1964
Per voce femminile e nastro magnetico
Testo (trovato sull’Archivio Luigi Nono) del poeta e drammaturgo Giuliano Scabia, salvo il finale costituito da frammento estratto da “Due poesie a T” di Cesare Pavese.
Composta nel 1964 per il concerto inaugurale del premio Italia non fu in quell’occasione eseguita, perché censurata dalla direzione della RAI a causa dei testi fortemente politicizzati e ritenuti offensivi nei confronti del Governo.
Prima esecuzione pubblica alla Biennale di Venezia del 1964 (Carla Henius, mezzosoprano e Coro della RAI di Milano diretto da Giulio Bertola, con lo stesso Nono alla regia del suono) e dedicata agli operai della Italsider di Genova, nei cui stabilimenti il maestro si recò di persona per registrarne i rumori sulla base dei quali scrisse la partitura.
“[…] Allorché la Rai mi chiese una nuova composizione per il concerto inaugurale del Premio Italia 1964, stavo da tempo raccogliendo idee e materiali e studi per Un diario italiano, mio secondo lavoro — dopo Intolleranza 1960 — per teatro musicale. E in quel tempo studiavo attentamente la Inchiesta sulla fiat di Giovanni Carocci, pubblicata dalla rivista ‘Nuovi argomenti’, da cui pensavo trarre materiale per il testo: ambiente e problemi della lotta operaia mi premevano. poiché il concerto doveva aver luogo in Genova, chiesi allora di poter andare all’Italsider di Cornigliano, per registrare dal vivo nella fabbrica stessa: quest’esperienza, pur rapida, avrebbe costituito per me la provocazione decisiva appunto per La fabbrica illuminata, che ancora pensavo come uno studio-frammento per Un diario italiano. ma una volta nella realtà tumultuosa e incandescente di Cornigliano, ne fui sconvolto non tanto per la spettacolarità acustica e visiva apparentemente fantasiosa del laminatoio a caldo e di quello a freddo, o per la implacabile ritualità negli altiforni per la colata, ma proprio, non restandone affascinato astrattamente, per la violenza invece con cui in quei luoghi mi si manifestava la presenza reale operaia nella sua complessa condizione. e l’idea e il testo per La fabbrica illuminata si precisarono di conseguenza. Alla Cornigliano si registrò materiale acustico nel laminatoio a caldo e a freddo e negli altiforni; inoltre anche voci di operai. nello Studio di Fonologia della Rai di Milano lavorai per due mesi insieme a M[arino] Zuccheri, tecnico collaboratore e virtuoso unico tra i vari Studi elettronici esistenti: un periodo di lavoro veramente entusiasmante, spesso dalla mattina alla mezzanotte, in continue ricerche, alle volte deludenti, altre esaltanti, in discussioni tecnico-acustiche derivanti dalle differenti qualità dei materiali a disposizione e per la loro diversa elaborazione necessaria, e alle volte anche e naturalmente in dispute. oltre al materiale registrato a Cornigliano, usai anche materiale originale elettronico appositamente preparato nello Studio di Milano, e molteplici interpretazioni, registrate cantate-mormorate-gridate-dette ecc., del testo sia da parte del coro della Rai Milano diretto da Giulio Bertola che dalla mezzosoprano Carla Henius. la composizione del materiale di Cornigliano con quello elettronico originale m’è derivata per superare l’impronta naturalistica del primo e quella freddamente meccanica del secondo con varie elaborazioni, anche insieme al coro, possibili con gli apparecchi elettronici. ma soprattutto mi entusiasma la grande ricchezza di elaborazione e di composizione che lo Studio elettronico offre alla voce umana, a questo meraviglioso strumento, sempre il più nuovo, naturalmente non limitato al canto, ma usato finalmente nelle varie sue graduazioni espressive. l’esperienza de La fabbrica illuminata a tal riguardo mi è fondamentale, e mi provoca e mi libera a nuovi sviluppi. la composizione di questo mio lavoro è per nastro magnetico a quattro piste e voce solista dal vivo. l’esecuzione ideale è unicamente in uno spazio, con quattro gruppi di altoparlanti — corrispondenti alle quattro piste — disposti in modo da creare quattro fonti sonore distinte e non simmetriche, e la solista dal vivo: essa si sovrappone, come all’inizio, al coro, oppure, come nella parte centrale, a se stessa registrata sul nastro in modo da moltiplicarsi in diverse espressioni simultanee. v’è una qualità acustica formale e semantica che giustifica le due dimensioni della voce solista: quella dal vivo e quella sul nastro. va detto che la radiotrasmissione limita di molto non solo la realtà acustica ma anche quella formale: infatti annulla le 5 fonti sonore distinte (4 gruppi di altoparlanti, più la solista), comprimendole in un’unica fonte. il testo de La fabbrica illuminata è del giovane poeta veneziano Giuliano Scabia, con quattro versi di Cesare Pavese, per il finale. la prima parte “esposizione operaia” è corale, con sovrapposizione della solista: mentre il coro, registrato su nastro, usa un testo ricavato da contratti sindacali e riguardante varie esposizioni cui l’operaio è sottoposto (a ustioni – a esalazioni nocive – a elevatissime temperature, ecc.), la solista, dal vivo, interpola quattro frasi, altrimenti manifestanti la condizione operaia, ricavate dalla voce stessa di operai (“fabbrica di morti la chiamavano”), o riflettenti un principio di sfruttamento (“su otto ore solo due ne intasca l’operaio”). la seconda parte del testo è quasi interamente affidata alla solista dal vivo e registrata multiformemente, con interventi corali verso la fine. v’è una sovrapposizione tra la condizione del lavoro e varie ossessioni oniriche derivanti, e inoltre alcuni momenti drammatici di vita (“la folla cresce” – “parla del morto” – “la cabina detta tomba” – “fabbrica come lager” – “uccisi”). il finale è di Pavese: il nastro tace, solo la voce dal vivo afferma con sicurezza: “passeranno queste mattine passeranno queste angosce non sarà così sempre ritroverai qualcosa”.
La fabbrica illuminata è dedicata agli operai della Italsider-Cornigliano.”
(dall’Archivio Luigi Nono)
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=39521