuovi farmaci e Terapie innovative dell’Ieo di Milano.

Lo scienziato beneventano, titolare del laboratorio di ricerca clinica della Coumbia University e autore insieme alla moglie sullo studio della fusione di geni che accendono i motori delle cellule tumorali, ha dichiarato:

Sono io stesso a suggerire ai meridionali di andare al Nord però quando entri in un ospedale del nord Italia sono trattati con il protocollo per meridionali, e non per una forma di razzismo. Una terapia di Serie B. Chi si cura fuori sede dopo qualche tempo è costretto a rientrare. E quindi determinate terapie che richiedono la presenza del paziente non vengono neppure iniziate. Per esempio l’estrazione di cellule immunitarie che vanno poi rinfuse nel paziente. La terapia basata sulle analisi genetiche è complessa e però è la sola in grado di portare risultati perché permette cure mirate e personalizzate“.

Molti campani si trasferiscono al Nord per le cure contro il cancro prediligendo Lombardia, Emilia Romagna e Toscana, ma secondo Iavarone sarebbe inutile perché i cittadini del Mezzogiorno ricevono cure inadeguate e non innovative. Dichiarazioni scioccanti a cui Curigliano risponde:

Ma quello che dice il collega non corrisponde al vero. Qui a Milano adottiamo le più avanzate sperimentazioni del mondo e nel mio istituto, all’Ieo, curiamo tantissimi pazienti meridionali con la stessa intensità e attenzione riservata ai residenti. Anzi, dico di più, anche gli operatori sono del Sud e l’80% dei miei collaboratori proviene dalla Calabria, da Salerno, da Napoli. Chiunque venga da queste città riceve esattamente gli stessi trattamenti sperimentali“.

Negli ultimi anni però il Pascale di Napoli è diventato un ospedale di rilievo internazionale infatti secondo Paolo Ascierto, uno dei massimi esperti al mondo di immunoterapia e ricercatore proprio del Pascale: “La Campania non è seconda a nessuno, da qualche anno su alcuni fronti siamo unici in Italia soprattutto nell’immunoterapia. Utilizziamo farmaci immunologici per i tumori del polmone, del testa-collo, del rene e dello stomaco. In questo momento al Pascale abbiamo studi clinici tra i più avanzati a livello internazionale“. A concordare con Iavarone invece è Michele De Laurentis, primario della Oncologia medica del Pascale: “Spesso le chemio utilizzate al Nord per i nostri pazienti sono quelle minimali, in Campania invece su alcuni tumori tipizzati geneticamente applichiamo protocolli avanzatissimi anche rispetto all’Ieo. Semmai noi ci presentiamo malissimo“.

In merito a questa vicenda Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale dei Verdi, in qualità di Commissario alla sanità ha presentato un’interrogazione consiliare per chiedere al Presidente della Regione spiegazioni al ministro della salute Lorenzin:

“Quel che ha denunciato il professor Antonio Iavarone e che altri oncologi hanno confermato è gravissimo e, qualora fosse confermato, dovrebbe portare a punizioni severissime, compresa la radiazione dall’ordine dei medici per coloro che hanno deliberatamente avviato cure di serie B per i pazienti campani. Questa vicenda, però, deve anche essere un ulteriore sprono a lavorare per migliorare ulteriormente la sanità campana che può già contare su un’eccellenza quale il Pascale” ha aggiunto Borrelli per il quale “la sfida ora è di migliorare l’offerta di cure nella nostra regione per i pazienti oncologici per ridurre sempre più i viaggi della speranza verso altre regioni, in modo da ottenere anche una sensibile diminuzione delle spese che, al momento, il sistema sanitario campano deve sostenere per pagare le cure che i campani ricevono negli ospedali del Nord”.

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Un team di scienziati italiani scopre la “droga del tumore”

La nuova scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori della Columbia University di New York guidati da Antonio Iavarone ed Anna Lasorella

Gene Fusion Shifts Cell Activity into High Gear, Causing Some Cancer

Study suggests new approach to treating cancers with this gene fusion

Posted in: Brain Cancer, Cancer /

The fusion of two adjacent genes can cause cancer by kicking mitochondria into overdrive and increasing the amount of fuel available for rampant cell growth, researchers at Columbia University Medical Center (CUMC) have discovered. They also found that drugs that target this newly identified cancer pathway can prevent tumor growth, both in human cancer cells and mice with a form of brain cancer.

