La fine del mondo e il paese delle meraviglie
In una piccola e spettrale città chiusa dentro mura che la separano dal resto del mondo, vivono abitanti privi dell’ombra e dei sentimenti, tranquilli al riparo di ogni emozione. Tra di loro, un nuovo arrivato ha il compito di leggere “i vecchi sogni” nel teschio degli unicorni, unici animali del luogo, cogliendo frammenti di memorie e di un’altra vita, di un’altra possibile dimensione. In parallelo, in un’asettica disumana e futuribile Tokio, un uomo sarà coinvolto da uno scienziato tanto geniale quanto sconsiderato in un esperimento a rischio della vita che lo porterà a calarsi nei sottosuoli della città, in lugubri voragini animate da creature mostruose e maligne, metaforespettri delle paure che agitano la coscienza di tutti. Ed è proprio lì, nel buio fondo della mente, che si troverà la chiave dell’enigma, la soluzione del mistero che lega i personaggi dei due mondi, che sono in realtà l’uno il riflesso dell’altro. Sarà possibile lo scambio tra le due dimensioni, il passaggio in entrambi i sensi, o il viaggio sarà senza ritorno?
Ritrovare il cuore nel paese dell’utopia.
Scritto da lucio
Ho letto da qualche parte, ma non ricordo esattamente dove, che Murakami viene considerato uno scrittore di fantascienza. Ora, se pensate di trovare nei libri di Murakami battaglie galattiche, alieni xenomorfi o inquietanti pianeti da esplorare, lasciate perdere; se invece pensate che il nostro mondo e la nostra coscienza nascondano nelle proprie pieghe microuniversi che nelle normali condizioni di vita ignoriamo e che la letteratura può portare alla luce, allora Murakami fa per voi, ma non sarà facile calarsi come si deve nei mondi dello scrittore giapponese.
Prendiamo La fine del mondo e il paese delle meraviglie, ad esempio: dopo i primi due capitoli restiamo interdetti, a dir poco. La mano di Murakami ci costringe schizofrenicamente a saltare, a capitoli alterni, da una Tokyo che nasconde nel proprio sottosuolo esseri immondi e pericolosissimi (Il paese delle meraviglie) ad un’altra città, anonima, circondata da un muro invalicabile i cui abitanti perdono la propria ombra e, successivamente, il cuore (La fine del mondo). Nel primo universo, il protagonista, un Cibermatico, fa la conoscenza di uno scienziato e della nipote che vivono in un appartamento da cui si accede ad un altro vero e proprio mondo oscuro e labirintico abitato dagli Invisibili, creature che non si vedono mai (già, sono invisibili…) ma puzzolenti, terribili e capaci di innominabili efferatezze (almeno, così dicono nonno e nipote). Assunto dai due, il Cibermatico (un decrittatore vivente il cui cervello è stato sdoppiato in modo che i dati da modificare vengono depositati in una parte inconscia della coscienza e, quindi, restano ignoti persino a lui stesso) dovrà fare i conti con i Semantici, agenti del Sistema (una misteriosa e potentissima agenzia di protezione informatica) che vogliono sottrarre dal suo cervello i dati nascosti dal vecchio scienziato. Già fin qui c’è da essere perplessi; ma non è finita, perché nell’altro universo, ancora più pazzesco del primo, il narratore in prima persona fa di mestiere il “lettore di sogni”, cioè dei residui di coscienza degli abitanti della città che hanno perso definitivamente il cuore (dunque, la sfera dell’irrazionale e dell’emotivo): questi residui sono contenuti nei teschi di esseri simili agli unicorni che assorbono le energie psichiche degli uomini.
C’è un rapporto tra i due mondi? Chi è il lettore di sogni? E’ solo un caso che ci siano due bibliotecarie, una in ciascuno dei due mondi? Come mai il vecchio scienziato dona al Cibermatico un teschio che ricorda un unicorno? Cosa succederà al Cibermatico allo scadere delle ventiquattro ore al termine delle quali, così gli predice lo scienziato, egli “morirà”? Riuscirà il lettore di sogni a recuperare un po’ del sentimento della bibliotecaria di cui è innamorato per potere essere ricambiato?
