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La vita a ostacoli dei disabili gravi: “Dallo Stato solo un’elemosina”

13 ottobre 2017

Sono quattro milioni e per la loro assistenza ricevono appena cinquecento euro al mese Dopo la denuncia di Bertocco, ecco il calvario delle persone non autosufficienti

di MARIA NOVELLA DE LUCA

ROMA. Un atto d’accusa che colpisce al cuore. Perché dice con chiarezza che essere disabili gravi in Italia vuol dire diventare “ultimi”. Privi di assistenza, privi di sostegni, privati soprattutto della sfida di essere autonomi. Lasciati soli con la propria propria malattia. A meno di non avere molti soldi e una famiglia (giovane) che possa prendersi cura di persone che dolorosamente dipendono in tutto e per tutto da chi li assiste. Alzarsi, vestirsi, lavarsi, essere imboccati, lavati, girati, medicati, giorno e notte, notte e giorno.

Il “testamento” pubblico di Loris Bertocco, paralizzato da quando aveva 19 anni per un incidente stradale, la sua scelta di andare a morire in Svizzera denunciando l’abbandono da parte delle istituzioni, è la fotografia impietosa della condizione di vita dei non autosufficienti in Italia. Tra tagli e giungle burocratiche, buone leggi disattese, la disabilità è sempre di più una questione di famiglia. Affidata nella latenza dello Stato a genitori e fratelli stremati che spesso possono contare unicamente sui 500euro mensili dell’assegno di accompagno.

“Ossia una goccia nel mare, per assistere un uomo nelle condizioni di Loris Bertocco ci sarebbero volute almeno tre persone… “, denuncia Pietro Barbieri, oggi coordinatore scientifico dell’Osservatorio sulla disabilità del ministero del Lavoro. “La sua storia mi tocca nel profondo – aggiunge Barbieri – perché anche io sono tetraplegico, dunque so cosa vuol dire questo tipo di vita, accettabile soltanto se si hanno gli aiuti necessari a garantire la nostra dignità di esseri umani “. Ossia tutto quello che negli ultimi anni Bertocco, ormai senza soldi e affidato “soltanto” alle cure dello Stato non aveva più. Ecco allora dalla A di assistenza, alla S di scuola, la vita ad ostacoli dei disabili gravi nel nostro paese.

· L’ASSISTENZA NEGATA
Le voci sono fondamentalmente due: assegno di accompagno e pensione di invalidità. Poco più di 500 euro il primo, 279 euro la seconda. L’assegno viene erogato sulla base della patologia, a prescindere dal reddito, ma la condizione è che la persona disabile non viene assistita in una struttura pubblica. La pensione invece è destinata a chi ha un reddito al di sotto dei ventimila euro. Insomma quasi nulla. A cui si devono sommare alcuni aiuti erogati dai Comuni, che riescono però a coprire un numero esiguo di casi. “La verità – dice Barbieri – è che negli ultimi anni le politiche di welfare si sono occupate quasi unicamente della povertà, dimenticando la disabilità. Il risultato è il fenomeno tutto italiano del “badantato”. Ma sapete quanto costa assistere una persona come Bertocco o come me? Tremila euro al mese… “.

Il “testamento” di Loris Bertocco

· I PARENTI ABBANDONATI
Ossia Caregiver. Nome inglese che vuol dire colui o colei (nel 90% dei casi la declinazione è femminile) che si prende cura. È il centro del dramma italiano. Spiega Pietro Barbieri: “Nell’assenza dello Stato l’intero peso dell’assistenza è sulle spalle delle famiglie. Peso che diventa insostenibile quando i genitori invecchiano o si ammalano. Basta leggere quello che scrive nella sua lettera Loris Bertocco, raccontando l’abnegazione della madre che però ad un certo punto non riusciva più ad alzarlo. Per questo le associazioni hanno chiesto, con forza, una legge che tutelasse queste figure che nell’ombra si dedicano anima e corpo a chi non può farcela da solo, spesso abbandonando il loro lavoro. Ma dopo anni oggi è in discussione al Senato una legge che le associazioni bocciano senza appello. “Il testo prodotto non riconosce alcuna tutela, ad esempio i contributi figurativi, né alcun ruolo decisionale ai caregiver “. Quindi i pochi aiuti restano quelli della legge 104, ad esempio i permessi lavorativi destinati a chi si prende cura di un familiare malato.

Non sia invana di CONCITA DE GREGORIO

· RISORSE COL CONTAGOCCE
I conti sono impietosi. Per gli assegni di accompagno lo Stato spende ogni anno circa 13 miliardi euro. Altri 6 miliardi vengono stanziati da regioni e comuni. Racconta Barbieri: “Se dividiamo questa cifra per il numero dei disabili gravi, vediamo che per l’assistenza le famiglie ricevono non più di 700 euro al mese. Ma sapete quanto costa una badante? Novecento euro di stipendio base, più tutti gli straordinari. Per un disabile come me, o come Bertocco, con la necessità di essere assistito giorno e notte ci vogliono minimo due persone, più spesso tre”. Come fanno le famiglie? Ci sono madri, padri e fratelli che si dedicano senza respiro al familiare disabile. Con il risultato che spesso, però, è tutta la famiglia che si ammala…

· IL SOGNO DELL’AUTONOMIA
L’alternativa a tutto questo è il ricovero in un istituto. “Ma anche il ricovero ha costi alti e in alcune regioni i posti sono limitatissimi. E poi vuol dire abdicare all’autonomia che è invece la sfida di noi non autosufficienti. Muoverci, vivere, avere delle relazioni, lavorare. Perché ospedalizzarci? La Convenzione Onu sulla disabilità dice che l’autonomia è un diritto. Ma senza un’assistenza domiciliare adeguata un disabile diventa un prigioniero in casa”.

· CHE FATICA A SCUOLA
Sulla carta avremmo una delle leggi “di inclusione” migliori del mondo. La legge 517 del 1977 che compie quest’anno mezzo secolo e ha sancito la fine delle classi “differenziali”. I bambini disabili che vanno a scuola sono oggi oltre 200mila. “Grazie a quella legge abbiamo il record di studenti disabili gravi iscritti all’università”, dice Barbieri. Ma anche qui l’eccellenza italiana rischia di sgretolarsi. “Nonostante la crescita smisurata del numero di insegnanti di sostegno passati da 30mila a 130mila, spesso i bambini in classe vengono lasciati a se stessi. Nel senso che gli insegnanti vengono utilizzati per altri compiti, il loro ruolo è stato snaturato, ma soprattutto mancano figure come gli assistenti educativi e materiali.

Insomma a meno che non ci siano dei bidelli disponibili, non c’è una figura che porti, ad esempio, il bambino disabile al bagno “. E il paradosso è che spesso sono le mamme a dover entrare a scuola per aiutare i loro bambini “speciali” nelle esigenze primarie

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/10/13/news/la_vita_a_ostacoli_dei_disabili_gravi_dallo_stato_solo_un_elemosina_-178115945/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1

preso Grillo come esempio che tutti a questo livello sono

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