The study was published online today in the journal Nature.

In a 2012 study published in Science, the CUMC team found that some cases of glioblastoma, the most common and aggressive form of primary brain cancer, are caused by the fusion of two genes, FGFR3 and TACC3. At the time, it was thought that this gene fusion was limited to a fraction of brain tumors, affecting about 300 patients in the U.S. per year.

Since then, however, other researchers have observed the same gene fusion in a percentage of lung, esophageal, breast, head and neck, cervical, and bladder cancers, affecting tens of thousands of cancer patients overall. “It’s probably the single most common gene fusion in human cancer,” said study co-leader Antonio Iavarone, MD, professor of neurology and of pathology and cell biology (in the Institute for Cancer Genetics) at CUMC. “We wanted to determine how FGFR3-TACC3 fusion induces and maintains cancer so that we could identify novel targets for drug therapy.”

Changes in mitochondria—the ‘powerhouse’ of the cell—have been observed in cancer for a long time, but researchers have found only recently that mitochondrial activity and cellular metabolism are linked to certain cancers. However, the mechanism by which genetic mutations alter mitochondrial activity and promote tumor growth was unknown.

In the current study, the CUMC researchers compared the activity of thousands of genes in cancer cells with and without FGFR3-TACC3. They discovered that the fusion greatly increases the number and accelerates the activity of mitochondria. Cancer cells, which require huge amounts of energy to rapidly divide and grow, can thrive when mitochondrial activity has been amped up.

Using a variety of experimental techniques, the researchers determined that the gene fusion initiates a cascade of events that increases mitochondrial activity. First, FGFR3-TACC3 activates a protein called PIN4. Once activated, PIN4 travels to peroxisomes, cellular structures that break down fats into substances that fuel mitochondrial activity. Activated PIN4 triggers a four-to-five-fold increase in the production of peroxisomes, which release a flood of oxidants. Finally, these oxidants induce PGC1alpha, a key regulator of mitochondrial metabolism, to increase mitochondrial activity and energy production.

“Our study offers the first clues as to how cancer genes activate mitochondrial metabolism, a crucial and longstanding question in cancer research, and provides the first direct evidence that peroxisomes are involved in cancer,” said study co-leader Anna Lasorella, MD, professor of cell biology (in the Institute for Cancer Genetics) and of pediatrics at CUMC. “This gives us new insights into how we may be able to disrupt cancer’s fuel supply.”

In another experiment, treating human brain cancer cells containing FGFR3-TACC3 with mitochondrial inhibitors interrupted the production of energy inside cancer cells and significantly slowed tumor growth. The same effect was seen in a mouse model of human brain cancer containing this gene fusion.

Dr. Iavarone suspects that a dual-treatment approach may be needed for patients with FGFR3-TACC3 tumors. In their previous study, the researchers found that drugs that inhibit FGFR3 kinase, an enzyme that helps the protein produced by this fusion gene do its work, increased survival when tested in mice with glioblastoma.

These drugs are now being tested in patients with recurrent glioblastoma that contains the gene fusion by one of the paper’s co-authors, Marc Sanson, MD, of Pitié Salpêtrière Hospital in Paris. “Drugs that inhibit active kinases have been tried with encouraging results in some cancers,” said Dr. Iavarone. “But invariably, they become resistant to the drugs, and the tumors come back. However, it may be possible to prevent resistance and tumor recurrence by targeting both mitochondrial metabolism and FGFR3-TACC3 directly.”

Based on the findings in this study, the team is now considering the possibility of adding mitochondrial inhibitors into the therapeutic mix for patients in this trial.

The CUMC team is currently testing this dual approach in human cancer cells and animals models.

Gene Fusion Shifts Cell Activity into High Gear, Causing Some Cancer


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