Il lettore attento (e se non sei attento NON puoi leggere Murakami) ad un certo punto del guazzabuglio comincia a capire due cose: la prima è che la fine del mondo sta tutta dentro la parte nascosta del cervello del Cibermatico; la seconda è che la città dei senza cuore è il paese di Utopia. E allora tutto comincia ad avere un senso. Perché nel paese di utopia tutto è perfetto, tutte le possibilità sono date, nessuno litiga, tutti sono soddisfatti e vivono in pace ma tutti sono senza cuore, non c’è gioia né felicità vera. E’ il destino di ogni paradiso che si voglia costruire in terra, il limite del mondo perfetto sta nel suo essere tutto – e solamente – nella nostra testa. La realtà vera, pur surreale, è un’altra cosa.
Ciò che resta è l’alternativa tra la fuga dal mondo utopico, illusorio e senza storia, e l’umano senso di responsabilità verso chi rimane: a decidere potrebbe essere, ancora una volta, quella cosa che chiamiamo amore.
http://www.lafeltrinelli.it/libri/haruki-murakami/fine-mondo-e-paese-meraviglie/9788806191559
L’ uccello che girava le viti del mondo
“”Vorrei dieci minuti del tuo tempo”, disse senza preamboli una voce di donna, lo sono piuttosto bravo a riconoscere le persone dalla voce, quella li però non l’avevo mai sentita”. In un sobborgo di Tokyo il giovane Okada Toru ha appena lasciato volontariamente il suo lavoro e si dedica alle faccende di casa. Due episodi apparentemente insignificanti riescono tuttavia a rovesciare la sua vita tranquilla: la scomparsa del suo gatto e la telefonata anonima di una donna dalla voce sensuale. Toru si accorgerà presto che oltre al gatto, a cui la moglie Kumiko è molto affezionata, dovrà cercare Kumiko stessa. Lo spazio limitato del suo quotidiano diventerà il teatro di una ricerca in cui sogni, ricordi e realtà si confondono e che lo porterà a incontrare personaggi sempre più strani: dalla prostituta psicotica alla sedicenne morbosa, dal politico diabolico al vecchio e misterioso veterano di guerra. A poco a poco Toru dovrà risolvere i conflitti della sua vita passata di cui nemmeno sospettava l’esistenza. Un romanzo che illumina quelle zone d’ombra in cui ognuno nasconde segreti e fragilità.
Recensione: L’uccello che girava le viti del mondo, di Haruki Murakami
L’uccello che girava le viti del mondo
L’uccello che girava le viti del mondo (1999, Baldini & Castaldi, traduzione di Giorgio Amitrano) è una delle più famose opere di Haruki Murakami, scrittore giapponese di fama mondiale e considerato uno degli autori migliori tra i suoi contemporanei.
Personaggio principale di questo romanzo è Okada Toru che, seppur disoccupato, conduce a Tokyo una vita tranquilla insieme alla moglie Kumiko. Ad un certo punto cominciano però ad accadere cose particolari: prima di tutto la telefonata di una donna sconosciuta, e poi l’incontro con May e quello con Kano Malta, fino alla scoperta del pozzo nella “casa degli impiccati”. Sono eventi che portano Okada ad interrogarsi sulla propria vita e a farlo calandosi spesso nel pozzo, simbolo della solitudine e del contatto col buio/inconscio.
Tutto quello che succede non è casuale, ma è segnato dalla mano del destino, come l’incontro con Nutmeg e Cinnamon e il loro rapporto col protagonista attraverso una voglia blu e l’uccello-giraviti. L’uccello-giraviti del titolo gira semplicemente le viti del mondo, che ogni giorno torna a funzionare.
Il punto del libro sta qui: trovare un senso perché tutto funzioni.
È un libro intenso, con dei personaggi indimenticabili e un ampio uso delle metafore e del surrealismo, che Murakami utilizza per sottolineare la difficoltà di distinguere ciò che reale da ciò che non lo è.
Come afferma lo stesso Murakami: “bisogna usare l’immaginazione per rompere le catene”, per cercare di recuperare ciò che si è perduto nell’incoscienza del sonno e raggiungere la realtà che era celata ai nostri occhi fino a quel momento.
L’uccello che girava le viti del mondo è uno dei libri più impegnativi, ma anche suggestivi, di Murakami. Non ha la scorrevolezza narrativa di altri suoi romanzi, ma piuttosto fluisce lento, nel tentativo di compiere una riflessione non banale sulla vita. Ci sono l’imprevedibilità del destino e la scelta consapevole, a dimostrazione che la vita è un insieme delle due cose, ma che ciò che scegliamo non è mai casuale.
http://www.meloleggo.it/recensione-luccello-che-girava-le-viti-del-mondo-di-haruki-murakami_791/