Novanta anni fa esecuzione dei militanti IWW , emigrati Sacco e Vanzetti : lettere

La notte del 23 agosto 1927, Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due anarchici  militanti del IWW ,  emigrati negli Stati Uniti nel 1908, furono giustiziati sulla sedia elettrica. Sacco e Vanzetti erano militanti del IWW L’immagine di questi due militanti sindacali  e politici è resa in senso troppo edulcorata da film e canzoni, per me sarebbe da dire, invece,  che proprio due persone  così sensibili e dalle virtù morali notevoli facevano parte di un movimento sindacale e politico agguerrito ed INSURREZIONALISTA, in cui militavano anarchici e comunisti immigrati per lo più. che praticavano la giusta violenza proletaria.  Due figure emblematiche in cui troviamo le stesse distorsioni accomodanti che vanno ancora e sempre  per la maggiore. Erano due compagni in lotta e puniti per le loro lotte, renitenti anche alla leva per la  guerra, profughi per questo in Messico. Sacco e Vanzetti erano militanti dell’ IWW vittoria L’avamposto degli Incompatibili http://www.controappuntoblog.org/2012/08/22/sacco-e-vanzetti-erano-militanti-dell-iww/

Bartolomeo Vanzetti: : vite proletarie

NON PIANGETE LA MIA MORTE (LETTERE AI FAMILIARI) Ritenni il diritto della libertà di coscienza inalienabile, come quello della vita. Cercai con tutte le mie forze di convergere lo scibile umano a benefizio di tutti. So per esperienza che diritti e privilegi si acquistarono e si mantennero colla forza, e che cosí sarà finché l’umanità non avrà migliorato se stessa. Nella vera futura storia umana, abolite le classi e i privilegi, gli antagonismi d’interesse tra uomo e uomo, il progresso e i mutamenti saranno determinati solo dall’intelligenza e dalla comune generale convenienza. Se noi e la generazione che portano in grembo le nostre donne non arriveremo a questo risultato, non avremo ottenuto nulla di reale, e l’umanità continuerà ad essere ognora piú misera ed infelice. Riconosciuta la necessità della forza a invocare al servizio del bene, contro il regno del male, sono e sarò sino al supremo istante (se non m’accorgerò di essere in errore) comunista anarchico perché credo che il comunismo sia la piú umana forma di contratto sociale, perché so che solo con la libertà l’uomo si eleva, si nobilita e si completa.

     Lettere ai familiari

Cuneo, 26 giugno 1901 Caro padre, con questa mia, ti domando scusa di una mia negligenza. Ieri fu un giorno lieto e di propizia occasione per esprimerti l’affezione ardente che nutro per te. Fu il tuo onomastico! Io dimenticai di mandarti un piccolo regalo e perciò pensai di mandartelo oggi. Il mio cuore immerso nel piacere, nell’amore e in quelle speranze che formano i vincoli dell’avvenire, la guida del mio futuro, non è capace di esprimerti l’amore e l’affezione che ti porto per quanto tu meriti. Una vita proletaria La mia vita non può assurgere a valore di esempio, comunque considerata. Anonima nella folla anonima, essa trae luce dal pensiero, dall’ideale che sospinge l’umanità verso migliori destini. E questo ideale io riassumo come balena nel mio pensiero. Nacqui l’11 giugno 1888 da Giovan Battista Vanzetti, e da Giovanna Nivello, in Villafalletto, provincia di Cuneo, Piemonte. Questo comune che sorge sulla sponda destra della Maira, ai piedi di una bellissima catena di colline, è eminentemente agricolo. Qui vissi fino all’età di tredici anni, in seno alla famiglia. Frequentai le scuole locali; amavo lo studio e ottenni il primo premio all’esame di proscioglimento, il secondo nel catechismo. Mio padre era indeciso se farmi studiare o darmi un mestiere. Un giorno lesse su La gazzetta del popolo che a Torino quarantadue avvocati avevano concorso per un impiego da 45 lire al mese. Si decise. L’anno 1901 mi portò presso il signor Comino esercente una pasticceria nella città di Cuneo.

     Qui lavorai una ventina di mesi; si lavorava dalle sette antimeridiane alle dieci pomeridiane ed avevo tre ore di libera uscita ogni quindici giorni. Da Cuneo mi recai a Cavour presso il signor Goitre, dal quale lavorai tre anni. Le condizioni di lavoro non differivano che nell’avere cinque ore, invece di tre, di libera uscita. Il mestiere non mi piaceva, ma tiravo avanti per far piacere a mio padre e perché non avrei saputo quale altro mestiere scegliere. Nel 1905 da Cavour mi recai a Torino allo scopo di trovar lavoro. Non trovando occupazione in quella città, mi recai a Cuorgnè ove lavorai sei mesi. Da Cuorgnè tornai a Torino occupandomi in qualità di caramellista.

http://www.controappuntoblog.org/2012/08/24/bartolomeo-vanzetti-vite-proletarie/ Questa è l’ultima lettera che Nicola Sacco scrisse al figlio Dante nei giorni precedenti l’esecuzione. Il figlio la potrà ricevere solo molto tempo dopo. Mio carissimo figlio e compagno, … Sin dal giorno che ti vidi per l’ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire ! …. Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario. Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata -a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena!… Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto. figli miei!… Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quel giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D’altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perchè io ti amo tanto, tanto… I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno. Nicola Sacco http://www.gruppolaico.it/2016/08/23/lultima-lettera-di-nicola-sacco-al-figlio/

Sacco e Vanzetti erano militanti dell’ IWW – controappunto blog

Questa voce è stata pubblicata in memoria e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.